Il comune di Arezzo esce dalla rete anti discriminazioni
Salita al potere lo scorso giugno, la nuova giunta di centrodestra pare intenzionata a lanciare un messaggio chiaro alla cittadinanza: i gay non sono ben accetti ad Arezzo.
Non soloil 17 settembre si diffonderà disinformazione attraverso un convegno omofobo di Gianfranco Amato patrocinato dall'amministrazione, ma ora si è deciso di uscire dalla rete Ready alla quale aveva aderito la precedente amministrazione, abbandonando così qualunque iniziativa che prevedeva azioni di contrasto contro le discriminazioni sessuali e di genere.
In altre parole, da un lato si alimenterà l'odio fra la popolazione, dall'altro si abbandonerà qualsiasi politica di contrasto alla violenza. Vien da sé che la città di Arezzo richia ora di essere un luogo poco sicuro per gay e lesbiche.
C'è anche da chiedersi quale fosse il problema della giunta guidata dall'ingegnere Alessandro Ghinelli nei confronti di un progetto che si prefissava di «individuare, mettere a confronto e diffondere politiche d'inclusione sociale per lesbiche, gay, bisessuali e transgender e la realizzazione di attività rivolte alla promozione ed al riconoscimento dei diritti delle persone lgtb». Il problema è l'inclusione? Il problema sono i diritti?
In realtà no. Al solito si è agito nascondendo la mano con cui si è lanciato il sasso e si sostiene che tutti quegli obiettivi siano «da valutare dopo la definizione delle linee del mandato amministrativo attualmente non ancora approvate dal consiglio comunale e della individuazione delle priorità dell’amministrazione anche in ordine alle attività prioritarie per gli uffici». La giunta sostiene che la sospensione dell'adesione alla rete sia dunque giustificata dal fatto che al momento «non è ritenuta prioritaria anche sulla base del programma elettorale di questa amministrazione».
Insomma, ci sono altre proprità e solo quando resterà tempo cio si occuperà delle vittime della disinformazione di Amato o di quei ragazzi a cui ès tato negato il fututo attraverso azioni volte a ritenere che l'eterosessualità possa essere imposta con la forza ai propri figli.