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Ecco cosa raccontava un articolo sull'omosessualità pubblicato da Panorama nel 1964

È dall'archivio di Wikipink che ci giunge testimonianza di un articolo sull'omosessualità pubblicato da Panorama nel lontano 1964.
Il documento appare interessante perché permette di delineare quella che era la percezione sul tema mezzo secolo fa. Peraltro p difficile non notare che, indipendentemente dall'uso di termini spesso sgradevoli, è fra quelle righe che si percepisce un'apertura che appare maggiore di quella che oggigiorno si respira nei gruppi integralisti legati ai vari Gandolini, Brandi o Amato.

Nell'incipit dell'articolo si sosteneva che:

In qualche caso, come a San Francisco o in altre città d'America, assumono la stessa divisa dei giovani «duri», si mettono il giaccone di pelle nera, e si propongono come modelli di una sprezzante, ribelle, autentica virilità. Più in generale, si può dire che essi tendono a perdere la loro tradizionale reticenza, il pudore o la vergogna del loro comportamento, e a considerarlo un comportamento legittimo, sia come espressione della loro libertà privata, sia come fenomeno naturalistico che, per il solo fatto di esistere, ha piena cittadinanza nel regno della natura e deve averla nella società dell'uomo. Una tipica conseguenza di questo nuovo atteggiamento è il fatto che gli omosessuali, in varie parti del mondo, hanno incominciato a organizzarsi come una vera e propria minoranza che afferma i propri diritti e il proprio modo di pensare e di vivere: hanno i loro cabarets, i loro clubs, le loro organizzazioni nazionali e internazionali, le loro pubblicazioni. Ed è anche un problema, preoccupante per la società, e molto spesso angoscioso per l'individuo. Un problema velato di miti e di ignoranza, che va impostato chiaramente, non per proporre o accettare una qualsiasi soluzione, ma soprattutto per capirlo.

Insomma, i gay erano visto come un qualcosa di "diverso" ma già si ammetteva come il rifiuto spesso dipendesse dall'ignoranza e dal pregiudizio.

Anche ai tempi era immancabile la ricerca statistica sui numeri:

Nell'attirare così l'attenzione su se stessi e nel mettere il campo a rumore, gli omosessuali possono aver creato l'impressione che il loro numero sia aumento. Può darsi che questo sia vero, ma non è possibile dimostrarlo. Tutte le inchieste più recenti sull'argomento, con la sola eccezione del famoso rapporto Kinsey, lamentano un'estrema scarsezza di diti statistici. Secondo il rapporto Kinsey, limitato al territorio degli Stati Uniti, il 4 per cento sei maschi adulti bianchi sono omosessuali. Questo dato si riferisce alle persone che hanno un comportamento esclusivamente omosessuale, ed è l'unico paragonabile ai dati raccolti in altri paesi. Ma il rapporto Kinsey va più a fondo, stabilendo che un altro 10 per cento ha praticato l'omosessualità per un lungo periodo (almeno tre anni), e che, inoltre, il 37 per cento dei maschi adulti bianchi ha avuto almeno un'esperienza omosessuale fisicamente completa nel corso della vita.

L'evidenza che la maggior visibilità possa far percepire l'omosessualità come un fenomeno in aumento era chiaro nel 1964 anche se pare un dato sconosciuto a quegli integralisti che nel 2016 cercano di sostenere che i gay posano "propagandare" l'orientamento sessuale. Ma non solo, anche i numeri sottostimati del rapporto Kinsey paiono superare le stime che alcuni integralisti oggi propinano per sostenere che i gay siano pochi e che, per motivi non meglio precisati, non meritino diritti in virtù dell'essere minoranza.

In un'epoca in cui l'omosessualità era considerata ancora una malattia, l'articolo prova a valutare le fantomatiche "terapie" che avrebbero dovuto rendere eterosessuali i gay. E già allora si aveva l'evidenza di come tali procedure non avevano alcuna validità, notando anche come la voglia di "cambiare" derivasse principalmente dalla discriminazione subita. Anzi, la negazione di una famiglia e i presunti dogmi cattolici erano fra le principali cause di malessere per chi non si accettava come gay. Il tutto con associazioni che nel 2016 carcerano ancora di alimentare quel malessere cercando di convincere i genitori a sottoporre i figli minorenni a vere e proprie torture psicologhe che rischiano di creare le condizioni di disagio descritte nell'articolo:

Spesso l'accettazione della propria anomalia è un atteggiamento proprio dell'età matura, raggiunto attraverso conflitti che durano per tutta la giovinezza. Molte fra le persone intervistate da G. Westwood (op. cit.), ed esattamente il 54 per cento, dichiarano di aver «preso almeno una volta, nella vita, la decisione di smettere qualsiasi attività omosessuale. Gli effetti di questa decisione variavano da un'astinenza durata pochi giorni a un'astinenza durata molti anni». Non dissimili sono le percentuali di quelli che hanno cercato aiuto nella religione (61 per cento), o che hanno «lottato contro se stessi» (50 per cento), o che hanno passato periodi di «sofferenze, rimorso, ripugnanza per la propria abitudine» (52 per cento). In generale, si può affermare che quasi tutti gli interrogati non si sono rassegnati al fatto di essere omosessuali senza passare attraverso un periodo, più o meno lungo e intenso di contrasti interiori. La maggioranza, però, si è rassegnata. Al momento dell'intervista, il 59 per cento degli interrogati non aveva più alcun desiderio di cambiare le proprie tendenze omosessuali, e un altro 29 per cento s'era comunque rassegnato ad averle e a soddisfarle, senza più farsene un cruccio. Solo il 12 per cento continuava a vivere in uno stato di conflitto interiore. Un altro interessante risultato statistico è stato raggiunto in Germania dal dottor Han Giese. Secondo i suoi dati, la percentuale di coloro che si sottoporrebbero a cure mediche per diventare normali è del 36 per cento, così suddivisi secondo lo scopo: il 15 per cento per desiderio di farsi una famiglia e di avere dei figli, il 13 per cento per avere la pace interiore e la soluzione dei propri conflitti psicologici, e il resto per ragioni di carattere morale, religioso, per non essere «contro natura», e così via. (H. Giese, Der homosexuelle Mann in der Welt, Stuttgart, 1964).

L'articolo passa poi a notare l'ovvio, ossia che quelle "cure" non esistevano e che l'atteggiamento di disagio nasceva principalmente da una mancanza di aiuto e di modelli:

Ma vediamo in pratica che cosa si nasconde dietro queste cifre, come avviene in realtà l'adattamento di un omosessuale alla propria anomalia. Per ciò che riguarda i giovani, il fatto più rilevante è che, nei loro primi tentativi di capire il problema, non trovano aiuto da nessuno. La documentazione raccolta da Westwood a questo proposito è impressionante e mette sotto accusa, in primo luogo, una parte della classe medica. Uno psichiatra, per tutta cura, consiglia al suo paziente di sedurre la ragazza della porta accanto. Un medico tenta di approfittare della situazione, essendo omosessuale anche lui. Un altro dice: «Tirati su le maniche, trovati una bella ragazza e sposati», un altro consiglia addirittura di disegnare donne nude su un foglio di carta. Citiamo per ultimo un episodio addirittura incredibile: « Disperato, dissi tutto a mio fratello, e lui lo disse a mia sorella, e insieme decidemmo di andare a trovare un nostro zio che è psichiatra. Mi disse che dovevo fa-re più ginnastica. Mi ridusse alle lacrime». In tutti questi casi, l'incomprensione umana e l'incompetenza scientifica non potrebbero essere più perfette. Non molto più brillanti, i preti e i genitori. Ecco le risposte di un prete: «Non è possibile che un ingegnere come Lei sia omosessuale. Solo gli artisti, gli attori e altra gente così è omosessuale». Ed ecco l'atteggiamento dei genitori: «Dissi a mio padre e a mia madre che ero omosessuale. Loro si limitarono a non credermi».

Particolarmente significativo è come l'articolo noti che l'equilibrio psichico veniva raggiunto quando i gay trovavano un compagni fisso con cui condividere la propria vita. Ed infatti già 52 anni fa si parlava della possibile introduzione del matrimonio omosessuale, attaccata da chi diceva: «L'idea di un matrimonio omosessuale di tipo romantico è assurda. Il grande vantaggio dell'omosessualità è la libertà che consente. Tradurla in termini di matrimonio e di fedeltà è volgare e borghese».
Insomma, la solita solfa di chi accusa i gay di essere promiscui per poi inneggiare alla libertà sessuale quando qualcuno chiede di poter avere una relazione stabile e monogama. Ed anche allora c'era l'evidenza di come questa negazione avesse effetti sulla vita delle persone:

In realtà, solo una minoranza di omosessuali riesce a stabilire relazioni di una certa durata, in genere non superiore ai quattro-cinque anni, anche se in rari casi vi sono relazioni che durano dieci anni e più. Kinsey scrive: «Le relazioni lunghe fra due maschi sono molto rare. Ma anche nel campo eterosessuale le relazioni lunghe sarebbero probabilmente più rare se non ci fossero convenzioni sociali o coercizioni legali a favore del matrimonio»

Si arrivava così a dire:

Che cos'è dunque l'omosessualità? Se è uno stato a cui è possibile adattarsi così perfettamente da consentire l'uso del linguaggio amoroso più banale, più mediocremente normale, senza sentirne nemmeno il ridicolo; se è uno stato a cui è possibile arrivare senza più conflitti interiori, con un'ottima capacità di lavoro e magari godendosi la vita, bisogna concludere che un simile stato non si può classificare facilmente fra le comuni nevrosi. La nevrosi è per definizione uno stato di disadattamento. L'omosessualità è uno stato che consente diversi gradi di adattamento, e che può essere vissuto, a quanto pare, sia in modo nevrotico che in modo notevolmente sereno ed equilibrato. Che cosa è dunque l'omosessualità? Secondo i risultati di un'inchiesta compiuta in Francia nel 1962, l'opinione pubblica è divisa in modo abbastanza regolare nel considerarla un vizio o una malattia o una semplice «diversità» di comportamento. Alla domanda se l'omosessualità è innata o acquisita, un terzo risponde che è innata, e due terzi che è acquisita (C. Allen et A. Berg, Les problèmes de l'homosexualité, Paris, 1962). In Italia non è mai stata fatta un'inchiesta del genere, ma è probabile che le opinioni del nostro pubblico non sarebbero molto diverse: sono risposte, infatti, che rispecchiano atteggia-menti mentali e tradizioni culturali facilmente riconoscibili e comuni ai due paesi.

Ecco, dunque, che quando gli integralisti si lanciano nel sostenere che l'omosessualità sia stata rimossa dalla lista delle malattie mentali senza una discussione, negano quelle conclusioni che anni prima venivano date per scontate (la votazione per alzata di mano, infatti, viene spacciata una "prova" di frode dagli integralisti ma in realtà venne scelta perché si trattava di approvare una soluzione largamente accettata e ormai data per scontata).

L'articolo passa poi a dare credito al alcuni pregiudizi che ancor oggi vengono sostenuti dai movimenti anti-gay, seppur intercalati con affermazioni che paiono metterli in dubbio:

L'opinione che definisce l'omosessualità come un vizio ha un'origine chiaramente moralistica. In effetti, anche l'eterosessualità può configurarsi come un vizio, se diventa libertinaggio: e nei gironi infernali di Dante trovano posto tanto i lussuriosi quanto i sodomiti. L'omosessualità, dà luogo a fenomeni criminali come la corruzione di minorenni, la prostituzione, il ricatto, a volte l'omicidio; ma gli stessi delitti si ritrovano nella sfera della sessualità normale. Inoltre, se per vizio si intende un comportamento sfrenato, incontrollato, che tende a ripetersi con frequenza, bisogna dire che gli omosessuali sono in genere più astinenti degli etero-sessuali. Secondo il rapporto Kinsey, il 25 per cento degli uomini adulti ha, in alcune fasi della vita, un'attività sessuale « molto frequente », cioè superiore ai 3-4 atti per settimana: ma solo il 6 per cento degli omosessuali raggiunge la stessa frequenza Paradossalmente, possiamo dunque affermare che essi sono più «virtuosi» degli uomini normali, se per virtù si intende la capacità di dominare i propri istinti. Ma a questo si obietta che il vizio sta proprio nella qualità degli istinti omosessuali, poiché si tratta di istinti «contro natura». Teniamo valida, per il momento, questa definizione. Abbiamo visto più sopra, attraverso alcune testimoniane, che quando un giovane scopre di avere degli istinti contro natura, passa un brutto momento. In generale, non è una piacevole scoperta. Spesso si rivolge per consiglio e per aiuto a coloro che posseggono una maggior conoscenza, o scientifica o religiosa, della natura umana; ai medici o agli ecclesiastici. Questi ultimi possono indirizzarlo, a volte con successo, verso la castità; ma non possono dargli istinti eterosessuali. I primi, invece, possono tentare di correggere i suoi stinti, finora senza molto successo. li uni e gli altri, insomma, si comportano come di fronte a una malattia; gli uomini di Chiesa per aiutare il malato a sopportarla con rassegnazione e con purezza di spirito, gli uomini di scienza per curarla. Sembra dunque evidente che il concetto di «vizio», nel senso di «istinto contro natura», equivale al concetto di «malattia». È solo un modo più incolto e più impietoso di dire la stessa cosa. Resta quindi da chiedersi soltanto se si tratti di una malattia vera e propria, e di quale malattia, o se si , tratti invece di un comportamento anomalo ma non patologico. Questa alternativa è di carattere prettamente scientifico, e tocca alla scienza pronunciarsi in proposito.

La risposta della scienza c'è stata, ma purtroppo c'è chi ha preferito ignorarla contro un'evidenza che pareva ben chiara già cinquant'anni fa. E già all'ora si osservava che:

Oggi, la questione se l'omosessualità sia innata o acquisita è oggetto di ricerche scientifiche particolari. Una prima osservazione importante, per capire il problema, ci viene fornita dalla zoologia: tutti i mammiferi hanno un'innata capacità di rispondere a qualsiasi genere di stimolo sessuale, e gli zoologi hanno osservato, o pro-vocato sperimentalmente, un comportamento omosessuale in quasi tutte le specie di questa classe di animali. Evidentemente, non esiste in natura un rapporto causale diretto Tra istinto sessuale e procreazione: si può dire, piuttosto, che esiste un rapporto causale di carattere probabilistico. In altri termini, l'istinto sessuale tende a soddisfarsi in qualsiasi modo, ma c'è un'alta probabilità statistica che ciò avvenga mediante l'unione di un maschio e di una femmina. Analogamente, dobbiamo ammettere che anche l'uomo ha in sé la capacità di rispondere ai più diversi stimoli sessuali: nell'uomo, però, il rapporto causale fra impulso sessuale e procreazione diventa più rigido, non a livello dell'istinto, ma a livello della coscienza. Diventa, cioè, una convinzione logica: una teoria sulla sessualità. Perciò l'uomo impara a orientare i propri istinti sessuali in modo funzionale per la procreazione. Quando, per motivi di carattere culturale, questa convinzione logica non viene acquisita, l'omosessualità viene considerata perfettamente normale: è ciò che avvenne nell'antica Grecia, ed è ciò che avviene in molte società primitive. Oltre metà delle 76 società primitive studiate da Ford e Beach (Patterns of Sexual Behaviour, Lon-don, 1952) accettano come normale questo tipo di comportamento. Ciò che è anormale, quindi, nel mondo civile contemporaneo, non è la «possibilità» di un comportamento omosessuale, ma la «preferenza» di questo comportamento, o addirittura la «impossibilità» di avere un comportamento diverso. Questo, in effetti, è il caso della maggioranza degli omosessuali, al giorno d'oggi. Il dottor Paul Gebhard, che ha preso il posto, di Kinsey nella direzione dell'Istituto per le Ricerche del Sesso, dichiara: «Quasi nessuno sceglie di diventare omosessuale. Più del 90 per cento lo diventano per l'unica, semplicissima ragione che non possono evitarlo».

Curioso è come quello che ogni giorno si trova scritto sulle pagine di ProVita paria provenire da quell'epoca remota, peraltro senza neppure essere condivisa già ai tempi. Spiega l'articolo:

La gaia società Il termine convenzionale con cui gli omosessuali definiscono se stessi, nel loro gergo, è «gay». Il loro mondo è chiamato «gay world », la « gaia società». Ma secondo il dottor Irving Bieber, che ha pubblicato un famoso studio psicoanalitico sull'argomento, la società degli omosessuali non è «né sana né felice», e il termine di «gaia società» non è altro che un frivolo e patetico tentativo di mascherare uno stato d'animo profondamente depresso. In seguito a una ricerca compiuta su 106 pazienti, il dottor Bieber ha constatato che un'alta percentuale di essi era stata allevata da madri eccessivamente autoritarie e protettive, che stabilivano col bambino un rapporto morboso, troppo intimo, esclusivo e spesso ostile al padre. Per il dottor Bieber non c'è dubbio che gli omosessuali siano psicologicamente malati. Questa opinione non è condivisa né da Freud, né da un illustre anti-freudiano come il dottor Kinsey. Scrive Freud: «L'omosessualità non è certo una fortuna, ma... non può essere classificata come una malattia». E il dottor Kinsey precisa che essa non può essere considerata una nevrosi. Una nuova relazione del suo Istituto per le Ricerche sul Sesso afferma che molti omosessuali possono avere una vita «utile e bene integrata». Per molti psicoanalisti moderni, l'omosessualità non è altro che un particolare orientamento della sessualità che viene acquisito stabilmente in certe fasi della prima infanzia, e che dà luogo a una nevrosi solo quando entra in conflitto con altri orientamenti della psiche.

Riguardo alle leggi allora in vigore, l'articolo spiega:

In genere, le nazioni che han-no ereditato il codice napoleonico, e quindi anche la Francia e il Belgio, non hanno alcuna legge specificamente diretta contro l'omosessualità. In Italia un omosessuale è perseguibile legalmente solo per atti osceni in luogo pubblico, in base a una generica disposizione di legge: l'articolo 527 del Codice Penale. Anche l'articolo 529, nel precisare la disposizione, non fa alcun riferimento specifico all'omosessualità. Dice semplicemente: «Agli effetti della legge penale, si considerano osceni gli atti e gli oggetti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore». Quanto alla prostituzione omosessuale, essa è protetta, per analogia con quella femminile, dalla legge Merlin: chi resta preso nelle retate della polizia rischia soltanto di passare una notte in prigione. La polizia può agire contro i prostituti maschi, come contro le femmine, solo quando li coglie in flagrante attività di adescamento. In qual-che caso si è ricorso a una disposizione di legge che vieta il mascheramento, tranne che a Carnevale, per procedere al fermo dei travestiti.


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