Bambina costretta a cambiare scuola: i genitori sono fan di ProVita e hanno il terrore del "gender"


Ricordate quando andavate a scuola? Per ogni bambino la classe rappresentava il proprio mondo, con un gruppo di gruppo di compagni che si era imparato a conoscere. Il solo fatto di dover entrare in un'altra classe era motivo di paura, figuriamoci il trasferimento in una nuova scuola dove si sarebbe rischiato di essere etichettati come «quello nuovo».
Eppure ci sono genitori che hanno deciso di strappare dai suoi amici loro figlio, ritenendo che il male provocato da quel trasferimento sia preferibile al rischio che potesse crescere senza pregiudizi. A raccontare l'atroce storia è Notizie ProVita, immediatamente ripresa anche da Il Timone (che è bene ricordare come sia diretto dal direttore de La Nuova Bussola Quotidiana, in quel gioco di specchi in cui il pensiero di un gruppo ristretto di integralisti viene moltiplicato attraverso il ricorso di innumerevoli associazioni e gruppi gestiti sempre dalla stesse persone)

I due giornali sostengono che il "gender" abbia invaso ogni istituto scolastico pubblico e che sia necessario ricorrere ad enti religiosi. Dicono che «la situazione rispetto ai diversi percorsi che vengono proposti ai nostri bambini e ragazzi è sempre più grave e generalizzata».
Per sostenere quell'assurda tesi dicono che «due nostri lettori, genitori di tre figli, ci hanno segnalato il caso della loro bambina di sette anni, iscritta in seconda elementare presso una scuola pubblica della Provincia di Massa Carrara». Si passa così alla solita diffamazione, sostenendo che nella scuola della piccola vittima sarebbe stato organizzato un progetto curato da una «sedicente esperta» che si sarebbe occupata di raccontare delle favole che «ovviamente non si tratta di favole tradizionali, evidentemente piene di stereotipi e pregiudizi sessisti, ma di storielle più in linea con il gender style in gran voga in questo momento».

Le favole che l'associazione sostiene non debbano essere lette sono "La principessa e il drago" e "Una bambola per Alberto". La prima racconta la storia di una principessa che salva un suo principe rapito da un drago, l'altra quella di un bambino che vuole una bambola come regalo di compleanno e la otterrà dal nonno dopo che il padre si è rifiutato di compragliela.
Nulla di sconvolgente, ma per l'integralismo non è accettabile perché «letta nell'ambito del progetto "Liber* Tutt*", è facile capire che può essere strumentalizzata per promuovere il transgenderismo». Come non è chiaro, ma evidente è come si cerchi di alimentare paura. Anzi, ci tengono a sottolineare che quelle persone si siano fatte prendere dal panico proprio attraverso la loro campagna di disinformazione e che abbiano agito con violenza nei confronti della figlia perché nessun altro genitore della scuola aveva problemi in ciò che veniva insegnato ai figli:

I genitori della bambina hanno avuto modo di accorgersi del percorso realizzato nella scuola della figlia esclusivamente leggendo quanto la bambina aveva scritto sul quaderno d’italiano e sul diario. Nessuna comunicazione preventiva era infatti stata fornita ai genitori dalla scuola, e men che meno una richiesta formale di consenso all’adesione a tale progetto.
I due genitori in questione –per fortuna ben informati sulle (subdole) strategie di diffusione dell’ideologia gender e ben consci del loro diritto/dovere educativo nei confronti dei figli–, venuti a conoscenza del percorso “Liber* Tutt*” si sono quindi mossi cercando di coinvolgere gli altri genitori della classe e cercando di contattare le autorità scolastiche. Su tutti e due i fronti si sono tuttavia scontrati contro un muro d’ignoranza, di relativismo, di finto progressismo… E, per aggiungere al danno anche la beffa, sono divenuti oggetto di commenti pungenti.

In conclusione, non avendo modo di appurare in quale giornata e in quale orario verrà proposto alla figlia il percorso in questione, i genitori si sono visti costretti a ritirare la figlia dall’istituto in cui era iscritta e a mandarla in una scuola paritaria cattolica, affrontando un notevole sacrificio economico. Alla faccia della democrazia e della scuola libera e per tutti…

Insomma, si è giudicato un qualcosa che neppure è stato appurato e si è distrutta la vita di una bambina solo per impedirle di ascoltare storia in cui la donna poteva essere più forte dell'uomo (sia mai che potesse poi crescere senza avere l'idea che la massima aspirazione di una donna sia quella di sottomettersi al marito, così come la Miriano è solita predicare). L'impressione è che il fanatismo sia tale da aver timore a priori di tutto ciò in cui c'è una asterisco nel titolo o in cui gli stereotipo di genere non sono posti come premessa.
E dinnanzi al dramma di una bambina allontanata dai suoi amici, per ProVita l'unico problema è il costo, sottolineando la loro concezione in cui i figli non hanno diritti né desideri ma sono oggetti che devono obbedire ad un padre padrone che decida che cosa debbano essere o pensare. Nuovi schiavi, indottrinati e usati a proprio piacimento.

Giusto per completare il discorso, il genitore che ha tolto la figlia dalle scuole ha già deciso che sua figlia non sarà lesbica. Sostiene che ci siano cose più importanti da pensare e che la lotta al bullismo non debba essere finanziato dallo stato dato che lui è certo che la figlia non ne avrà bisogno. E, come quasi tutti i sedicenti cristiani che leggono quella stampa, dice che a lui non interessa se altri ragazzi subiscono violenze quotidiane o se vengono picchiato per il solo fatto di esistere:

Per completezza d’informazione, scrive il genitore che ci ha segnalato il caso, voglio dirvi che in questi giorni in un Istituto Superiore della nostra Provincia, sono cascati addosso ad una malcapitata studentessa, dei calcinacci dal soffitto, causa il cattivo stato di conservazione dell’ edificio scolastico. Alla luce di quanto sopra descritto, non sarebbe meglio impiegare le esigue risorse disponibili per la sicurezza, anziché per il gender? E come mai, se vogliamo che i nostri figli facciano a scuola attività motoria dobbiamo pagare un contributo di 7 euro annui ad alunno ed invece il gender lo paga la Provincia?

Il tema viene poi approfondito nelle dichiarazioni che sono state rilasciate al Corriere della Sera una volta che l'assurda vicenda è salita alla ribalta delle cronache. Nelle poche parole pronunciate dai genitori è evidente come non ci sia alcun pensiero ma solo la ripetizione a pappagallo dei ritornelli che l'integralismo cattolico ha inculcato in loro. La mamma della giovanissima vittima racconta:

«Siamo una famiglia cattolica. Insegniamo ai nostri figli a rispettare tutti, a voler bene, ad aiutare i più deboli, ad essere buoni e misericordiosi. Crediamo nella parità dei diritti, ma non nella parità dei sessi. Uomo e donna sono diversi, perché così vuole natura. A scuola, luogo dove i nostri figli dovrebbero stare al sicuro, stanno invece insegnando la confusione dei sessi; truccano i bambini da femmine e vestono le bambine da maschi; ho saputo di conversazioni su famiglie con due papà, eppure, ad inizio anno ci avevano parlato di un laboratorio di ascolto di favole, dove la cultura gender non veniva neanche menzionata [...] È diritto di ogni genitore a poter decidere che tipo di insegnamento dare ai propri figli.

E chi gli ha detto quelle cose? Quella stessa associazione che ha diffuso il panico verso una cosa che non esiste e che nel nome di quanto avvenuto (una bimba allontanata dagli amici per i fini politici di un'associazione che non vuole che i diritti di gay e lesbiche siano rispettati) afferma:

Questo caso ci insegna diverse cose. Innanzitutto che, come genitori, è necessario vigilare molto attentamente sull’educazione dei propri figli: parlando con loro, sfogliando i libri di testo (soprattutto di italiano e di scienze), controllando i compiti che vengono loro assegnati…
In secondo luogo, che è importante essere molto e ben informati sulla questione del gender. Le strategie con cui questa ideologia si sta diffondendo sono infatti sempre più sibilline e difficili da smascherare.
Infine, che è necessario fare rete con chi la pensa come noi. Solo l’unione fa la forza. La nostra piena solidarietà ai genitori di Massa Carrara e a tutti gli altri genitori chiamati a combattere per educare i propri figli secondo i loro valori di riferimento.

Ancora una volta le domande sono sempre le stesse. perché questa associazione viene lasciata libera di seminare terrore e di diffondere bugie (come l'idea che nelle scuole i bambini siano costretti a vestirsi da donna e viceversa) anche se ciò danneggia migliaia id bambini? E dove perché non c'è l'intervento dei servizi sociali dinnanzi ad una giovane condannata a non poter più andare a scuola con i suoi amici solo perché i genitori credono alle bugie del fanatismo religioso?
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