Giorgio Ponte: «Sull'autobus affollato la gente mi toccava: erano abusi che mi hanno reso omosessuale»
È la Manif pour tous di Assisi ad aver diffuso uno dei loro soliti video propagandistici volti a sostenere che sia doveroso provare odio contro le persone lgbt. Le immagini proponevano la solita conferenza tenuta da due guru dell'integralismo come Costanza Miriano e Giorgio Ponte, il professore di religione che gira l'Italia dicendo che lui percepisce la sua omosessualità come una "malattia" e che esige di essere trattato come un essere inferiore che non deve assolutamente poter ricevere pari dignità. Insomma, una vittima dell'integralismo che ben mostra gli effetti devastanti causati a quelle fantomatiche "terapie riparative" a cui si era sottoposto, presumibilmente nella speranza di poter "smettere" di essere gay al soli fine di compiacere quei preti che lo etichettavano come un contro-natura.
Nel portare quella sua "testimonianza" di vita che curiosamente cambia ogni volta che la racconta, questa volta Ponte non si è limitato ad incolpare sua madre per la sua omosessualità come nelle precedenti occasioni. E se vi domandate cosa diavolo possa centrare sua madre, va ricordato che secondo le teorie di Nicolosi propagandate da Luca Di Tolve durante i seminari a cui Ponte ha partecipato, la "malattia" dell'omosessualità verrebbe contratta a causa di genitori troppo assenti, troppo presenti, troppo poco inclini ad imporre una "corretta" sessualità e così via. In pratica, dinnanzi a persone che non si accettano viene detto loro che non dovranno mai accettare la loro natura dato che potranno incolpare qualcun altro per ciò che sono. Ma è sfiorando il ridicolo che questa questa volta il professore di religione se n'è uscito dicendo di essere "diventato" gay anche a causa di presunti abusi sessuali, in quella che pareva più una recita basata sulle teorie di Di Tolve che su un vero vissuto.
Dopo 40 minuti di chiacchiere, Ponte inizia a dire: «Nella mia famiglia, molto cattolica, avevo figure maschili molto lontane e figure maschili molto presenti. Io all'inizio non avevo attrazione verso gli uomini ma avevo fantasie di trasformarmi in una principessa perché le mie figure di riferimento erano tutte femminili. Poi questa cosa per fortuna è venuta meno ma mi è rimasta un'attrazione per gli uomini più grandi che poi ha subito una pesante spallata verso i 13 anni perché mi capitò di subire delle molestie da diversi uomini molto più grandi. Questa cosa non fu la causa scatenante, perché il problema era precedente, ma la cosa è come se mi avesse dato l'imprinting. Purtroppo tutto ciò che noi viviamo con il nostro corpo viene recepito, si stampa nella nostra testa e diventa un ricordo da depurare, una ferita da depurare. Recentemente sto leggendo uno dei libri di uno dei padri della terapia riparativa e racconta di un abuso che ha scoperto dopo tanti anni e io quando l'ho letto, ho detto: "È proprio così". La cosa tremenda di subire un abuso sessuale è il fatto che il bambino sta percependo che sta avvenendo qualcosa di brutto, ma al tempo stesso sente una sensazione piacevole e questo cortocircuito lo mette a disagio. Il piacere che sente lo fa sentire in colpa come se fosse corresponsabile. Io mi sono portato dietro questo peso, sia dell'omosessualità sia di questi abusi di cui mi sentivo responsabile. Non vi immaginate chissà che cosa: a Palermo non esistono mezzi pubblici e c'è solo un autobus che è sempre pieno e nell'ora di punta non puoi muoverti perciò diventa il ricettacolo di tutti i maniaci della città. Questa è stata la situazione: andavo a scuola con l'autobus e ogni volta ne trovavo uno diverso. Non ho più preso l'autobus per anni ed ho vissuto con dolore questa cosa anche per il senso di colpa. Io non riuscivo a fermare quella cosa perché c'era un uomo più grande che mi stava dando un'attenzione e rispondeva in modo distorto ad un bisogno che ogni bambino ha dentro di sé di essere riconosciuto in quanto uomo o in quanto donna da altri uomini e da altre donne. Al dolore di tutto ciò si è aggiunto il fatto che io ero credente».
Forse non sapremo mai se Ponte sia stato davvero molestato o se un semplice contatto avvenuto su un autobus affollato sia stato da lui rielaborato per poter rientrare nei canoni di quei soggetti "guaribili" illustrati dai teorici di quelle fantomatiche "terapie riparative" di cui Ponte dice di essere un assiduo sostenitore (e questo nonostante sia ovviamente fallito il suo tentativo di "guarire" dalla propria natura attraverso i seminari di Di Tolve). Ma è forse nella speranza di poter credere a quella possibilità che Ponte pare voler parlare, ragionare e lanciare accuse sulla base di quelle teorie a cui si è aggrappato pur di non ritrovarsi a doversi accettare per quello che è la sua natura. E tutto ciò appare evidente dinnanzi al suo bollare come «il problema» la sua omosessualità, ovviamente chiamando in causa quella religione che lui stesso ammette sia all'origine dei suoi sensi di colpa.
Interessante è anche come lui si dica convinto di essere "diventato" gay solo perché prima dell'adolescenza non provava attrazione fisica per gli uomini, evidentemente incurante di come nessun bambino abbia simili impulsi a quell'età. Ma ciò non lo ferma dall'incolpare la madre della sua sessualità, anche se ciò renderebbe stupefacente come nel dopoguerra un intero esercito di donne restate vedove abbia potuto fa crescere degli eterosessuali. Ma è forse dinnanzi ad una storia che non regge che Ponte si è dovuto rifugiare nell'integralismo quale luogo dove nessuno gli fa notare le incongruenze e dove c'è chi lo applaude ogni qualvolta si umilia dinnanzi a loro. Pare una strenua ricerca di chi possa dargli ragione ed illuderlo che sia tutta colpa della madre e, chissà, di un qualche passeggero dell'autobus che magari l'ha solo toccato inavvertitamente.
E se dinnanzi ad un personaggio come Ponte non si può che provare una profonda pena, difficile è non provare rabbia per servizi sociali inesistenti che non hanno potuto aiutarlo ad uscire dall'inferno che si stava creando a causa di una famiglia che gli ha imposto una serie dogmi religiosi tale da indurlo al rifiuto di sé stesso. Ma gravissimo è anche la crudeltà di quei movimenti che legittimano quell'autolesionismo per cercare di usare il professore di religione come strumento di propaganda omofoba che possa condannare sempre più persone a quel suicidio spirituale.
Probabilmente a nessuno dei presenti interessava un bel nulla di lui, ma a lui interessava trovare gente che confermasse il suo senso di inferiorità e agli altri importava ascoltare qualcuno che legittimasse il loro sentirsi "migliori" per diritto di nascita. Ma a pagare le spese di quel rigurgito d'odio rischiano di essere quelle persone che nel nome del finto cristianesimo della Miriano verranno condannate ad un rifiuto da parte della famiglia, da lei indottrinata alla repulsione di una sessualità che la sua gente bolla come un "problema". Ma sappiamo tutti che la natura non è mai un problema a meno che non ci sia gente pronta a cercare di renderla tale (e mai come in questo caso, anche per un guadagno personale ottenuto sulla pelle altrui).
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