I giuristi "cattolici" sono già alla ricerca di cavilli che permettano l'umiliazione delle unioni gay


All'interno della sua incessante attività di propaganda dell'omofobia e di istigazione alla violenza, Le Nuova Bussola Quotidiana torna a a fare terrorismo con un vergognoso articolo intitolato "5 giugno 2016: fine della famiglia naturale in Italia La Cirinnà entra in vigore, proibita l’obiezione".
Come sempre accade, per comprendere il significato di tale affermazione è necessario conoscere la neolingua integralista, volta a sostenere che «naturale» sia sinonimo di «eterosessuale» in quella formulazione per cui la naturale unioni fra persone che hanno una naturale variante dell'orientamento sessuale debbano essere ritenute "innaturali" sulla base del loro pregiudizio. Nulla di diverso dalle teorie della razza formulate in epoca nazista. Allo stesso modo, il riconoscimento dei diritti altrui è da rintenerirsi una «minaccia» perché metterebbe in dubbio la teoria per cui la razza ariana sia più meritevole di diritti per un diritto di nascita.

Il giornale integralista esordisce con l'affermare:

La legge n. 76/2016 c.d. Cirinnà entra in vigore oggi. Pone a carico dei Comuni precisi obblighi sia quanto al rito di avvio dell’unione civile sia quanto alla trascrizione nei registri dello stato civile dei matrimoni same sex contratti all’estero. Stabilisce infatti, ai commi 2 e 3 dell’articolo unico, che «due persone maggiorenni dello stesso sesso costituiscono un’unione civile mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni», e che «l’ufficiale di stato civile provvede alla registrazione degli atti di unione civile tra persone dello stesso sesso nell’archivio dello stato civile».

Ma dato che la priorità dei sedicenti "cattolici" è quella di cercare di impedire la piena realizzazione della vita altrui. Ma appare gravissimo come a supportare tale violenza ci sia pure un giudice di Cassazione. La Nuova bussola Quotidiana scrive:

Che succede se un sindaco ritiene - come è - il regime dell’unione civile corrispondente in tutto e per tutto al regime dell’unione fra un uomo e una donna fondato sul matrimonio? Può rifiutare la celebrazione del il rito di avvio dell’unione? Che cosa potrà fare per evitare la trascrizione nei registri dello stato civile del matrimonio same sex contratto all’estero? Il Centro studi Livatino affronta la questione con un lungo e motivato documento, in larga parte redatto dal consigliere Giacomo Rocchi, giudice in Cassazione.

Ed è così si attribuisce la formulazione di teorie per cercare di negare pari dignità alle coppie formate da persone dello stesso sesso:

Nel documento si spiega analiticamente perché il sindaco non è obbligato a celebrare quelle unioni: può invece delegare altri soggetti. Il sindaco ha la duplice e concorrente qualità di ufficiale del governo e di ufficiale dello stato civile: in quanto tale è obbligato a ricevere le dichiarazioni delle persone dello stesso sesso che intendono costituire un'unione civile e a provvedere alla registrazione del relativo atto nell'archivio dello stato civile; e tuttavia nulla gli impedisce di delegare tale funzione ai dipendenti del Comune. Alla stregua della stessa logica, il delegato a sua volta vi può rinunciare per gravi e comprovati motivi. Se si ragiona in termini stretti di obiezione di coscienza - cioè del rapporto fra la coscienza del singolo tenuto a un comportamento e l’ordinamento che ne pretende l’adempimento -, il sindaco può delegare l’esercizio della funzione, ma non può bloccarne l’esercizio, quindi è comunque tenuto a garantirne lo svolgimento.
[...] Ovviamente, nulla impedisce al sindaco, se volesse dare seguito alle tesi di chi ha marcato la differenza fra unioni civili e matrimonio, di distinguere fra il ricevimento della dichiarazione (nel primo caso) e la celebrazione (nel secondo), e di individuare luoghi fisici diversi per la “celebrazione” e per la “dichiarazione”, proprio per valorizzare le differenze tra i due adempimenti. Immaginiamo però che un sindaco voglia andare oltre, che gli interessi sollevare la questione politica e istituzionale della mancata previsione dell’obiezione. In tal caso potrebbe giungere a non delegare un funzionario comunale e a rifiutare la ricezione delle dichiarazioni finalizzate alla costituzione dell'unione civile.

Precisato come si possa umiliare le coppie gay destinando le sale consiliari alle sole unioni civili e delegando la celebrazione delle unioni civili in luoghi meno dignitose (chissà, magari celebrandole nei cessi pubblici già che ci siamo), si arriva au auspicare che la violazione della legge possa portare ad introdurre una fantomatica "obiezione di coscienza" in grado di impedire le nozze e non solo di ostacolarle:

Gli effetti potrebbero essere due, non necessariamente alternativi: il Prefetto adotta l'atto in via sostituiva; gli interessati propongono un'azione giudiziaria, di fronte al Tar o al Tribunale ordinario. Nella sede giudiziaria il sindaco eccepirà l'incostituzionalità della legge n.76 del 2016, nella parte in cui non prevede l'obiezione di coscienza. Al di là degli effetti che avrebbe, la seconda opzione solleverebbe il caso e aprirebbe un dibattito politico sul diritto di rifiutare il compimento di atti contrari alla propria coscienza.
Ma immaginiamo che il sindaco intenda manifestare al massimo il suo dissenso: convinto che le funzioni attribuite al Comune dalla legge n. 76 siano così incompatibili con la propria coscienza, rassegna le dimissioni, sostenendo che, come sindaco, egli in un modo o nell'altro contribuirà pur sempre all’esercizio di quelle funzioni. Entrambe le scelte -ulteriori alla semplice delega a un funzionario- non possono dirsi propriamente di obiezione di coscienza; si collocano nel campo delle iniziative di contrarietà politica verso la legge.

Il signor Alfredo Mantovano, autore di queste teorie, risulta un vice-ministro del Pdl, un esponente di Alleanza cattolica e uno dei relatori al Family day. Già nel 2012 fi un prima linea nel reinterpretare in chiave anti-gay la sentenza della Cassazione, lanciando accuse verso «i vari esponenti della lobby gay» accusati di provare «tanta gaia esultanza» dinnanzi a quella che secondo lui sarebbe stata una sentenza ceh non ha cambiato nulla. La sua teoria è che il riferimento ad un "trattamento omogeneo" stesse ad indicare che il trattamento non dovesse essere «identico, fra coppia di conviventi e coppia coniugata, senza che vi sia bisogno di alcun pacs o di alcun dico». Insomma, la coppia eterosessuale dovrebbe godere di vantaggi esclusivi mentre i gay dovrebbero essere paragonati a due conviventi che non hanno diritto ad alcun riconoscimento perché poco graditi all'integralismo cattolico.
1 commento