La Senatrice Petraglia: "Il ddl Cirinnà è una legge al ribasso che chiuderà il dibattito per molti anni"
Uno degli interventi più interessanti e realistici della discussione tenutasi oggi al Senato è quello della senatrice Alessia Petraglia, la quale lamenta come il ddl Cirinnà sia un compromesso al ribasso che rischia di fermare la reale uguaglianza fra i cittadini per anni. Riproponiamo integralmente il suo intervento in aula:
Signora Presidente, da molte settimane con toni più accesi, e da decenni con troppa poca attenzione da parte della politica, si discute nel Paese del disegno di legge sulle unioni civili.
Negli ultimi anni il Parlamento ha provato più volte a trattare il tema delle unioni civili, unioni di fatto e convivenze, con la presentazione di diversi progetti di legge che non sono stati mai approvati e spesso neanche discussi. Tutte le volte il Paese si è diviso tra presunti sostenitori della morale cattolica e laici, tra presunti tutori della famiglia più degli altri (ma sopratutto della famiglia degli altri) e in questo modo le proposte di legge si sono arenate. Si tratta di una responsabilità che grava sulle spalle non soltanto dei parlamentari che si sono alternati, ma di tutti coloro che in quegli anni hanno ricoperto alti incarichi politici ed istituzionali anche in giovane età.
Si tratta di un rischio naturalmente ben presente anche questa volta: dopo che si sono sfidate le piazze e i numeri, spetta ora al Parlamento, a partire dal Senato, fare il proprio lavoro. Il lavoro è semplice: si tratta di estendere i diritti, così come previsto dalla Costituzione. L'Assemblea Costituente fu molto lungimirante perché, con il combinato disposto degli articoli 2, 3 e 29 della Costituzione, ha lasciato aperta la strada all'estensione di diritti per tutti in un Paese che, negli anni seguenti, si sarebbe trovato dinanzi a profonde trasformazioni economiche, sociali e culturali e che avrebbe finalmente consentito di vivere liberamente le relazioni d'amore, scegliere, non vergognarsi e non doversi nascondere. Questa è stata la storia di libertà che abbiamo visto in Italia fin dalle tappe importanti del divorzio e dell'aborto. È questo che intendiamo quando parliamo di libertà di scelta: estendere i diritti per garantire la libertà di scelta ed ampliare la sfera dei diritti per ampliare le garanzie per tutti.
Il tema di cui dovremmo parlare non è se si possono riconoscere come famiglie anche quelle realizzate tra persone dello stesso sesso perché, mentre noi discutiamo, nella realtà loro sono già famiglia, così come lo sono tutte le coppie eterosessuali che scelgono di non sposarsi.
Il tema di cui vorremmo davvero discutere è quali politiche di welfare a sostegno delle famiglie dovremmo portare avanti, atteso che oggi, come abbiamo denunciato nella discussione sulla legge di stabilità, non ci sono risorse adeguate e azioni a sostegno del welfare familiare. Stiamo parlando del sostegno alla maternità; di poter utilizzare i congedi di maternità e paternità senza che il datore di lavoro faccia notarne l'abuso, di asili nido e scuole dell'infanzia statali per tutti, di garanzia per il diritto allo studio, di tutela della maternità nei luoghi di lavoro, di conciliazione dei tempi, di tempo libero per prendersi cura di adulti a carico; di deduzioni e vantaggi fiscali per le famiglie; di prestazioni di sicurezza sociale per categorie; di sostegno alla genitorialità, di reddito minimo.
Si tratta di un elenco che potrebbe essere infinito. Invece preferiamo affrontare un dibattito di retroguardia per niente in linea con l'Europa, proprio con quell'Europa che invochiamo sempre come punto di riferimento per le politiche economiche e di austerity e mai sul piano dei diritti.
In Italia, non soltanto sembriamo vivere nel passato, ma abbiamo spostato il dibattito ad anni ed anni indietro. Vorrei ricordare infatti che in discussione non c'è solo il riconoscimento delle famiglie con genitori dello stesso sesso, ma la possibilità, per coloro che lo scelgono, di sposarsi. Questa è infatti la richiesta maggiore che viene posta da tutto il mondo LGTBQ. Non è un caso che la discussione è sempre stata tra matrimonio gay e unioni di fatto o unioni civili per tutti. Non è un caso che ad esempio noi di SEL abbiamo depositato all'inizio della presente legislatura proposte di legge ben distinte. Allora cosa è accaduto? È accaduto che il PD si è assunto la responsabilità di proporre un testo che cancella il matrimonio tra persone dello stesso sesso, introduce le unioni civili e poi le convivenze; una scelta che è stata presentata come frutto di una mediazione e vorremmo capire con chi questa mediazione sia stata fatta. Non certo con la propria maggioranza, perché da quello che vediamo e ascoltiamo non ci sembra sia un testo condiviso da tutta la maggioranza; non certo con le associazioni di riferimento perché le loro richieste sono ben più ampie. Abbiamo una risposta, ed è semplice: la proposta di Renzi nei 100 punti della Leopolda 2012.
Questo disegno di legge, che noi di SEL consideriamo un testo al ribasso, il minimo minimo che si possa presentare, è la proposta ufficiale che il PD offre al Paese, perché, come ci ha detto la relatrice poco fa, è stata abbastanza mediata. Così, il testo di legge presentato come il faro dei diritti civili in Italia, altro non è che un compromesso a ribasso per provare a tenere insieme la necessità del Presidente del Consiglio di annoverare tra il suo pacchetto di riforme anche quella dei diritti civili (già ora sentiamo echeggiare i fan: «È l'unico che ci sia riuscito»), la sua visione sui matrimoni e il cattolicesimo ordinante in questo Paese.
È la seconda parte della legge infatti, dall'articolo 11 in poi, che disciplina le convivenze, quella di cui nessuno parla mai, a rivelare come invece la lettura che la maggioranza fa dell'articolo 29 della Costituzione sia una garanzia affinché le unioni civili non saranno mai equiparate al matrimonio. Le coppie eterosessuali possono contrarre un contratto di convivenza con atto pubblico da un notaio per disciplinare i rapporti patrimoniali o per la reciproca assistenza; devono effettuarlo in forma scritta e autografa, oppure, in caso di impossibilità di redigerla, alla presenza di un testimone. Siamo dunque di fronte ad un'interpretazione restrittiva dell'articolo 29 della Costituzione, avvalorando l'idea che le famiglie naturali siano solo quelle costituite da coloro che decidono di sposarsi. Noi diamo altra lettura: quando nella Costituzione si parla di famiglia naturale, i Costituenti non pensavano al genere uomo donna, ma alla naturalità con cui amore, affetto, solidarietà reciproca, stima, rispetto, figli costituiscono una famiglia naturale.
Questo parlare solo della stepchild adoption, un diritto irrinunciabile per un Paese civile, è un po' come provare ad allontanare l'attenzione dal testo nel suo complesso. Il problema non è capire quali effetti potranno verificarsi sui bambini cresciuti in una famiglia con genitori di uno stesso sesso, perché questi studi esistono già. Forse volete dirci che non avete mai conosciuto alcuno che negli anni abbia vissuto solo con figure di riferimento femminili o solo con figure maschili? Volete negare che per anni intere famiglie naturali abbiano avuto solo una figura di riferimento per la crescita dei figli?
Per crescere non contano i generi di riferimento, ma la qualità della cura, dell'amore, dell'attenzione verso i figli. Si pone forse il problema dell'utero in affitto? Questa legge non ne parla nemmeno. Sarebbe stato invece interessante parlare di adozioni, anche per coppie di genitori dello stesso. Anche in questo caso, per la memoria un po' corta di tanti, vorrei ricordare che anche questa maggioranza ha bocciato, non poco tempo fa, un emendamento che provava ad introdurlo. Nemmeno di questo, però, si occupa il testo in esame.
L'estensione e il riconoscimento di un diritto riguardano tutto il Parlamento e non una sola parte o la sola maggioranza, che, tra l'altro, ricordo non avrebbe nemmeno i numeri per approvare la legge. Per questo siamo molto preoccupati dai messaggi subliminali che iniziamo a ricevere, per cui il testo, anche se modificato in peggio - penso alla famosa formula dell'affido rafforzato - andrebbe comunque approvato, altrimenti si ferma la strada delle riforme dei diritti civili, così come è accaduto negli ultimi anni. Vogliamo dire, però, che sui diritti civili non si può scherzare, non si può fare campagna elettorale e non si possono fare forzature, utilizzando la propaganda di Stato. Sui diritti civili abbiamo tutti il dovere di guardare lontano. Deve essere chiaro a tutti coloro che stanno seguendo questa discussione, dentro e fuori le Aule parlamentari, che non è vero che questa legge, se approvata, sarà solo il primo passo, cui potranno poi seguire, nei prossimi anni, estensioni o miglioramenti. Dobbiamo essere consapevoli e onesti, dicendo a tutti che è realistico che questa discussione e la sua qualità chiuderanno la partita per molti anni: si tratta, infatti, di una partita che sarà difficile riaprire a breve. Saranno necessari molti altri anni perché si possa arrivare, anche in Italia, ad avere, per le coppie dello stesso sesso, il godimento pieno di diritti importanti, che esse meritano: oggi stiamo scegliendo di non riconoscere il matrimonio tra persone dello stesso sesso, né le unioni civili per tutti.
Per noi di SEL, per entrare nell'Europa laica e dei diritti, dovremmo precisamente fare questo: riconoscere i matrimoni tra due persone di qualunque genere e riconoscere le unioni civili per tutti coloro che scelgono di convivere. Questo è il senso dei nostri emendamenti e proveremo, nel dibattito di questi giorni, ad aprire un confronto laico e utile, perché vorremmo fare anche noi una buona legge.