La Russia annuncia la chiusura di cinque comunità online di supporto agli adolescenti lgbt
Siamo dinnanzi ad un nuovo giro di vite della Russia contro le comunità lgbt online. Le autorità hanno infatti disposto la chiusura di cinque comunità presenti su VKontakte (il più diffuso social network della Russia) accusate di violare la legge contro l'assurda legge contro la cosiddetta «propaganda di rapporti sessuali non tradizionali ai minori».
La Roskomnadzor (il servizio federale russo per la supervisione nella sfera della connessione e comunicazione di massa) sostiene che i nomi dei gruppi si rivolgano chiaramente a minorenni e che le informazioni pubblicate siano da ritenersi illegali. Ma dato che il protocollo utilizzato dal social network non permette la censura delle singole pagine da parte delle autorità, la Roskomnadzor ha intimato che i contenuti in questione dovranno essere rimossi da VKontakte entro tre giorni o l'intero social network verrà oscurato.
Al momento non sono stati diffusi i nomi dei gruppi incriminati, ma Georgy Lobushkin di VKontakte ha scritto un messaggio sul suo profilo personale in cui afferma che una di quelle comunità sia Children-404, il gruppo di supporto fondato da Yelena Klimova.
Sono ormai mesi che quelle pagine vengono costantemente attaccate dalla autorità, tra continue condanne e assoluzioni da parte di tribunali. Vinta la battaglia a livello federale, lo scorso aprile fu il distretto di San Pietroburgo ad avviare un nuovo procedimento contro la donna e a luglio la Klimova venne multata con l'accusa di «propaganda di rapporti sessuali non tradizionali ai minori». Il processo di appello si aprirà il 1° ottobre prossimo e questo pare il motivo per cui le autorità siano intenzionate a cancellare in fretta e furia tutto quel materiale prima che un giudice possa emettere un'eventuale sentenza contraria a quella che l'ha condannata.
Per comprendere meglio la violenza dell'omofobia russa basterebbe guardare quelle pagine che tanto preoccupano le autorità: ci sono disegni, sogni e speranze di ragazzi in difficoltà. Qualcuno azzarda anche ad augurarsi che un giorno andrà meglio, qualcun altro racconta la propria disperazione.
«Ho voglia di morire perché non ho alcun motivo per vivere», scrive un 14enne di Kazan. racconta di come l'unica persona a cui aveva confidato la sua sessualità abbia iniziato a chiamarlo «anormale». Spiega come i suoi genitori non perdano occasione per dirgli che i gay sono «persone sono mentalmente malati e devono essere ricoverati in ospedale». Dice anche che ha troppa paura per poterne parlare con i compagni di classe.
Per lui, come per migliaia di altri adolescenti lgbt, quelle comunità online sono l'unica valvola di sfogo per potersi confrontare e ottenere l'aiuto che necessitano. Drammatica è anche l'immagine allegata al messaggio che sul polso mostra i segni evidenti di un tentativo di suicidio.
Ma la Russia è questa, un paese dove la vita di migliaia di adolescenti lgbt viene messa a rischio mentre qualcuno si burla nel sostenere che quelle norme siano «in difesa dei bmbini». Peccato che la tolleranza non abbia mai creato vittime, l'omofobia sì.
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