Adinolfi sostiene che i gay «sono vili» e da ritenere corresponsabili delle azioni altrui

Mario Adinolfi ama sfruttare il vittimismo per ottenere visibilità. Dice che lui è discriminato perché quei cattivoni dei gay continuano a voler vivere la propria vita in santa pace anche se lui ha chiarito da tempo che non è disposto concederglielo, così come ama dirsi discriminato perché quei cattivoni si lamentano pure mentre lui trae profitto economico dalla semina semina di odio e pregiudizi volti a negare ogni dignità alle loro famiglie (non come lui, che da bravo "cristiano" di famiglie ce ne ha ben due). E, di prassi, ama anche inventarsi finte minacce di morte per sostenere che i suoi discepoli debbano venerarlo come un martire pronto a sacrificare la sua vita pur di danneggiare il più possibile la vita altrui. Intenzionato a non lasciar cadere la sua sterile polemica contro Immanuel Casto per la presenza di una carta in cui lui si riconosce, l'ultra-integralista scrive su Facebook:

La vicenda del gioco da tavolo gender su streghe e magia che usa la mia immagine per la carta "omofobo" è marginale, ma indicativa. La carta raffigura in tutta evidenza nessun altro che me, ma l'autore del gioco temendo le conseguenze legali ora afferma che è solo un qualsiasi "ciccione con la barba" in cui io mi riconosco per via della "coda di paglia". Questa modalità è tipica della lobby Lgbt, pronta a mentire persino davanti all'evidenza, a non assumersi la responsabilità delle proprie azioni, a mistificare la realtà dei fatti pur d'ottenere i propri obiettivi, quasi sempre obiettivi di business. Al fondo poi c'è una tendenza alla vigliaccheria, non a caso la carta porta la scritta che rimanda alla "uccisione" dell'omofobo, cioè del sottoscritto, senza che si abbia il coraggio di rivendicare la scelta compiuta. Sono vili.

Curioso è come nella ideologia del suo movimento tutto ciò che esce dal un gay sia "gender", così solo per poter mettere a frutto quella curiosa teoria che l'integralismo ha inventato come specchietto per le allodole a cui conferire il compito di nascondere ciò che resta mera omofobia. Afferma anche che l'autore neghi che si tratti di lui per paura di fantomatiche azioni legali, anche se il diritto di satira è garantito dalla nostra Costituzione e non certo calpestabile per il suo piacere. E se nei suoi precedenti proclami si diceva offeso perché lui non si reputa omofobo, immediatamente qui si lancia nel dire che i gay sono «vili» e che tutti facciano parte di una fantomatica «lobby». Ma direttamente dalla più profonda propaganda nazista giunge il suo sostenere che tutti devono essere ritenuti corresponsabili di una qualunque azione venga compiuta da un gay.

Sulla sua pagina segue poi la pubblicità del suo "giornale" che, sitro il pagamento di un prezzo di copertina, permette l'acquisto di un po' di propaganda omofoba che possa portare guadagni nelle sue tasche a danno di un'intera comunità. Evidentemente per lui i gay non solo altro che persone sacrificabili per un profitto, anche se poi è a loro che rivolge quell'accusa se cerca un po'di visibilità nel riconoscersi in una carta da gioco. Ma non è finita qui, dato che sulle pagine del suo "giornale" troverete anche un'ampia promozione di quelle fantomatiche "terapie riparative" che rischiano di aumentare la possibilità di portare gli adolescenti gay al suicidio. E la piccola differenza è che lì ragazzi muoio per davvero, non per finta come in un gioco di carte.


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