Le unioni civili e l'ombra del diktat vaticano


Il quotidiano dei vescovi italiani, Avvenire, ha pubblicato un articolo dal titolo "Unioni civili, il Pd pronto a cancellare le adozioni". Qualcuno penserà che non sia un problema, soprattutto perché il progetto di legge in discussione non prevede le adozioni. Peccato che nella neo-lingua dell'integralismo cattolico, quel termine venga utilizzato per indicare la stepchild adoption in modo che il bigotto media non capisca che si stanno togliendo dei diritti ai bambini e non alle coppie gay che loro odiano tanto.
Qualcun altro noterà che fra «affidi rafforzati» ed esclusione dalla reversibilità, in queste ore se ne stiano dicendo tante. Se anche questo è pur vero, difficile è non prestare attenzioni a come le "indiscrezioni" di Avvenire spesso assomigliano a veri e propri ordini dati all'esecutivo.
Già la scorsa estate ipotizzò che qualcuno volesse riscrivere il ddl, tutti negarono ma all'improvviso è stato fatto esattamente quello che avevano chiesto vescovi: ai gay è stato tolto il riconoscimento come famiglia, sono stati tolte le tutele costituzionali e la loro unione è stata tramutata in una ghettizzante "formazione sociale specifica". Ad un tratto ciò che avrebbe dovuto garantire le stesse tutele riservate alle coppie eterosessuali si è trasformato in un nuovo istituto giuridico volto a sostenere che le due famiglie di Adinolfi o quella della Miriano valgano di più ed abbiano più tutele di famiglie equivalenti formate da persone dello stesso sesso.
Ora pare che i vescovi vogliono che i figli dei gay valgano meno dei figli degli eterosessuali e che non possano avere tutele né garanzie qualora dovesse capitare qualcosa ad un loro genitore (contrariamente a casi analoghi in cui una legge del 1983 garantisce la stepchild adoption alle coppie etero)
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