Tra assegni e assunzioni, così la Miriano sottraeva risorse a famiglie più bisognose
La notizia è vecchia di oltre un anno e risale a quando Costanza Miriano disse di aver concordato la separazione dal marito qualora lo stato avesse osato riconoscere dignità alle coppie gay (promessa che ovviamente poi non mantenne dopo l'approvazione della legge Cirinnà). Ad aver fatto tornare la notizia di attualità è il tam tam che ha portato al diffondersi sui social network di un articolo dell'epoca pubblicato da La Critica, apprezzato per l'attenta analisi dei lati più economici delle dichiarazioni dell'integralista e per la denuncia dei risvolti che lascerebbero lecitamente pensare che si sia dinnanzi ad una truffa allo stato.
L'analisi parte da una costatazione di alcuni dettagli dichiarati dalla donna in quella circostanza: la Miriano risulta essersi sposata in Comune soli quattro anni fa, ma dinnanzi alla Chiesa il suo matrimonio risale al lontano 1999. La donna chiese al vescovo una dispensa per ottenere l'unione senza che questa potesse infierire con il suo lavoro: assunta a Rai 3 con un contratto a tempo determinato, non si sarebbe vista rinnovare il lavoro se avesse sposato un uomo che lavorava a tempo indeterminato per la medesima rete in virtù di come il servizio pubblico non era solito assumere parenti dei dipendenti per impedire casi di raccomandazione. In contrasto con il Concordato tra Stato e Chiesa, il vescovo acconsentì alla celebrazione del matrimonio dietro promessa di una rapida regolarizzare della sua situazione con un matrimonio civile.
La Miriano si sposò ed ottenne ugualmente il rinnovo del contratto dato che l'unione religiosa la faceva comunque figurare come una single. Sarà poi che ma Miriano sia stata occupata a sottomettersi al marito o ad organizzare scampagnate con le sentinelle in piedi, fatto sta che ci sono voluti ben tredici anni prima che si ricordasse che aveva promesso di contrarre al più presto un matrimonio civile. Il tutto non senza esborsi per lo stato: mentre i due coniugi vivevano assieme come ogni famiglia, la Miriano percepiva assegni famigliari che non le sarebbero stati dovuti dinnanzi alla somma dei due redditi. Non solo. Il suo risultare una mamma single le garantiva anche il diritto di priorità anche nelle graduatorie degli asili e altri vantaggi che non avrebbe mai potuto avere da sposata.
Il risultato è che una coppia di operai che faticava a raggiungere la fine del mese si sarebbe vista scavalcare da lei nelle liste di attesa per gli asili nido, magari trovandosi costretti a contribuire economicamente al pagamento di assegni che finivano nelle tasche di chi già percepiva due lauti stipendi pagati dal servizio pubblico (probabilmente più che sufficienti per occuparsi della prole).
Il quadro che ne emerge è di una donna per cui il matrimonio non è stato altro che un atto burocratico da gestire secondo la propria convenienza economica, incassando assegni che sarebbero stati indebiti e ottenendo lavori in contrasto con l'etica dell'azienda per cui lavorava. Il tutto togliendo risorse e priorità e risorse a famiglie che magari avevano necessità maggiori.
Grave è anche come il vescovo si sia prestato alla truffa resasi necessaria ad ottenere un'assunzione che non ci sarebbe dovuta essere dopo la celebrazione di un matrimonio, così come folle è il fatto che la Miriano vada ora in giro a parlare di "moralità" alla gente, magari lamentandosi pure se lo stato non nega a due gay la reversibilità che lei percepirà (con la differenza che la loro richiesta sarebbe lecita, non nascosta in un raggiro basato sulla mancata registrazione del proprio matrimonio dinnanzi allo stato).
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