L'ideologia a senso unico di chi non tollera il dissenso nel nome della libertà di opinione
A partire dal 1933 i nazisti iniziarono ad accusare gli ebrei di tutti i problemi della Germania: povertà, disoccupazione e la sconfitta nel primo conflitto mondiale.
Oggi sono i gruppi anti-gay da aver adottato una strategia simile: dicono che i gay siano i responsabili della gonorrea, delle stragi i San Bernardino, della caduta di meteoriti, della possibile estinzione del genere umano, della fine dell'Impero Romano e persino degli omicidi di stampo omofobo. Si dice che siano satanisti e che potrebbero tranquillamente "diventare" etero se solo lo volessero. Insomma, bisogna aver paura di loro e bisogna «difendere» i propri figli dalla loro esistenza.
Non stupisce dunque come oggigiorno ci siano gruppi in cui si arriva addirittura ad inneggiare apertamente al loro sterminio, così come pensarono di fare i nazisti con la costruzione dei campi di concentramento.
A questo punto viene automatico fare una riflessione per cercare di comprendere come sia possibile che questa follia si sia diffusa in una società dominata dall'informazione. A spiegarcelo è l'associazione ProVita Onlus, la quale ha recentemente pubblicato un articolo in cui vantano come molta gente sia andata in rete a cercare cosa diavolo fosse quella fantomatica «ideologia gender» che qualcuno indicava come una minaccia per i loro figli. E giustamente osservano che «la gente ha sete d'informazione e oramai internet è diventato uno dei principali canali cui attingere per cercare di comprendere meglio il nostro tempo. Ovviamente con tutti i rischi che da questo discendono, in primis la mancanza di certezza rispetto alla validità delle fonti e il fatto che vengono meno la mediazione e il confronto di e con persone più esperte in materia».
Esatto, internet è una sede di ricerca di informazioni e c'è il rischio che vere e proprie bufale possano diffondersi.
L'articolo prosegue nel sostenere che «noi di Notizie ProVita durante quest'anno abbiamo scritto molto dei diversi argomenti che ruotano attorno alla teoria gender e al transgenderismo, spiegando in cosa consiste questa pericolosa rivoluzione antropologica, come si sta sviluppando e diffondendo (soprattutto a danno dei bambini, ma non solo) e quali sono gli scenari che si prospettano per il futuro [...] Ma non ci siamo fermati a questo: abbiamo organizzato o abbiamo partecipato a centinaia di convegni sul tema; ci siamo fatti promotori di raccolte firme; abbiamo realizzato un video per spiegare la questione e pubblicato un Dossier relativo ai casi gender nelle scuole e un Vademecum per genitori».
E anche su questo hanno ragione. ProVita è stata in prima fila nel diffondere isteria verso presunte teorie mai formulate nel mondo accademico, provvedendo sempre a presentarle come un qualcosa di pericoloso e di dannoso per i propri figli. Siamo dinnanzi ad un qualcosa che esiste solo su internet attraverso continue decontestualizzazioni e strumentalizzazioni della realtà.
Ciò spiegherebbe anche il perché sia miseramente fallito il precedente tentativo, quando nel 2007 l'associazione Scienza & Vita tentò di introdurre nel dibattito pubblico italiano i concetti di “teoria di genere” e “ideologia di genere”. Ma ai tempi non c'era Internet ed era difficile far presa sui sentimenti più bassi delle persone senza ricorrere a pagine Facebook o articoli esclusi dalle responsabilità penali della stampa tradizionale. Di certo non sarebbe stato possibile pubblicare immagini semi-pornografiche a cui accostare scritte come: «Lo daresti un bambino in adozione a questi due?». Bhe, probabilmente non lo darei neppure ad una pornostar mentre lavora sul set, ma ciò non toglie che in altri contesti possa essere una mamma straordinaria.
Siamo dunque arrivati al punto. Oggi si può creare una teoria e la si può rendere credibile diffondendo informazioni molto discutibili su Internet. In tale ottica si può comprendere perché alcuni articoli siano stati scritti con l'unico scopo di manipolare l'informazione e di presentare certe teorie quasi fossero cose serie. Si comprende anche perché gruppi organizzati abbiano passato ore ad inserire commenti omofobi sui quotidiani, introducendo deliberatamente certi termini all'interno del dibattito pubblico.
Nel suo articolo, l'associazione ProVita afferma che provvedano a fornire materiale «ovviamente documentato e selezionato». Sul fatto che sia selezionato per far passare un messaggio politico ben preciso paiono non esserci dubbi, più opinabile è il ritenere che sia documentato.
In più occasioni ci siamo ritrovati a sbugiardare racconti che spopolano in queste realtà. Se loro dicono che in Germania i genitori vengono arrestati perché non fanno frequentare le lezioni di educazione al rispetto ai loro figli, bene è notare come la legge tedesca consideri reato l'assenza da scuola e che la multa (perché di multa si parla) sarebbe giunta anche se si fosse impedito ai figli di frequentare l'ora di eduzione fisica. E se si racconta di bambini che sono svenuti alla vista di un filmato in cui c'era anche una coppia gay, doveroso sarebbe stato il precisare come si sia subito di una intossicazione alimentare dovuta al pranzo servito della mensa scolastica (e quindi non certo alla visione di quelle immagini).
Dinnanzi a quella disinformazione e a quel tentativo di colonizzazione ideologica della rete, c'è chi ha scelto di non dare visibilità a quelle realtà e chi ha preferito denunciarne i controsensi. E forse non è un caso se gruppi anonimi abbiano organizzato azioni morate volte a togliere la vice proprio a quest'ultime. Si è iniziato con il Gruppo Gionata, colpito per il suo impegno nel dimostrare che fede ed omosessualità non sono in contrasto. Ma a chi sostiene che i gay siano satanici o che sia giusto organizzare incontri di istigazione all'autolesionismo attraverso la repressione della propria sessualità, quel messaggio dava fastidio. In fondo la religione non può essere usata come arma se prima non si identifica il nemico come un'infedele, motivo per cui è importante che si faccia passare l'idea che un gay non possa credere in Dio e che chi li combatte ne sia la massima rappresentanza.
Qualche giorno dopo, un'altra azione squadrista ha portato alla sospensione preventiva dei contenuti di Gayburg (rendendoli conseguentemente incondivisibili su Facebook ed esclusi da Google News). Un tentativo che probabilmente ha voluto togliere voce ha chi ha da sempre cercato di spiegare perché alcune tesi siano errate o poco scientifiche. Una posizione forse scomoda per chi vorrebbe strumentalizzare mezze verità. C'è ad esempio chi sosteneva di poter sostenere cause patologiche dell'omosessualità attraverso l'esempio dei gemelli omozigoti che hanno differenti orientamenti sessuali, ma poi si è poi ritrovare a fare i conti con chi sottolineava come esitano prove scientifici di molteplici caratteristiche ereditarie che non hanno uguale attecchimento nei gemelli omozigoti. Era dunque la premessa ad essere errata, così come spesso accade a chi non cerca la verità ma preferisce cercare solo la legittimazione a testi formulate a priori.
Ce lo ha ben mostrato Gianfranco Amato: quel tipo di tesi e quel tipo di informazioni funzionano bene solo se presentate a senso unico, in una totale assenza di contraddittorio o di persone che possano chiarire i fatti attraverso una corretta contestualizzazione. Non stupisce, ad esempio, che per Amato sia facile creare a creare scandalo quando va in giro nelle chiese a leggere cinque righe di un romanzo della Mazzucco in cui si racconta un rapporto orale fra due ragazzi. Probabilmente si otterrebbe lo stesso effetto anche nel leggere le pagine di Anna Frank in cui la ragazza racconta la sua scoperta delle masturbazione o quelle in cui Gulliver viene abusato sessualmente dalle abitanti dell'isola, ma la scelta di raccontare un rapporto gay pare orientato a creare un legame tra l'orientamento sessuale e un qualcosa che in quel preciso contesto appare fuori luogo. Il tutto senza che qualcuno possa chiedere che cosa contengano le altre 234 pagine del romanzo in questione.
È un po' come il caso della maternità surrogata: il 98% di chi vi accede è eterosessuale, ma il tema viene tirato in ballo solo quando si parla di omosessuali al fine di accostare due cose che nella realtà dei fatti non sono collegate.
Ora pare che qualcuno voglia ricreare in Internet quella stessa formula comunicativa, in cui l'obiettivo sia la presentazione di una realtà a senso unico in cui ogni contraddittorio sia messo a tacere. Ed ovviamente non si manca di sostenere che le persone censurate siano una «gaystapo» da combattere nel nome della libertà di opinione. Forse la loro, ossia l'unica ammessa.
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