La Russia torna a multare Yelena Klimova per il suo supporto agli adolescenti lgbt
Yelena Klimova è la fondatrice di Children-404, una fra le pochissime comunità online russe che offrono assistenza ed aiuto ai ragazzi lgbt del Paese. In quelle pagine i ragazzi possono raccontare e scambiarsi le loro esperienze o anche solo condividere gli episodi di discriminazione di cui sono stati vittime. Per molti di loro quella comunità è l'unica occasione di confronto dato che le loro famiglie e i loro amici non li accetterebbero mai come omosessuali. Un tribunale l'ha ora multata per 50.000 rubli sostenendo che il suo gruppo faccia «propaganda lgbt sui minori».
La Klimova era già stata multata all'inizio dell'anno e l'attuale sentenza non ha fatto altro che confermare quella condanna. La donna ha già annunciato che ricorrerà ad un terzo grado di giudizio.
«La legge contro la propaganda gay ha legittimato la violenza contro le persone lgbt e ora stanno la stanno utilizzando per vietare qualsiasi azione», ha dichiarato al Guardian. «La gente ha paura perché sta che la "propaganda gay" è vietata e anche le relazioni lgbt risultano essenzialmente proibite»
Infatti, nonostante i rapporti sessuali fra persone dello stesso sesso siano assolutamente legali in Russia, la legge omofoba voluta dal presidente Putin ha alimentato un tale clima d'odio per cui l'esistenza stessa dei gay risulta oggi difficile. Per gran parte della comunità lgbt la violenza gratuita e i soprusi da parte delle forze dell'ordine sono un'esperienza pressoché quotidiana.
Per raccontare la situazione, Klimova ha pubblicato una collezione di 216 immagini che mostrano vari utenti dei social network che le hanno lasciato dei commenti. Le immagini mostrano le immagini dei loro profili associato ai messaggi d'odio che le sono state rivolti. «Sei disgustosa e se solo potessi ti ucciderei sparandoti», scrive uno. Ed ancora: «Spero che vietino il vostro progetto. Nessuno ha bisogno di te, tranne quelli come te», «Certo che nessuno vuole i f**ci, ma questo è un vostro problema», «Va e ucciditi prima che sia io a farlo. Persone come te dovrebbero essere incarcerate»...
Ben diverso è il tenore dei messaggi lasciati dalla comunità lgbt e raccolti da Robin Hammond. Ad esempio una coppia lesbica racconta di essere stata aggredita per strada perché si teneva per mano. «Ho sentito dei passi veloci e ho sentito subito un forte colpo alla testa. Ci hanno attaccato da dietro, senza dire nulla. Tutto è accaduto così in fretta che non ho avuto nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo. Ho pensato che volessero prendere la mia borsa [...] Ero molto spaventata, mi sono girata e ho visto il nostro aggressore. Mi ha gridato: "Fottuta lesbica". Ho cercato di spingerlo via, ma poi mi ha colpito di nuovo. Spaventata ho urlato: "Sei pazzo?! Siamo sorelle". Ha colpito D. in faccia, urlando: "Vi ho visto! Promuovere gli lgbt" [...] Ci siamo sentite assolutamente impotenti. Per tutto questo tempo un suo amico ha filmato con il telefono quello che stava accadendo, probabilmente per mostrarlo agli amici. Alla fine l'aggressoree ci ha detto che ci avrebbe ucciso se ci avesse visto di nuovo».
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