Celebrata la prima unione civile a Varese
Lo scorso giugno è stata La Prealpina a concedere ampio spazio alla propaganda di Gianfranco Amato, il quale non aveva esitato a lanciarsi in discorsi ideologici volto a sostenere che le unioni civili non servissero perché a Varese non si era ancora sposato nessuno. Ovviamente il leader integralista pare non si fosse premurato di notare che senza decreti attuativi quelle unioni non si sarebbero potute svolgere, ma il suo inganno diventa ancor più evidente a fronte della prima unione che lui avrebbe voluto impedire per legge sostenendo che nessuno ne avesse realmente bisogno.
Ed è così che anche Varese ha assistito alla sua prima unione civile, celebrata in ospedale tra due donne che non avevano certo tempo da perdere dinnanzi ai piagnistei di chi si è strenuamente battuto per tardare il riconoscimento dei loro diritti. Perché quando Amato si autoproclama messaggero di Dio e va in giro a spergiurare nel dome di Dio che quelle due donne non esistono, quello che si ottiene è un odio tangibile e palpabile. La sua non era una richiesta per costruire qualcosa, ma un atto violento volto a negare ad una donna malata il suo diritto a potersene andare all'altro mondo nella tranquillità di chi sa che potrà lasciare qualcosa alla compagna, contro quell'ottica promossa da Amato che vede tale diritto riservato ai soli eterosessuali.
Eppure l'amore ha vinto ed hanno vinto i diritti. La cerimonia è stata celebrata all’Ospedale di Circolo ed una delle due sposa è gravemente malata. Questo è il motivo per cui hanno preferito evitare il clamore mediatico, pur mostrando come i diritti sono vitali per alcune persone di cui l'integralismo nega persino l'esistenza.