Il Comune di Treviso patrocinerà il Pride (ma con pregiudizio)
Alla fine il Comune di Treviso ha deciso di concedere il suo patrocinio al gay Pride cittadino. Ma quella che dovrebbe essere una buona notizia, appare offuscata dall'alone di intolleranza che ha accompagnato (e continua ad accompagnare) la vicenda.
Innanzi tutto alla cittadinanza è stato lanciato un chiaro segnale a sostegno dell'omofobia, mostrando come siano bastati cinque minuti a patrocinare il comizio anti-gay di Gandolfini e ci sia stato un vero e proprio travaglio per concedere il medesimo sostegno al pride. L'uomo della strada potrà facilmente concludere che l'omofobia vada bene e sia auspicabile, mentre la rivendicazione al diritto di esistenza dei gay sia invece un qualcosa che possa tranquillamente essere messa in discussione.
Non meno grave è come nel Comune abbia tenuto banco la discussione riguardante il durissimo attacco che la curia ha riservato alla manifestazione, sottolineando come l'Italia sia laica solo sulla carta: se la Chiesa non vuole il riconoscimento dei diritti civili dei gay, allora anche le istituzioni devono opporsi.
Anche finale non è tra i più esaltanti, dato che il patrocinio prevederà delle condizioni. La giunta è infatti al lavoro per creare un lungo preambolo in cui si imporrà sobrietà alla manifestazione.
A questo punto viene da notare da che pulpito arrivi la predica. Ad insinuare la mancanza di sobrietà nei pride c'è da sempre la Lega Nord, ossia quella gente che se ne va in giro con ampolle riempite con l'acqua del Po mentre organizza manifestazioni in cui la gente si presenta con elmi e corna in abiti alla Braveheart. Lamentele arrivano anche dalla Chiesa, ossia da quell'organizzazione che porta a spasso dei cadaveri per Roma o che invita i bambini ad assistere alla parata di persone (da loro chiamati "penitenti") che si provocano lesioni volontarie nella convinzione che il dolore possa far piacere a Dio.
Ecco, dinnanzi alle lamentele di questa gente giunge un provvedimento basato sul pregiudizio. Chiunque abbia assisto ad un pride saprà come le parate italiane siano già contraddistinte da una certa sobrietà. E nonostante i fotografi si premurino sempre di immortalare i personaggi più pittoreschi, caso vuole quel materiale non compare mai sui siti di propaganda omofoba perché evidentemente ritenuti troppo poco eccentrici per poter creare pregiudizio. Non a caso le critiche giungono sempre in virtù di immagini scattate altrove, spesso con immagini che nessuno sa dove e quando siano state scattate (in alcuni casi le si è anche potute ricondurre a ben altre manifestazioni).
In alcuni casi si pubblicano immagini provenienti dal Brasile, dimenticandosi di come il carnevale brasiliano sia molto più libertino di quegli eventi. Oppure si mostra il gruppo nudista canadese, anche qui dimenticando di precisare che quell'associazione naturalista (in prevalenza eterosessuale) partecipa a tutti gli eventi della nazione. Il fatto che i membri gay partecipino al pride non significa nulla, se non che qualcuno cerca di attribuire all'omosessualità una tradizione canadese che è presente anche in tutti gli altri eventi nazionali. Magari la si potrà anche contestare, ma almeno la si dovrebbe contestualizzare in modo corretto senza attribuirla solo ad una parte con evidenti scopi propagandistici.
Eppure il Comune di Treviso pare aver preso per buona quella fantasiose ricostruzioni, nonostante ci volesse ben poco a smascherare la bufala. In tutti quegli scatti si nota chiaramente come ci sia una serie di persone che marcia fra due cordoni di persone accorse a guardare la parata, ma in Italia il pride non si svolge così. Qui da noi la modalità è quella di ogni altra manifestazione: si parte da un luogo e si raggiunge un altro luogo dove spesso c'è un comizio finale (esattamente come accade per la manifestazioni della Cisl o le processioni religiose). Qualunque immagine non mostri delle persone che marciano compatte è un evidente falso proveniente da un qualche Paese straniero, generalmente dalle Americhe.
Un'amministrazione che deve rappresentare anche i gay e che non verifica le fonti di ciò che viene propinato loro è un segno di grave debolezza da parte delle istituzioni. Ancor più se l'evidenza è che la decisione sia stata presa sulla scia del sentito dire, dato che qualunque esperienza diretta avrebbe sicuramente portato ad accantonare precisazioni inutili che rischiano solo di alimentare una bugia dell'integralismo cattolico.
E questo senza entrare nel dettaglio di come certi paletti paiono violare i diritti fondamentali della libertà di manifestazione di espressione.