Il Giornale strumentalizza pure Facebook: «Si inchina alla lobby gay»
Non passa giorno senza che sulle pagine de Il Giornale ci sia un qualche articolo dedicato a fomentare l'odio sociale verso la comunità lgbt. Questa volta è un articolo di Giuseppe De Lorenzo ad utilizzare un linguaggio dall'indecente violenza.
Il tema è l'annuncio con cui Facebook ha deciso di rivedere le sue politiche sulla veridicità dei nomi utilizzati sul social network, venendo incontro soprattutto alle richieste della comunità lgbt e dei nativi americani che lamentavano come quella politica ledesse il diritto alla dignità dei transessuali e fornisse un'arma per i troll e molestatori.
Ma sulle pagine de Il Giornale l'intera la storia cambia volto, al punto che il quotidiano si lancia nell'asserire che «anche Facebook si inchina alla lobby gay» per «compiacere alle richieste di gay e trans». ma è il messaggio subliminale a risultare ancor più vergognoso, soprattutto considerato come l'intero articolo sia costellato di frasi in cui i gay e i transessuali vengono opposti al termine "normale" (lasciando dunque passare il messaggio che non lo siano).
Già nell'introduzione leggiamo:
Di cosa parliamo? Dell'uso degli pseudonimi e dei soprannomi. Fino ad ieri, infatti, a nessuno era permesso nascondere la propria identità dietro un nomignolo. Fino a ieri, appunto. Perché se la voce degli utenti normali nulla può, tutto è permesso a quella delle organizzate comunità Lgbt. Definivano la scelta di Zuckerberg come discriminatoria, e così il social più famoso del mondo si è subito adeguato.
Lamenta poi come «la richiesta nasce dal fatto che secondo le regole per registrarsi è necessario utilizzare il nome ed il cognome presente nella carta d'identità. E questo sarebbe un problema per trans che non abbiano ottenuto la modifica del nome o che vogliano tenere nascoste le loro situazioni».
Dato che al quotidiano fa piacere sapere che le transessuali si trovino umiliate nel dover palesare il proprio sesso biologico durante il periodo di transizione, ecco che ironizzano su chi rasparmi loro quel calvario (solo parte di un processo che l'area politica di quella testata vorrebbe si concluda con una castrazione forzata imposta dallo stato).
Poi, tonando a quell'opposizione tra ciò che riguarda i gay e ciò che viene ritenuto la "normalità", si precisa:
Le modifiche della policy di Facebook saranno operative da dicembre. Ad annunciarle è stato Alex Schultz, uno dei manager della società di Menlo Park. E non lo ha fatto con un comunicato stampa normale, ma con una lettera indirizzata alle organizzazioni per i diritti civili.
E non pago di quanto già scritto, l'articolo si conclude affermando:
Schultz comunque invita gli utenti ad usare i nomi con cui "sono conosciuti da amici e parenti", per rendere la piattaforma "più sicura" perchè così "è anche più difficile per gli utenti nascondersi dietro l'anonimato per molestie, atti di bullismo o frodi". Rimane il fatto che Facebook ha scelto la linea della pacificazione con una lobby che ha molti contatti e molti utenti. Un po' per soldi e un po' per conformismo.
L'evidenza è come il fanatismo e la violenza di una parte politica stia rendendo irrespirabile l'aria, in una società dove pare impossibile poter rivendicare qualcosa o poter proferire parola senza che le lobby (quelle vere e basate sul catto-fascismo) irrompano con i loro squadristi per manipolare ogni fatto, ogni parola, ogni azione. È una continua e inarrestabile intimidazione, in cui chi non la pensa come loro deve essere insultato e molestato.
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