Ad Adinolfi il contraddittorio non basta più, ora pretende che la Rai tolga voce ai gay
Mario Adinolfi è uno di quei personaggi che forse non ha ben capito che cosa significhi essere cattolici. Gesù testimoniava il suo messaggio e invitava quanto volessero a seguirlo, Adinolfi sostiene che il suo pensiero debba essere imposto con la forza attraverso la legge. Ecco dunque che la religiosità non è più un qualcosa da vivere o da testimoniare, ma un qualcosa da imporre (così come fa anche l'Isis). Il tutto attraverso un metodo di giudizio piuttosto curioso, dato che la sua opinione è che si sia tanto più cristiani quanta più gente si renderà infelice e quanti più vite si spezzeranno.
Ma andiamo con ordine. Sappiamo che il vittimismo di Adinolfi lo porta a sostenere che nessuno lo faccia parlare e che lui non possa esprimere liberamente le sue idee, eppure il suo presenzialismo in casa Rai è addirittura imbarazzante. I soldi dei contribuenti continuano ad essere spesi per farlo intervenire ogni qualvolta si parli di matrimoni gay, nonostante non abbia alcuna competenza in materia se non il suo profondo odio verso le famiglie formate da persone dello stesso sesso (lo chiamassero almeno parlare di divorzi o di figli avuti di madre diverse, almeno potrebbe portare la sua esperienza...).
Ma ora tutto questo non gli basta più, Adinolfi ora esige che gli venga data pure ragione e che non si presentino realtà o storie a lui poco gradite. Ed è così che sulla sua pagina Facebook ha scritto un lungo intervento dal titolo "RaiUno, la rete che fu cattolica".
Premettendo che a dover decidere che cosa sia cattolico o meno sia solo il suo personale parere (lo stesso che a dovrebbe essere adottato anche per determinare chi sia meritevole di poter avere una famiglia), Adinolfi scrive:
Giornata tipo di Raiuno, si diceva. Prendiamo il 10 settembre 2015. Si comincia con uno dei programmi più amati dal pubblico, l'immarcescibile Unomattina. Pronti, partenza, via: indovinate qual è il primo argomento? Ma certo, "matrimonio" omosessuale, i due uomini che si sono sposati in Argentina e vogliono il riconoscimento in Italia, dove però la legge sul matrimonio dice che unisce un uomo e una donna, ma si sa che i giudici sono creativi con le loro sentenze, anche in barba alla Costituzione. E così alle sette e dieci del mattino gli italiani, milioni di italiani, devono sorbirsi una tirata propagandistica a favore del "matrimonio" omosessuale, sermoni per una mezzoretta in cui si schierano apertamente anche i conduttori. La conduttrice ai due gay chiede se vogliono "avere figli". Bisognerebbe ricordare alla benedetta ragazza, un tempo conduttrice di rubriche religiose sempre su Raiuno quando il vento spirava evidentemente in altra direzione, che per avere figli serve una donna, certamente un utero e che in Italia, almeno finché non sarà approvato il ddl Cirinnà, la procedura di affittare uteri è formalmente e anche sostanzialmente vietata. Prova eroicamente a opporre resistenza il direttore di Tempi, Luigi Amicone, ma il tono del dibattito è a senso unico e anche il conduttore principale, Franco Di Mare, piazza la sua zampata: i due gay sono argentini? Cosa meglio di una citazione di Papa Francesco e del suo "chi sono io per giudicare un gay?" ovviamente in versione monca?
Si parte così con il sostenere che i giudici italiani emettano solo sentenze incostituzionali (evidentemente ritiene che sia lui dover decidere il significato di una Costituzione che non parla mai del sesso sei coniugi) o per sostenere che non si può condurre una rubrica cattolica se non si è integralisti ed anti-gay. Non manca poi il sostenere che le frasi del Papa siano state mozzate, anche se il senso qui non è certo stato stravolto contrariamente alle frasi mozzate di Elton John con cui lui ha fatto soldi.
Grave è anche la menzogna nell'affermare (falsamente) che il ddl Cirinnò legalizzerebbe la procreazione assistita in Italia. Non solo la proposta di legge non cita mai quella pratica, ma la legge legge 40/2004 non verrà minimamente intaccata. Ciò che capiterà è solo che i figli dei gay avranno gli stessi diritti di quelli che gli eterosessuali hanno ottenuto recandosi in India per avere figli (e in India la maternità surrogata è riservata solo alle coppie etero, così come anche nella sua amata Russia).
Interessante è anche come basti guardare il filmato inq eustione per notare le solite omissioni. Adinolfi si dimentica di dire che la coppia gay sposata in Argentina presente in studio è cattolica (motivo per cui non è chiaro perché il suo dichiararsi tale debba essere sottolineato e il sentimento religioso altrui debba essere insultato perché non condiviso) o come Amicone sia intervenuto con l'arroganza di chi riceve la parola e si lamenta che prima sia stata raccontata una storia una coppia che lui contrappone a quelle che definisce «coppie normali» (e se l'italiano non è un'opinione, ciò servirebbe a sostenere l'anormalità dell'altro). Non si racconta di come il direttore di Tempi abbia motivato con un «è così» il suo sostenere che «Non c'etra nulla l'amore con un'istituzione millenaria [come il matrimonio] ed anche un bambino capisce che due persone dello stesso sesso non sono una famiglia e non deve esserci un ricongiungimento familiare».
Eppure tanto è bastato perché Adinolfi decidesse che la Rai non era cattolica perché presentava anche coppie che lui sostiene non debbano avere alcuna dignità. Non è infatti un caso se i termini con cui ha attaccato il servizio pubblico fossero già presenti nel Tweet in cui anticipava la sua partecipazione ad un programma che ha prontamente criticato sulla base di quanto deciso ancor prima di prendervi parte:
Cambio scena, stessa rete, due ore dopo. Si discute di apparizioni Mariane, il programma si intitola Storie Vere, si esce dall'inevitabile discussione di cronaca su Guerrina e padre Graziano dove un inarrestabile Alessandro Cecchi Paone si autoproclama Papa per una "sospensione a divinis" del sacerdote per via catodica. Quando si parla della Madonna il divulgatore legittimato dal coming out omosessuale prende a irridere una povera donna che dice di parlare con Maria e anche un vescovo emerito chiamato in studio a sostenerla. Tutto il talk show tra risolini e analisi scientifiche di un "medico" gira attorno all'affermazione che chi vede la Vergine o è pazzo o ha bisogno "di accudimento". Tra gli ospiti ci sono anch'io e provo ad affermare che con molta sincerità dovremmo spiegare che c'è chi ha fede e chi non ne ha: chi non ne ha faticherà a rispettare l'idea che Cristo è risorto dai Morti e Maria è stata assunta in cielo con il suo corpo. Due eventi, tra i tanti caratterizzanti la fede cristiana, non propriamente misurabili con prove scientifiche. Ma se si dice di rispettare la fede è proprio questo che bisogna rispettare: l'irruzione della forza divina nelle nostre vite. Niente, per Cecchi Paone e i suoi sodali siamo solo dei fessi creduloni.
Ed ancora:
Sono ospite anche alla trasmissione del primo pomeriggio. Volete sapere come si apre, alle ore 14.10? Un bel collegamento con una coppia gay che vuole "sposarsi". Parte la discussione, si cerca di avvalorare l'idea che l'Europa voglia imporre all'Italia la legge sul "matrimonio" gay. Non può farlo, per le competenze dell'Europarlamento, né l'ha fatto con il "monito" ai nove paesi che legittimamente non hanno normative che parificano l'imparificabile. Semplicemente quello era un "invito a considerare la possibilità" offerta dalle normative sulle unioni civili. Vabbè, insomma l'informazione un po' approssimativa ormai regna dovunque, prendiamocela così. L'impianto però della trasmissione prevede i due gay che vogliono sposarsi, tre ospiti che li sostengono, il conduttore che ripete ogni tre frasi che "comunque la legge sulle unioni civili sarà approvata", la conduttrice che appena prima aveva detto che la contrapposizione è tra chi è al passo con i tempi e "il medioevo", poi ci sono io, cittadino contrario alle norme in questione, note come ddl Cirinnà. In collegamento viene piazzato poi un cattolico che prima prova una tenue resistenza anche basata sui numeri irrisori degli interessati al "matrimonio" poi, dopo essere stato aggredito violentemente e paragonato a uno che voleva impiantare i campi di sterminio a Auschwitz, cede di schianto e proclama per ingraziarsi l'uditorio: "Ma facciamola subito questa legge sulle unioni civili". Intimidire di solito funziona, ennesima prova di cacasottaggine di un segmento del mondo cattolico nel proscenio pubblico. Esito? L'irrilevanza della riflessione dei cattolici nel paese, anche nella rete televisiva che appena uno o due anni fa avrebbe ritenuto inconcepibile un tipo di palinsesto da insistenza ossessiva su un solo tema come quello che si vive ogni giorno ormai da mesi.
Dopo aver apertamente sottolineato come il pensiero omofobo sia stato rappresentato in qualunque programma parlasse di gay, si lamenta di come gli autori non darebbero abbastanza spazio a chi sostiene le sue tesi. Il tutto millantando come l'intero popolo italiano sia dalla sua parte dato che tutti gli italiani sarebbero favorevoli con lui nel ritenere che la priorità del cristianesimo sia quella di impedire l'amore:
Mi verrebbe da chiedere a direttori, capistruttura, dirigenti, autori, giornalisti e conduttori di Raiuno se davvero considerano corretto questo clamoroso squilibrio nel rappresentare anche solo le forze in campo. Se davvero non percepiscono il distacco dal sentimento popolare che rifiuta questo tentativo di lavaggio del cervello, che può arrivare dai giornali e dalle televisioni magari legati a interessi commerciali, ma non dal principale canale del servizio pubblico radiotelevisivo. Il popolo di piazza San Giovanni a Raiuno l'hanno visto? Bene, è solo l'avanguardia del sentire profondo del popolo italiano che merita attenzione e rispetto nel servizio pubblico radiotelevisivo, in particolare a Raiuno.
Ormai senza freni, Adinolfi si spinge a sostenere che l'unica difesa contro la Rai sia quella di acquistare il suo giornale. Non male per chi attacca il servizio pubblico sostenendo che l'unico motivo per ritenere che tutti i cittadini debbano avere uguali diritti siano fantomatici interessi economici, salvo poi affrettarsi a fare pubblicità e cercare di vendere il suo prodotto (basato proprio sull'interesse economico di chi vende omofobia un tanto al chilo):
Sapete che ormai l'ideologia gender è sbarcata nelle grandi fiction, persino nelle puntate di Porta a Porta il solitamente equilibrato Bruno Vespa ormai pencola apertamente a favore dello schieramento che sostiene l'approvazione della legge sulle unioni civili, di fatto non c'è ora del giorno o della sera in cui la propaganda al "matrimonio" omosessuale non faccia capolino dagli schermi televisivi marchiati Rai.Non c'è una strada diversa che opporre resistenza e La Croce è il luogo dove questa resistenza quotidianamente elabora idee e le rende disponibili all'ampio pubblico che le condivide.
È invece nei commenti che Mario Adinolfi ci fa sapere dell'esistenza di quello che si dice sia un suo circolo presso gli studi Rai e che, sempre stando a quanto sostenuto nella descrizione, ospiterebbe dipendenti del servizio pubblici che si impegnano a difendere il pensiero di Adinolfi come unica via per fornire «programmi per bambini e ragazzi liberi da messaggi che ne possano deformare il percorso di crescita».
L'apertura della pagina Facebook risale al 7 ottobre 2014, quando venne pubblicato un messaggio che recita: «Cominciamo da qui. Dalla brutta pagina di venerdì scorso. Con Raitre che esalta il transessualismo, senza una verifica, senza un contraddittorio. Solo un pensiero. Quello unico. Questo non è servizio pubblico. E' propaganda!». A corredo l'immancabile lettera di Adinolfi in cui il "giornalista" afferma che sia un insulto al cristianesimo il parlare di transessuali mentre «c'erano 80.000 persone in piazza San Pietro ieri a pregare nella notte di veglia per l'apertura del Sinodo straordinario sulla famiglia». per la serie, se ci sono i cattolici non deve'esserci spazio per gli altri (sempre premesso che un transessuale può tranquillamente essere un cattolico ed è il Vangelo a insegnarsi che chi si vanta della propria religiosità potrebbe essere assai meno vicino a Dio di chi viene denigrato).