Secondo la Miriano, l'educazione al rispetto e alla parità di genere sarebbe uno sbaglio della mente umana

Il primo comandamento invita a non nominare il nome di Dio invano, eppure Costanza Miriano passa le sue giornate a citare il nome di Dio per attribuirgli ogni sua più perversa ideologia. È Dio che odi ai froci. È Dio che dice che la donna deve essere sottomessa. È Dio che ha creato il maschio come predatore sessuale. Tutto è colpa di Dio, anche se in realtà basterebbe poco a capire che a parlare non è Dio ma la sua ideologia e la sua volontà di sottomissione (comoda, dato che il sottomettersi significa principalmente il voler scappare dalle proprie responsabilità).
Parlando della sua prole come se non ci fosse un domani, la Miriano sostiene che sua figlia «ha solo dieci anni, ma ha fatto un passaggio di consapevolezza a cui certi cinquantenni faticano ad arrivare . Capire che il problema siamo noi e non gli altri è un punto cruciale, direi il punto di svolta della conversione, o della maturazione se vogliamo usare un termine laico».

Poi, dopo una lunga e noiosa trafila di frasi sconnesse (in cui ci tiene a precisare che lei, in quanto donna, fa la «madre che piega biancheria» dato che non è certo compito da uomini quello di aiutare in casa) arriva al punto in cui la Miriano appare assai più immatura della figlia attraverso un atteggiamento in cui la colpa di ogni male è di chi insegna il rispetto o di chi non dice che i gay sono il male assoluto. la colpa di tutto è degli altri. È colpa dei gay se i mariti vanno a prostitute. È colpa delle femministe se la gente divorzia al posto di subire in silenzio mentre si viene picchiate dal marito. Ed è così che scrive:

Volevo ricordare che il 21 ottobre in Senato la Fondazione Rosario Livatino ha organizzato un convegno sull’obiezione di coscienza, un tema col quale presto temo dovremo confrontarci in molti: non solo i medici e i farmacisti sui quali c’è una stretta sul piano amministrativo perché non si oppongano all’aborto, non solo i sindaci ai quali verrà chiesto di celebrare le cosiddette unioni civili, non solo gli insegnanti ai quali verrà chiesto di insegnare “sbagli della mente umana” come le teorie gender. Ma per esempio anche noi genitori, se non ci verrà riconosciuto il diritto al consenso informato e saremo costretti a far frequentare ai nostri figli lezioni di “sbaglio”. Per esempio anche noi sposati, se il nostro matrimonio diventerà una farsa, una volta che dovesse essere equiparato a una qualsiasi altra forma di accompagnamento affettuoso o sessuale, come quello fra due persone dello stesso sesso. Come diceva Rosario Livatino a cui è intitolata la fondazione, il magistrato ucciso dalla mafia e in odore di santità, l’obiezione di coscienza è il riconoscimento del foro interno da parte dello stato laico.

La Miriano si dice dunque certa che i diritti dei gay sarebbero "sbagli della mente umana" in virtù di come solo i diritti che interessano a lei sarebbero dovuti. In fondo lei ha già deciso che i suoi figli saranno sicuramente eterosessuali e quindi non si fa problemi a togliergli il un futuro sereno qualora la natura avesse deciso diversamente da lei.
È forse questo l'aspetto più tragico, perché traspare come la Miriano creda che i figli non abbiano diritti e che siano solo dei giocattoli nelle mani di genitori. Si dice certa che l'essere genitore debba conferire il diritto di poter inculcare nei figli qualunque cosa si voglia, senza che qualcuno possa dare loro spunti diversi che possano fargli mettere in discussione un indottrinamento basato sul pensiero unico di mamma e papà.
Perché sappiamo tutti che la scuola non decide cosa si debba pensare, ma debba offrire spunti di riflessioni che portino ad elaborare un libero pensiero. Ma è questo che loro non vogliono. Se la scuola dovesse dire ai loro figli che non c'è nulla di sbagliato nell'essere gay, come potranno contrastare quell'idea se non hanno motivazioni reali se non il proprio pregiudizio? E allora la scuola non deve dire nulla, così si potranno indottrinare i figli senza che nessuno possa mettere in discussione i dogmi che gli vengono inculcati.


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