La nuova follia dell'integralismo: i gay sono pochi e quindi non devono avere diritti
Si tratta di tesi folle partorita da Mario Adinolfi ed immediatamente ripresa dall'associazione omofoba Provita: i gay sono pochi e quindi non devono avere diritti, dicono. Eppure, nonostante l'assurdità del concetto, pare che questa sia un nuovo elemento che il catto-fascismo intende introdurre nella sua propaganda.
Sappiamo infatti come l'ideologia anti-gay passi da una modalità comunicativa consolidata durante il fascismo, dove le menzogne vengono riproposte da più canali al fine di farle percepire come una verità rivelata. Basta leggere gli attuali articoli dell'integralismo per osservare come ogni singola parola meriterebbe precisazioni: il loro dizionario è volto a far credere che i matrimoni gay siano incostituzionali , che la famiglia "naturale" sia solo quella eterosessuale o che la stepchild adoption abbia un qualcosa a che fare con adozioni o procreazione assistita. Tutte bugie, propagandate quotidianamente da chi ha a cuore solo il malessere e la discriminazione dei gay.
Ma tornando all'argomento principale, è dalle pagine del settimanale integralista Tempi che Giancarlo Cerrelli (quello che va in giro a dire che i gay sono dei "malati") sostiene che le unioni civili servano «per appena 7000 coppie gay». Lo stesso viene sostenuto anche da Il Giornale, qil afferma che le unioni civili sono una «crociata di sinistra per 123 coppie gay». In quest'ultimo caso, però, l'articolo firmato da Sabrina Cottone palesa un'altra ovvietà che l'integralismo cattolico è solito tentare di nascondere, ossia che il «gender» non sia altro che un nome inventato per legittimare l'omofobia più becera e violenta (tant'è che nel loro gergo di propaganda d'odio i diritti delle coppie gay diventano «i diritti gender»). Ormai è guerra ai gay, a persone che l'integralismo cattolico vorrebbe negare il diritto stesso all'esistenza. E i commenti raccolti da Il Giornale ci mostrano chiaramente come quella propaganda venga facilmente convertita in odio da parte di chi si sente legittimato a dire che i gay non hanno alcun diritto.
Il pezzo ci tiene anche a sostenere che «è scontato» che l'unica famiglia meritevole di riconoscimenti sia quella formata da «padre, madre e figli» e che qualunque altra famiglia naturale debba essere discriminata perché diversa. Allo stesso modo si da pieno appoggio a Massimo Gandolfini nel sostenere che i figli delle minoranze non abbiano diritti perché pochi. Il virgolettato riportato dal giornale di destra è il seguente: «Quanti casi ci saranno in Italia di figli rimasti senza il genitore biologico che aveva un compagno dello stesso sesso? Quattro? Dieci? Con il rispetto dovuto anche a un singolo caso, non riteniamo che questa sia una situazione da normare».
Il tutto con il plauso presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, che definisce «violento» chi rivendica i proprio diritto all'esistenza, sostenendo che sia lecito difendere chi vuole negare il diritto alla vita altrui.
Peccato che un simile discorso sia pericoloso. Se davvero dovessimo negare i diritti alle minoranze, allora dovremmo tenere quell'atteggiamento anche in tutti gli altri casi. Dovremmo difendere le barriere architettoniche perché utili ad una minoranza o dovremmo legittimare la violenza sui cristiano laddove siano una minoranza.
Se dovessimo prender per buoni quei numero, perché mai dovremmo ritenere accettabile che Gandolfini non voglia assolutamente che i diritti di quei dieci bambini siano volontariamente calpestati solo perché a loro non piace che possano avere gli stessi diritti dei loro figli, così come non si capirebbe il perché di una mobilitazione nazionale volta a negare i diritti di quelle persone. Se non serve una normativa, allora non dovrebbe manco servire una così strenua opposizione.