È dalle pagine di Tempi, Rodolfo Casadei prova "comprensione" per il killer di Orlando
È dalle pagine di Tempi che Rodolfo Casadei si lancia nel sostenere che «la strage del Pulse di Orlando, “the hottest gay bar” della cittadina della Florida, come dichiara il suo sito internet, non è che l’ultimo episodio di una trama consolidata». Offesa la memoria delle vittime e derisa la natura del locale, si passa a sostenere che la "colpa" dell'attentato sia di chi stava in una discoteca. Anzi, più propriamente pare che problema di Casadei sia il fatto che quei ragazzi si stessero divenendo: se se ne fossero stati a casa a recitare il rosario, probabilmente non gli sarebbe capitato nulla.
In un articolo intitolato "Orlando: strage per mancato godimento", l'uomo afferma:
Da sempre spettacoli e giochi sono strumento di legittimazione del potere politico ed espressioni di un’egemonia culturale. Che il consenso e la sottomissione della plebe si possano ottenere elargendo “panem et circenses” lo scriveva già Giovenale 1.900 anni fa. Oggi però la riduzione della vita a gioco, la celebrazione nichilistica del qui e ora come orizzonti ultimi della vita non sono più solo uno strumento di controllo delle masse da parte di chi detiene il potere, ma l’essenza stessa del nuovo tipo di uomo che la postmodernità occidentale ha prodotto, della mutazione antropologica che, secondo Philippe Muray, ha dato origine a Festivus Festivus, cioè alla trasformazione dell’homo sapiens in un uomo senza memoria, totalmente immanente, nel quale la dualità maschio-femmina è abolita, infantilizzato, che cerca solo emozioni perché esse intrattengono in lui l’illusione di avere un’individualità e di essere autonomo [...] Gente come Omar Mateen o come Salah Abdeslam (l’unico terrorista di Parigi sopravvissuto) non hanno guardato da fuori i sollazzi della vita occidentale, ci sono cresciuti dentro, ne hanno fruito direttamente. Sapevano cosa si prova a ubriacarsi, ascoltare musica a tutto volume, agitarsi insieme a migliaia di persone a un concerto, farsi una canna, avere rapporti sessuali occasionali con persone dell’altro sesso o del proprio. Sapevano anche, più tranquillamente, cosa significa gustare delizie a un ristorante, prendere il sole sulla spiaggia o sentirsi scorrere l’acqua del mare o di una piscina sulla pelle, giocare con la playstation o con uno skateboard. Tutto questo, a quanto pare, non li ha soddisfatti. La promessa di godimento a sazietà, per quanto li riguarda, non è stata mantenuta. Da qui rabbia, disprezzo e l’invidia che genera risentimento. Invidia nei confronti di coloro che sembrano appagati del piacere offerto dalla società dei consumi e del permissivismo, di quelli che “chi si accontenta gode”. Mentre la loro esperienza è contrassegnata dall’insoddisfazione esistenziale non tanto alla Albert Camus, quanto alla Mick Jagger: I can’t get no satisfaction.
Preoccupandosi sempre di sostenere che la colpa sia dei mussulmani, si passa poi ad assolvere parzialmente chi ha compiuto tali attentati:
Già, ma perché questi immigrati musulmani di seconda generazione (e come loro altri giovani che musulmani non sono: si pensi ai protagonisti dei ricorrenti massacri all’interno di scuole americane, anglosassoni o discendenti di immigrati ebraici come nel caso dei due killer della Columbine High School) non provano soddisfazione nel poter godere delle libertà della società festiva, consumista e sessualmente liberata americana o belga o francese? Perché la festa senza fine di oggi non è la festa di ieri, non è la festa dei loro padri e dei loro nonni – dei nostri padri e dei nostri nonni. È festa senza memoria, senza legami sociali, senza comunità storica. È festa che simula il legame, la comunità, l’appartenenza. Non è l’espressione di qualcosa che c’è già, che è stato trasmesso dai padri, è stato ricevuto ed è stato fatto proprio. È ricerca dell’emozione momentanea, intermittente, frutto di un’affinità estrinseca. Quella che c’è fra persone che tifano per la stessa squadra, che adorano la stessa band, che condividono la stessa preferenza sessuale. Ma i godimenti che nascono da questo tipo di appartenenza sono per loro propria natura effimeri e sfuggenti. È questa natura effimera del piacere che provoca ribellione, esistenziale e politica, fino alla violenza stragista. Una forma di ribellione che fa pensare subito al disagio psichico individuale, che ovviamente c’è ed è palese, ma non di meno ha un contenuto e delle motivazioni politiche evidenti, perché dietro alle patologie psichiche dei singoli nella società individualista ci sono precise responsabilità politiche.
Casadei sostiene poi che:
Sul piano personale, la delusione per le promesse non mantenute della festa consumista e permissiva è devastante in chi, come gli immigrati di seconda generazione, è stato separato alla nascita dall’ethos comunitario e gerarchico dei genitori e dei nonni per essere allevato secondo il credo individualista della mobilità sociale e dell’insubordinazione generazionale. Come spiega Le Goff, «questo modo di fare festa è diventato uno stile di vita. L’individuo isolato e stressato può non soltanto dimenticare il vuoto e le costrizioni della vita moderna, ma anche dimenticare se stesso, distrarsi o sballarsi con la musica assordante e/o l’assunzione di diverse sostanze, fondersi all’interno di un gruppo per un tempo stabilito, prima di ritrovare la strada di una vita sociale indigente e inoperosa. Le feste del nuovo mondo mirano a una grande mescolanza fusionale».
Ma per il figlio di immigrati, che è il primo della sua discendenza a fare l’esperienza dell’autonomia individuale, è totalmente impossibile dimenticare se stesso. Gli è stata tolta l’appartenenza alla comunità nella continuità fra le generazioni in cambio dell’autonomia e del libero arbitrio dell’individuo, ed ecco che gli si chiede di privarsi dell’individualità appena scoperta per la fusione nell’anonimato emotivo del gruppo. Gli avevano promesso l’individualità e l’autonomia, si ritrova dentro a un’appartenenza fittizia mille volte più povera dell’appartenenza a un ordine gerarchicamente fondato, dove la persona è debitrice a Dio e alla sua famiglia, nel quale era nato e al quale è stato strappato. Succede che qualcuno dia lucidamente di matto, e che agiti la bandiera verde dell’islam politico sul sangue che va spargendo.
L'articolo pare dunque cadere nelle solite generalizzazioni con cui l'integralismo condanna il presente ed esalta il passato, magari sostenendo che l'allontanamento dalla religione (ovviamente cattolica) sia la causa di tutti i mali. Si ignora volutamente come l'assassino del Pulse abbia manifestato odio versi i gay e non ci si preoccupa di domandarsi come alcuni giornali cattolici lavorino assiduamente per creare un odio che non è certo motivato dall'odio verso il divertimento ma da un odio verso qualunque natura differisca dalla propria.
Interessante è poi osservare come i giornali "cristiani" tendano ad avere "comprensione" verso chi commette atti violenti di matrice religiosa quasi come se si sostenesse che in fondo quei killer sono stati provocati da chi ha osato contrastare la loro presunta "morale religiosa".
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