I Giuristi per la Vita diffondono documenti falsi per alimentare l'isteria gender
I Giuristi per la Vita sono un gruppo che cerca di alimentare paura verso teorie mai teorizzate in ambienti accademici con lo scopo di alimentare fobie e paure. Il fine ultimo parrebbe essere il portare voti ai partito di estrema destra, assicurando che la scuola italiana non contrasti in alcun modo la violenza di genere o la violenza sulle donne. Se effettivamente non dev'essere facile cercare di far leva su ciò che non esiste, di dubbia moralità è il continuare a proporre materiale finto che viene spacciato come "prova" delle loto teorie.
L'ultima prova di questa modalità d'azione è rappresentata da un video pubblicato il 29 settembre sulla loro pagina Facebook, nel quale si sostiene sia mostrato un bambino che sarebbe stato obbligato a mettersi del rossetto perché vittima della fantomatica «ideologia gender». Segue un discorso decontestualizzato del Pontefice e un filmato in cui si sostiene che chi si batte per l'uguaglianza dei diritti sia assimilabile ai nazisti.
Eppure quel video appare familiare. Ed in effetti ce ne eravamo già occupati li scorso luglio, denunciando la falsità di quanto sostenuto. La maestra, infatti, non starebbe mettendo del rossetto ma del semplice burro cacao (così come facilmente testimoniato dal fatto che non abbia lasciato alcun colore sulle sue labbra quando le immagini riprendono il momento in cui lo ha utilizzato si sé stessa).
Il video andrebbe anche collocato nella sua reale collocazione: ovviamente non si tratta di una scuola italiana ma di una scuola di Bralisia, peraltro privata e gestita dalla Chiesa Cattolica. A sottolinearci la meschinità dell'utilizzo di quelle immagini è anche l'apprendere che si tratterebbe di registrazioni effettuate da alcuni genitori per denunciare le violenze degli insegnanti della scuola.
Il video è infatti parte di due filmati distinti consegnati alle autorità brasiliane. Nell'altro si vedeva una maestra che minacciava una bambina dicendole che l'avrebbe fatta camminare nuda nei corridoi della scuola se si fosse fatta nuovamente la pipì addosso.
Ecco dunque l'ennesima riprova del perché sia arduo sostenere che la campagna di disinformazione attuata da Gianfranco Amato possa essere ritenuta una legittima libertà di espressione. Perché la libertà di espressione sarà sacrosanta e tutelata, ma se si chiede di mettere a rischio la vita di migliaia di persona attraverso una propaganda che viene legittimata attraverso la diffusione di documenti falsi, allora quella non è più una legittima libertà di espressione.