L'ultima moda degli omofobi è l'acquisto di spazi pubblicitari che propagandino odio


I gruppi legati all'integralismo cattolico non si muovono mai da soli. Basta seguite con costanza la loro strategia per accorgersi di come tutte le loro azioni appaiano sempre coordinate. C'è una vera e propria rete che è stata creata per darsi ragione a vicenda e per inculcare alcune falsità nella mente collettiva dell'italiano medio. In fondo una ripetizione costante e distribuita di slogan è in grado di trasformare le bugie in presunte verità, così come dimostra il fatto che la maggior parte degli italiani sia davvero convinta che la Costituzione vieti il matrimonio egualitario (nonostante tutte le sentenze della Corte costituzionale affermino l'opposto).
Per mesi si è dunque costruito uno zoccolo duro dell'odio, alimentato da chi è andato nelle piazze a sostenere che la violenza omofobica sia tutelata dalla libertà di espressione o che i figli vadano "difesi" attraverso un'educazione che non permetta loro di crescere senza pregiudizi. Quel manipolo si è anche occupato di presidiare tutti i media, spesso scrivendo messaggi di vera e propria istigazione all'odio su qualunque media capitasse a tiro. ma pur sempre di una minoranza si tratta.
Ora pare si sia passati alla fase successiva del piano, rappresentata dall'acquisto di consensi. Abbiamo visto come l'associazione ProVita abbia iniziato ad acquistare spazi pubblicitari su quotidiani e siti generalisti, così come a qualcuno sarà capitato di imbattersi in link sponsorizzati acquistati su Facebook da varie realtà omofobe.

Tra di loro c'è anche quello acquistato da un non meglio precisato comitato di promozione di un referendum che mira ad abbattere la riforma della scuola, sostenendo che il contrasto al femminicidio e alla violenza di genere siano da ritenersi "dannosi" per i bambini.
Il messaggio proposto mira a portare falsi allarmismi sulle bacheche di migliaia di mamme apprensive, sostenendo che esista un reale rischio:

Anche da Arezzo arrivano testimonianze di famiglie che si sono scontrate contro la Teoria Gender, o ideologia di genere, o in qualsiasi modo la si voglia chiamare, che introduce sin dalla scuola dell'infanzia tipologie di insegnamenti a dir poco discutibili, che secondo alcuni rischiano di destabilizzare gravemente le generazioni future e secondo molte associazioni di genitori, sono troppo invasive della sfera educativa propria della famiglia! Ricordiamo che la legge che ha recentemente riformato la scuola pubblica, cioè la legge 107 di Renzi "la buona scuola", fa un chiaro e palese richiamo ai testi normativi che prevedono l'adozione di tali insegnamenti in tutte le scuole pubbliche italiane, partendo dal grado di scuola più basso, cioè la scuola materna.
Ma allora la domanda sorge spontanea... Il gender esiste? Pare di sì...
Se non sei favorevole all'introduzione di insegnamenti simili in tutti i gradi di scuola, firma anche tu il referendum abrogativo della legge 107/2015 presso il tuo comune di residenza. Attenzione, hai tempo fino al 25/09/2015!

Si è dunque dinnanzi all'ennesimo messaggio che crea allarmismo senza neppure spiegarne i motivi: la loro (falsa) verità viene proposta come una verità assoluta, alludendo a fantomatiche «famiglie» che avrebbero sperimentato «il gender» a scuola. Ma non solo, in allegato c'è anche un video che dovrebbe alimentare ancora di più l'isteria.
Il video in questione mostra un servizio giornalistico realizzato dalla TSD, ossia dall'emittente televisiva della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro. Non stupisce dunque come quel servizio sia allineato al pensiero unico del movimento anti-gay, proponendo un'intervista a senso unico all'omofobo Forum delle associazioni familiari. Nelle immagini c'è una tizia che, con aria preoccupata e dinnanzi alle porte di una chiesa, racconta che «loro» vogliono «relativizzare fortemente il concetto di famiglia e cercano di far entrare nelle scuole la cultura ideologica del gender». Ed ancora: «Noi nasciamo con determinati dati biologici, come può essere l'apparato genitale maschile o femminile, ma quello che decidiamo di essere nel corso della vita appartiene esclusivamente alla nostra mente e agli influssi che può avere su di noi la cultura e il contesto sociale che noi viviamo».
Ecco dunque che, per l'ennesima, volta, la Chiesa Cattolica spaccia l'identità di genere come «una scelta». In realtà l'unica persona che sostiene di aver scelto di non essere più gay è Luca di Tolve, personaggio acclamato dall'integralismo cattolico e reputato ipocrita dalla comunità gay (prova inconfutabile di come siano loro a parlare di "scelta" non certo il mondo accademico). Ma l'uso di quel termine non pare casuale: è un modo per far pensare che chi è gay è perché ha scelto di essere gay, promettendo così ai genitori omofobi la certezza che loro figlio sarà eterosessuale se creeranno un clima d'odio sufficiente a reprimere la sessualità.
Ma la tizia del video non si ferma lì, sostenendo che «dire questo ai ragazzi nella fase più delicata della loro vita è fiorentemente destabilizzante». Dinnanzi a simili rivendicazioni, c'è da chiedersi come quella donna possa dormire la notte sapendo che le sue rivendicazioni distruggeranno la vita di migliaia di ragazzi, dato che si sostiene che nessuno debba essere educato alla diversità e che i ragazzi gay debbano essere additati come normali (sia mai che qualcuno si suicidi, dato che quello pare sia l'obiettivo principali di gruppi che inneggiano alla morte del prossimo nel dome di Dio). In fondo asterrebbe cambiare le parole per accorgersi della violenza di queste parole, dato che la donna in questione avrebbe potuto ottenere l'appoggio della diocesi per andare in giro a sostenere che è destabilizzante dire ad un ragazzo che i suoi compagni di colore meritano rispetto e non sono da discriminare.
Si giunge poi al gran finale, con una donna che ha dimostrato di non avere la più pallida idea dell'argomento trattato (se non l'odio che prova verso il mondo lgbt) che si spinge nel sostenere che sia necessario affidare ai genitori il compito di parlare di quell'argomento dato che sono gli unici a saper trattare «con delicatezza» il tema. Peccato che lei sia l'emblema di una persona che non ha le capacità per un compito simile, dato che la totale inconsistenza dei suoi discorsi si basa su una palese disinformazione e su una sete di discriminazione.
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