Secondo l'Ordine dei giornalisti, chi scrive per Avvenire è legittimato a dire che i gay possano essere "curati" dagli psicologi
Il tutto ha avuto inizio il 15 gennaio 2015, quando un lungo articolo pubblicato da Luciano Moia su Avvenire prese le difese Paolo Zucconi, uno psicologo venne descritto come «vittima» di un provvedimento disciplinare per essere intervenuto in un forum ed aver suggerito che i gay possano «passare da una posizione di orientamento omosessuale verso pensieri e pratiche eterosessuali» attraverso le screditate terapie utilizzate quando l'omosessualità era ancora considerata una malattia. Da notare è come il codice deontologico professionale vieti espressamente ai professionisti qualsiasi "terapia" dell'omosessualità data la loro infondatezza scientifica e i rischi per la salute che possono comportare.
Eppure Avvenire ha elogiato la professionalità dell'uomo, lo ha descritto come un grande luminare, e non ha mancato di sostenere che alla luce dell'accaduto sia necessario rimettere in discussione le "terapie riparative" e le screditatissime ipotesi che vorrebbero l'omosessualità come «ferita originaria nella relazione con il padre».
L'articolo citava anche altri tre casi di psicologi condannati per aver contravvenuto alle norme deontologiche nel proporre fantomatiche "tearapie" che sarebbero dovute essere in grado di modificare l'orientamento sessuale di alcune vittime. Ed è a tal proposto che il giornalista scriveva:
Anche in quel caso la lobby seppe muoversi in modo scattante e compatto, con tutto l’armamentario deontologico –e ideologico– del caso. Perché l’intera questione, secondo quanto riferiscono gli specialisti che si sono occupati del tema, sembra fondata su un enorme equivoco. La 'terapia riparativa' non intende affatto 'riparare' l’omosessualità, come fingono di credere gli oltranzisti della sessualità gaia e felice. Ma occuparsi invece di 'riparare' la ferita originaria nella relazione con il padre che, secondo alcuni studiosi, sarebbe all'origine dei disturbi dell’identità sessuale. Tesi discutibile? Benissimo, se ne discuta, si aprano dibattiti, si dia la parola ai sostenitori dell’una e dell’altra posizione. Invece nel 2010, una delibera dell’ordine nazionale degli psicologi, ha vietato sic et simpliciter qualsiasi ricorso alla 'terapia riparativa', con un sillogismo che –a parere di non pochi psicologi– traccia una premessa e arriva a dettare una conclusione apodittica senza dimostrare nulla.
Da notare è come non venga citato mai alcuno studio o alcun nome, ma si ricorra sempre a frasi come «gli specialisti» o «non pochi psicologi». Si afferma anche che i gay non possano essere "curati" a causa di una non meglio precisata «lobby» che avrebbe impedito ai gay di poter "diventare" eterosessuali così come il giornalista li avrebbe preferiti.
Non pago di ciò, l'articolo aggiungeva:
Quando c’è in campo la soggettività della psiche –osservano gli specialisti– non può esistere un 'pensiero unico' e occorre chiedersi allo stesso tempo a quale scientificità si fa riferimento quando si parla di scienze umane. Come è possibile parlare di scientificità in campo psicologico per esempio, quando ci sono non pochi medici che rifiutano di considerare 'scientifica' la psicoterapia? Domande legittime di fronte a un provvedimento come quello inflitto a Paolo Zucconi. Ma anche in riferimento al dibattito, tutto ideologico, scatenatosi in occasione del convegno sulla famiglia promosso dalla Regione. La vicenda dello psicologo 'punito' forse ci aiuta a comprendere meglio quale sia il 'pensiero unico' che soffia sul fuoco di certe questioni e pretende di imporre una visione che è vietato discutere, se non a rischio di finire sul banco degli accusati.
Insomma, nella scienza tutto dovrebbe essere sempre rimesso in discussione o si sarebbe dinnanzi ad un «pensiero unico». Una simile tesi, attribuita a non meglio precisati «esperti», ci legittimerebbe nel mettere in discussione tutto. Chiunque potrebbe scegliere se considerare malati i mancini o a chiedersi se non sia il caso di tornare a bruciare vive le persone con i capelli rossi. Insomma, se l'evidenza scientifica non avesse valore, tutti potrebbero dire tutto. E la scienza sul tema è stata chiara: le fantomatiche "terapie riparative" sono una bufala che rischia di portare alla depressione o al suicidio chiunque vi si sottoponga.
Com'era prevedibile, parole simili non sono piaciute a molti e c'è chi ha fatto ricorso all'Ordine dei giornalisti per segnalare un articolo che metteva a repentaglio la vita stessa di alcune persone gay, peraltro sulla base di quelli che appaiono meri pregiudizi spacciati per scienza.
Il 21 dicembre 2015 il Consiglio disciplinare territoriale dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia ha esaminato il caso e ha deciso di archiviare il tutto. Nelle motivazioni, sostengono che:
L'articolista prende posizione con l'articolo "Risponde su gay e terapie, psicologo condannato" su una sanzione comminata dal Consiglio dell'ordine degli psicologi della Lombardia allo psicologo Paolo Zucconi, esprimendo un suo personale giudizio sull'intera vicenda, riportando anche il racconto del professionista sanzionato.
Ad avviso di questo Consiglio di Disciplina Territoriale un giudizio, espresso chiaramente come tale, non può essere censurato in sede deontologica. Peraltro l'articolo non è apparso su una pubblicazione tecnica, bensì per un giornale (Avvenire) di cui è chiaro noto l'orientamento, percepibile dal lettore.
Per questo motivo, questo Consiglio di Disciplina Territoriale dispone l'archiviazione della segnalazione a carico di Luciano Moia, non ravvisando nei fatti esposti alcuna violazione di norme deontologiche.
Una simile posizione lascia sbigottiti. C'è da chiedersi come si possa ritenere un «personale giudizio» ciò che viene messo in bocca a non meglio precisati «esperti» e, allo stesso modo, c'è da domandarsi si possa ritenere un «personale giudizio» una forma di propaganda del pregiudizio. Se così fosse, i giornali leghisti potrebbero dirsi poco certi che un colore della pelle diversa dalla loro possa essere un grave malattia o qualcun altro potrebbe invitare ad imporre ai bambini mancini l'uso della mano destra (nonostante si sappia che tale pratica ha creato danni permanenti nello sviluppo a milioni di persone).
Interessante è anche il passaggio in cui si sostiene che teorie mediche basata sul pregiudizio possano essere sostenute sui giornali generalisti e non su quelli scientifici, quando l'evidenza è che solo secondo caso ci troverà dinnanzi a gente sufficientemente preparata per poter facilmente comprendere di essere dinnanzi ad una bugia. Nel caso dei lettori di Avvenire, invece, è tangibile il rischio che qualcuno possa persino credere a quanto scritto e che magari decida i "curare" il figlio gay attraverso violenze psicologiche che rischiano di rovinare la sua salute psicofisica.