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Secondo La Croce, probire le terapie riparative è «irrispettoso dell'antropologia umana»

Dopo aver sostenuto che non ci siano motivi validi per ritenere che l'omosessualità non sia una patologia, La Croce di Adinolfi si è ora lanciata nel garantire l'efficacia delle fantomatiche e pericolose "terapie riparative". A firmare l'articolo troviamo Marianna Orlandi di ProVita (nella foto), una ricercatrice di diritto penale presso l'Università di Padova (quindi non propriamente indicata a fornire pareri medici) che recentemente è anche apparsa in una trasmissione televisiva veneta al fianco di Luca di Tolve.
Si inizia col parlare di «quello scempio giuridico e abuso di potere giudiziario che è stata l’equiparazione di matrimonio e unione omosessuale» per giungere ad accanirsi contro la sentenza emessa dalla Superior Court di Hudson County, nel New Jersey, in merito alla causa Ferguson ed altri contro il gruppo Jonah in quello che lei definisce un «giovedì nero per il rispetto dell’antropologia umana e per la tutela (reale) delle libertà individuali».

Per chi non lo sapesse, il gruppo in questione è stato condannato per frode in merito alla vendita di fantomatiche "terapie riparative" dell'omosessualità. Ma agli occhi della Orlandi, si trattava di «una associazione ebrea che si proponeva di offrire i propri servizi, soprattutto psicologici, a soggetti con unwanted same-sex attraction: persone, ebree e non, con tendenze omosessuali a loro stessi non gradite». In altre parole, a loro si rivolgevano persone in difficoltà nell'accettare il proprio orientamento sessuale e a questi veniva promessa la possibilità di poter "diventare" etero (si paventava la possibilità di successo nell'80% dei casi). Eppure, dinnanzi a teorie ampiamente screditate, la Orlandi lamenta che «chiunque in futuro volesse recuperare, o scoprire, la propria eterosessualità, per le più svariate ragioni, non potrebbe farlo».
Appare così evidente come l'assunto dell'intero articolo sia quello di spacciare per valide le screditatissime teorie di Nicolosi (il quale sosteneva che l'omosessualità derivasse da traumi e potesse essere "curata") già vietate in numerosi stati per la loro pericolosità ed infondatezza scientifica. Anzi, pare che volutamente si sorvoli sul ricordare come la comunità scientifica internazionale indichi come quelle pratiche possano portare solo all'insorgere di problemi di depressione e di propensione al suicidio.

L'articolo non manca di proporre una vera e propria beatificazione di Arthur Goldberg, fondatore del gruppo, presentato come una persona che «aveva lottato per i diritti civili degli afroamericani e per soluzioni abitative più dignitose per i poveri della grande mela». Si racconta anche che:

Suo figlio gli dichiarò, a un certo punto, di essere omosessuale; e lui voleva aiutarlo. Così conobbe Elaine Berke, altrettanto liberal e madre con la medesima esperienza. Decisero di fondare JONAH perché, all’epoca, nessuno offriva questo tipo di servizi se non in una prospettiva di fede ben delineata. I fondatori, invece, pur molto credenti, intendevano trattare le tendenze sessuali da un punto di vista scientifico, medico, psicologico e comportamentale. Nella religione ebraica l’omosessualità non è ammessa, ma essi ritenevano, alla pari dei cristiani, che la sessualità umana non abbisognasse di affidarsi al dogma o al concetto di peccato per svolgersi in maniera conforme al progetto di Dio. Essi intendevano offrire, e offrivano, i propri servizi a chiunque, ebreo o non ebreo, avesse desiderato riordinare la propria sessualità: a qualunque individuo che, liberamente e consapevolmente, avesse deciso di provare un nuovo cammino.

Insomma, praticamente un benefattore. Peccato che nella realtà le cose siano un po' diverse. Nel 1987 un tribunale californiano lo condannò a 18 mesi di reclusione e cinque anni di libertà vigilata per corruzione, associazione a delinquere e truffa. Si appurò come estorse circa 2 miliardi di dollari dalle comunità povere di Guam attraverso schemi obbligazionari fraudolenti che lo portarono ad incassare quasi 11 milioni di dollari. Dato che la sua società finanziaria venne definitivamente chiusa dalle autorità, nel 1989 fondò il gruppo Jonah per tornare in affari. La sua scalata nel settore lo portò a divenire il presidente del PATH (una società-ombrello che racchiude varie realtà locali legati alle "terapie riparative") e il segretario esecutivo del NARTH (l'associazione fondata nel 1992 da Joseph Nicolosi).

È inoltre pericoloso sostenere che un uomo che vuole "rendere" eterosessuale il figlio per farlo corrispondere ai propri desideri sia una persona che vuole «aiutarlo», perché implicitamente sembra suggerire ai lettori che quella sia una risposta giusta al coming out.
Inoltre sarebbe bene notare un piccolo dettaglio: i figli di Goldberg e di Berke (due amici che frequentavano lo stesso ateneo) hanno fatto coming out durante gli anni dell'università e sono tutt'ora gay.La giustificazione addotta da Goldberg è che «è stato troppo tardi per mio figlio, per questo motivo voglio aiutare i bambini ebrei di tutti il mondo a diventare eterosessuali».
Il fatto che si sostenesse la necessità di trattare i ragazzi in giovane età la dice lunga sui suoi intenti, così come appare eloquente è il suo invitare i genitori a trattare i ragazzi gay «nello stesso modo con cui bisognerebbe trattare un figlio che abusa di droga ed alcool».

Tornando all'articolo pubblicato da La Croce, si afferma che:

La giuria del New Jersey, però, consapevole o meno, ha d'ora in poi limitato grandemente una scelta che spetterebbe, in un paese civile, ad ogni essere umano. I giurati hanno deciso che non possiamo decidere della nostra sessualità: farlo significherebbe, inevitabilmente, trattare le tendenze omosessuali come un “disordine”, come una “malattia”. Sia chiaro: non è questo che sta scritto nel verdetto. Jonah, infatti, è stata condannata per frode. Questa, però, è l’intenzione dei potentissimi circuiti lgbt che hanno sostenuto l’accusa. E questo è, ovviamente, quanto riportano i titoli delle maggiori testate americane.

Anche qui ci sono svariate imprecisioni. Innanzitutto a parlare di «processo di guarigione» non sono i giornali ma lo stesso Goldberg nella sua autobiografia. Allo stesso modo il processo per frode è stato autorizzato lo scorso febbraio dopo che un'altra corte ha ravvisato quell'ipotesi di reato in merito al sostenere l'esistenza di cause esterne che possano determinare l'omosessualità e all'aver diffuso finte statistiche di successo. In altre parole, inventando cause non scientifiche e proponendo una soluzione attraverso la manipolazione e lo sfruttamento della buona fede di chi è depresso o disperato nel non riuscire a conformarsi per poter essere accettato da amici e familiari.

La Orlandi sostiene poi che «la possibilità di un cambiamento della loro tendenza omosessuale» sia stato confermato «anche dagli psicologici e dai medici dell’accusa in sede processuale». Data l'assenza di riferimenti appare difficile capire a cosa si riferisse, ma forse potrebbe trattarsi della dichiarazione rilasciata dal dottor Howard Zonana della Yale School of Medicine. L'uomo ha effettivamente ammesso di aver ascoltato la testimonianza di un paio di persone che sostenevano di essere "diventate" eterosessuali, ma ha anche aggiunto che «è difficile trovare confini netti, ma in questo campo non si può semplicemente puntare su un paio di persone che dicono di essere aver frequentato la terapia e di essere cambiati. Se si entra nel merito, è possibile trovare [un terapeuta] che ha fatto un follow-up dopo tre mesi e ha trovato una cosa, ma un follow-up dopo cinque anni può dimostrare altre conclusioni».

In conclusione, l'articolo non manca di inverire contro il Southern Poverty Law Center, ritenuto colpevole di aver contribuito a sostenere le spese legali dei querelanti (quattro ex-clienti della struttura che si sono sentiti raggirati dalle promesse). Si sostiene che «lo scopo era proprio quello di far chiudere per sempre i centri e le associazioni di consulenza per persone con tendenze omosessuali non volute» e che «la frode al consumatore, insomma, non è qui né più né meno dell’evasione fiscale contestata ad Al Capone».
L'articolo non manca neppure di affermare che le dichiarazioni rilasciate dalle vittime siano state «contraddittorie» e hanno rivelatp «la mala fede di chi le ha rilasciate». Ed ancora:

Con la scusa della tutela dei consumatori, gli attivisti LGBT hanno inferto un gravissimo colpo alla libertà di scelta di ogni abitante del New Jersey [...] Il colpo, inoltre, come quello inferto dalla sentenza sul same-sex marriage è anche diretto alla libertà religiosa dei singoli e, prima ancora, alla loro auto-determinazione. Pare, infatti, che nel nuovo paradigma dei diritti fondamentali ci si possa autodeterminare per la morte (propria o dei propri figli abortiti), ma non si possa scegliere con chi andare a letto. Quantomeno, non se la scelta è quella etero.

La Orlandi non spende però alcuna parola nel raccontare cosa avvenisse all'interno della struttura. Le "terapie" proposte erano basate sulle tesi di Joseph Nicolosi, uno dei principali fautori della terapia di conversione e di Richard A. Cohen, definitivamente espulso nel 2002 dalla American Counseling Association a causa di «molteplici violazioni etiche».
Ai "pazienti" veniva chiesto un approfondito studio della legge ebraica per arrivare a quelle che si sostenevano fossero le cause dell'attrazione sessuale verso persone del proprio sesso. Nella maggior parte dei casi la madre era indicata come la principale causa (motivo per cui si incoraggiava l'allontanamento dalla famiglia) ma altre volte si sosteneva fossero stati commessi anche abusi o atti di bullismo. Categoricamente si scartava la possibilità che l'omosessualità potesse essere naturale (così come chiaramente specificato persino nelle faq presenti sul loro sito). Le "terapie" potevano prevedere lo spogliarsi dinnanzi ad altri uomini, il prendere a pugni un cuscino che rappresentasse la madre o l'avventurarsi in virili passeggiate per i boschi.

Nonostante la Orlandi appaia certa della liceità di quelle pratiche e della loro efficacia (per non parlare di come sostenga che le testimonianze dei querelanti fossero contraddittorie e di come gli avvocati dell'accusa abbiano sostenuto le tesi della difesa), un intero sistema giudiziario e i nove giurati si sono espressi all'unanimità contro Goldberg. Ma ovviamente dovremmo credere che sia tutta colpa di fantomatiche «lobby gay» e non di persone talmente vili da essere disposte a fare carriera sulle spalle di persone disperate e bisognose di un vero aiuto.
Inoltre è difficile non notare l'ironia di come questo articolo porti la Orlandi a rivelarsi come la massima sostenitrice di quello che l'integralismo cattolico chiama «ideologia gender». È infatti lei a sostenere che una persona possa «scegliere» l'orientamento sessuale e ne rivendica pure il diritto (contrariamente al movimento lgbt che contrariamente chiede che si prenda atto e si rispetti ciò che la natura ha voluto).


Un'ultima riflessione riguarda la liceità dell'intero articolo. Secondi principi espressi nella Carta del Giornalista, un giornalista «non diffonde notizie sanitarie che non possano essere controllate con autorevoli fonti scientifiche». Eppure qui si è di fronte ad un articolo volto a sostenere che l'omosessualità possa avere cause traumatiche e sia reversibile, senza che sia citato alcuno studio autorevole che spieghi il perché di una simile posizione. Si contraddicono le tesi dell'Oms, si ignorano le tesi scientifiche di molteplici istituti e si suggeriscono pratiche vietate dall'Ordine degli Psicologi. Il tutto senza alcun contraddittorio o alcuna indicazione riguardo alla provata possibilità che simili approcci possano essere dannosi per i ragazzi.
Giuseppe Luigi Palma, presidente del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi, ha chiaramente specificato come «qualunque corrente psicoterapeutica mirata a condizionare i propri clienti verso l'eterosessualità o verso l'omosessualità è contraria alla deontologia professionale ed al rispetto dei diritti dei propri pazienti. Inoltre le cosiddette "terapie riparative", rivolte a clienti aventi un orientamento omosessuale, rischiano, violando il codice deontologico della professione, di forzare i propri pazienti nella direzione di "cambiare" o reprimere il proprio orientamento sessuale, invece di analizzare la complessità di fattori che lo determinano e favorire la piena accettazione di se stessi».
Ora, passi che Adinolfi non perda occasione per cercare di alimentare l'odio nei confronti della comunità lgbt, ma qui si è dinnanzi ad articoli che rischiano di mettere a repentaglio la salute di decine di giovani che hanno la sfortuna di nascere in famiglie bigotte. Siamo certi che tutto ciò sia lecito?


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