Unioni civili, forse se ne parlerà nel 2016


Ormai siamo alla farsa. Dopo aver disatteso tutte le promesse precedenti, si era parlato di un arrivo un aula del testo sulle Unioni Civili entro l'estate. Ma poi sono arrivate le vacanze e i politici hanno preferito andare al mare piuttosto che occuparsi di diritti civili. Renzi ha così spergiurato che le la legge sarebbe arrivata entro la fine dell'anno, ma ormai pare certo che anche quell'ennesima promessa non sarà mantenuta.
La probabilità che si possa arrivare ad un'approvazione in Senato entro il 15 ottobre è assai remota, ancor più dopo che Renzi ha chiesto di anticipare la discussione della Riforma Boschi. Con la legge di stabilità attesa alla fine dell'anno, nella migliore delle ipotesi si arriverà a discutere di diritti civili a gennaio inoltrato.
Tra discussioni e voti, nella migliore delle ipotesi i primi effetti non appaiono ipotizzabili prima del 2017, un po' tardi per una legge che è ormai in discussione dal 2006 e che era stata promessa entro i primi cento giorni dell'insediamento di Renzi.

Inoltre anche in Commissione le cose vanno male: ci sono ancora oltre 1.200 emendamenti da esaminare, molti dei quali presentati da Malan e Giovanardi (tra cui alcune prese in giro, come quelle in cui si chiede che le coppie gay si presentino accompagnate dai granitoi). C'è l'ostruzionismo delle destre che cercano di sfruttare tutto il tempo a loro disposizione pur di ritardare la discussione e c'è da considerare che in Aula verranno ripresentati tutti i 4mila emendamenti già passati in commissione Giustizia a cui, probabilmente, se ne aggiungeranno di nuovi.
L'unica certezza è che la legge non avanza ma continua a peggiorare, soprattutto dopo l'accoglimento del diktat di bagnasco con cui le unioni gay sono divenute "formazioni sociali specifiche". Il termine è stato scelto per far riferimento all'articolo 2 della Costituzione, provvedendo così ad escludere quelle unioni da qualsiasi tutela costituzionale.

Ed intanto ci tocca sorbirci anche le prese in giro di Mario Adinolfi che, senza alcuna dignità, dalla sua pagina Facebook dice di voler esprimere «solidarietà al mondo lgbt». Ovviamente poi aggiunge che la morte dei diritti civili è «quanto indicavamo e auspicavamo noi», gongolandosi all'idea che in Italia i gay non abbiano alcun diritto e alcuna dignità sociale perché lui non vuole e perché lui ritiene che la sua eterosessualità debba conferirgli maggiori privilegi. Siamo infatti dinnanzi a chi conduce una guerra contro l'altro, sapendo bene che qualunque diritto negato gli permetterà di rubare i soldi di chi paga le tasse per assicurarsi privilegi personali.
Dopo aver invitato i suoi adepti a continuare ad acquistare l'odio che viene commercializzato attraverso il suo pessimo giornale («non vi diremo che è fatta, c'è ancora da lottare», scrive) afferma: «Ma a quelli che ci spiegavano che era impossibile fermare il ddl Cirinnà, oggi possiamo ragionevolmente sperare di rispondere a breve che gli innocenti che non sapevano che la cosa era impossibile a farsi, la fecero».
E se davvero siamo in uno stato in cui a decidere è chi non è riuscito neppure a tenersi un posto da commentatore nel salotto di barbara d'Urso, allora vuole davvero dire che l'Italia e finita. Perché uno sgtato laico incapace di tutelare i propri cittadini è uno stato che non ha dignità di esistere.
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