Provita: «Per l'educazione sessuale dei nostri giovani dobbiamo ispirarci ad Uganda e Zimbawe»
L'associazione ProVita ama mettere in contrapposizione tutto e tutti. Indipendentemente dall'argomento, sostengono che ci sia sempre un modo giusti di pensarla (il loro) e un modo sbagliato (quello altrui). Ed è così che Alessandro Fiore risulta l'autore di un articolo dal titolo "Moralità o contraccezione? Il problema dell’AIDS".
Ed è dunque sostenendo che l'uso del preservativo sia intrinsecamente immorale, l'integralista propone la sua tesi già nel sottotitolo: "L’AIDS e le altre malattie sessualmente trasmissibili non si combattono efficacemente con il preservativo, ma con l’educazione a comportamenti sessuali moralmente accettabili". E chi decide che cosa sia moralmente accettabile? Ovviamente loro!
Fiore si lancia così in una lunga dissertazione in cui non è chiaro come possa sostenere che i profilattici e i gay siano la causa del contagio. Cita persino l'Africa, anche se il parlare di un continente dove l'omosessualità è criminalizzata o la prevenzione è pressoché nulla parrebbe smentire le sue stesse tesi. Scrive:
Da quando è stato identificato, nel 1981, l’AIDS ha infettato circa 65 milioni di esseri umani e ne ha ucciso più di 25 milioni. Un vero e proprio flagello che si trasmette prevalentemente per via sessuale e che nei paesi più sviluppati colpisce soprattutto un certo tipo di popolazione, in particolare la popolazione omosessuale. In altre parti del mondo, come in Africa, le epidemie sono di solito generali. A causa di questa malattia, la speranza di vita in diversi paesi africani si è ridotta addirittura di 30 anni.
Com’è noto, di solito la soluzione è individuata nella diffusione massiva di preservativi, perché, si dice, l’uso del preservativo riduce dell’80% il rischio d’infezione. I sostenitori di tale strategia non mancano di denunciare e ridicolizzare chi, come la Chiesa Cattolica, per ragioni morali, o per altri motivi, pensa che la soluzione giusta sia da cercarsi altrove: guai a mettere in discussione la promozione del preservativo! Chi lo facesse attirerebbe subito su di sé l’ira e l’indignazione del mondo intero.
Se in realtà il problema non è tanto quello indicato quanto l'abuso della credenza religiosa per imporre diktat che mettono a repentaglio la salute e la vita stessa delle persone più ignoranti (in Africa si muore perché là nessuno può permettersi le costose cure!), Fiore passa subito a sostenere che il preservativo non vada usato perché lo dice il Papa:
Molti ricorderanno il viaggio di Benedetto XVI in Camerun nel 2009. In quell’occasione il Papa dichiarò: “Il problema [dell’AIDS] non può essere risolto distribuendo preservativi; al contrario, si rischia di peggiorare la situazione”. Apriti cielo! Da ogni parte arrivarono forti critiche a quelle affermazioni: qualcuno, come George Monbiot nel Guardian, arrivò perfino a scrivere: “Ogni anno il Papa uccide decine, forse centinaia di migliaia delle persone più vulnerabili al mondo, mediante la semplice proibizione di utilizzare il preservativo”. Persino molti “cattolici” si uniscono al coro: il preservativo diminuisce il rischio d’infezione; è inverosimile, dicono, che gli africani cambino i loro comportamenti sessuali: lasciamoli compiere allora atti immorali, ma almeno in modo sicuro.
A quel punto Fiore si lancia nel sostenere che dal punto di vista morale sarebbe deplorevole l'ipotesi di fare sesso senza cercare di ingravidare la donna ad ogni singolo amplesso:
Sull’aspetto morale della questione, la posizione della Chiesa è chiara e profonda. A coloro che vogliono ridurre l’atto sessuale a una dimensione edonistica e puramente ludica, la Chiesa ricorda che ben più alti sono il significato e la finalità naturale della sessualità: concepire niente di meno che una nuova persona umana, dare la vita stessa, opera che non ha equivalente in tutto il mondo fisico.
Deliberatamente privare l’atto sessuale di questo bene al quale è intrinsecamente ordinato non può che costituire, per definizione, un male morale. Su queste basi non bisogna confondere ciò che è lecito con ciò che è efficiente: la Chiesa deve indicare agli uomini il bene e non insegnare agli uomini come fare il male in modo più “sicuro”. Indica la strada dell’astinenza e della fedeltà, comportamenti che prevengono la trasmissione della malattia: se poi il soggetto sceglie di comportarsi in modo immorale, non sarà certo colpa della Chiesa se assume rischi che poteva evitare seguendo la norma etica.
Ma è nel proseguo che Fiore diventa patetico, sostenendo che la protezione sarebbe controproducente perché solo chi è terrorizzato a morte dalla malattie si asterrà dal fare sesso:
Ma c’è ancora un altro aspetto poco conosciuto e che sorprenderà molti: dai dati che abbiamo a disposizione risulta che la strategia basata sulla contraccezione non è nemmeno quella “efficiente”. È, al contrario, la strategia “etica”, basata sull’astinenza e sulla fedeltà, che risulta vincente anche nei fatti. Ma –si dirà– il preservativo non riduce dell’80% il rischio d’infezione? Quest’affermazione è solo parzialmente vera e, nel quadro complessivo, finisce per essere falsa.
Esiste, infatti, l’evidenza empirica che le persone assumono rischi maggiori quando sentono di essere protette da un mezzo artificiale. Molti ricercatori si sono resi conto che questo meccanismo si applica anche alle popolazioni che utilizzano contraccettivi per evitare di contrarre l’AIDS: chi usa il contraccettivo, sentendosi protetto, tende a moltiplicare i comportamenti rischiosi e, alla fine compensa o iper-compensa la protezione che il contraccettivo poteva procurare. Il fenomeno è conosciuto negli ambienti della sanità pubblica come “compensazione del rischio” o “disinibizione”.
Si passa poi a mettere in relazione dati senza senso, incrociando l'uso del preservativo con dato che non tengono contro del rischio di contagio fra chi non li usa. E se noi mortali siamo tenuti a ritenere che il problema del contagio è che un giovane su quattro non fa sesso protetto, Fiore spergiura che i contagi siano colpa dei rimanenti tre. Peccato che la sua teoria riguardo al fatto che chi non usa i preservativi non faccia neppure sesso è contro ogni evidenza:
In molti paesi dell’Africa subsahariana, i tassi di trasmissione di HIV rimangono alti e sono persino cresciuti, nonostante un aumento considerevole nell’uso del preservativo. È un fatto poi che i paesi africani con la disponibilità più alta di preservativi, come Botswana e Sudafrica, hanno anche i tassi più alti di AIDS al mondo. Il medesimo discorso vale per molti stati occidentali quanto alle malattie sessualmente trasmissibili (MST) in genere. I dati pubblicati dall’OMS indicano una ripresa generale nel mondo occidentale di MST: in Gran Bretagna, secondo la Health Protection Agency, negli ultimi dieci anni i tassi di MST sono più che raddoppiati tra gli adolescenti nonostante la crescente diffusione del preservativo e l’educazione al “sesso sicuro”; negli USA, nel 2008, circa il 25% delle ragazze adolescenti avevano una MST; da Canada, Svezia e Svizzera giungono dati analoghi.
L’astinenza e la mutua fedeltà sono le uniche misure di prevenzione con un’efficacia del 100%: la promozione della salute potrebbe essere ottenuta in modo più efficace ritardando l’inizio dell’attività sessuale, riducendo il numero di partner ed evitando rapporti occasionali.
Ormai in quel mondo della fantasia dove si attribuisce alla "scienza" ogni teoria più ridicola, l'esponente di Forza Nuova afferma che:
Le ricerche statistiche lo confermano: diversi paesi in Africa sono riusciti a ridurre le epidemie di AIDS cambiando i comportamenti sessuali.
L’Uganda, che aveva il tasso di AIDS più alto al mondo, ha ottenuto una riduzione spettacolare delle infezioni durante gli anni ‘80 e ‘90. Il governo evidenziò che il cambiamento nel comportamento sessuale era il miglior modo per evitare la malattia. Il presidente Museveni dichiarò: “Sto chiedendo alla mia gente di ritornare alla nostra cultura di origine: niente sesso prima del matrimonio e fedeltà nel matrimonio. I giovani devono imparare disciplina, autocontrollo e a volte sacrificio”.
Il risultato: la percentuale di adulti con AIDS in Uganda nel 1995 era il 15%, nel 2001 diminuì al 5%.
Dopo l’Uganda, anche il Kenya adottò la stessa strategia. Nel febbraio del 2011 un’importante ricerca trovò che il tasso di AIDS in Zimbabwe era sceso di circa la metà, dal 29% di adulti infetti nel 1997, al 16% nel 2007.
In realtà i dati enunciati da ProVita sono stati screditati da una ricerca pubblicata nel 2002 sulla rivista The Lancet, nella quale si evidenziava come la diminuzione di contagi che il predente Yoweri Museveni attribuiva alla sua azione fosse in realtà una distorsione derivante da una sbagliata estrapolazione dei dati ottenuti da piccole cliniche di città successivamente applicati all'intera popolazione, che per il 90% vive in aree rurali.
Incurante di quanto sia imbarazzante la sua volontà di sfruttare i morti di HIV per promuovere i suoi diktat sulla sessualità., Fiore aggiunge:
La conclusione che si delinea sorprenderà certamente i promotori del condom. E invece dovrebbe essere ovvio che non è possibile sconfiggere una malattia legata ai comportamenti, se non si cambiano i comportamenti stessi. La soluzione morale al problema dell’AIDS si rivela essere anche quella più efficiente.
Vabbhe, se la visione moralistica della vita di ProVita è assai nota, difficile è comprendere quali siano i piano dell'organizzazione diretta da Brandi per imporre a tutte le nuove generazioni la più totale astensione dal sesso. Perché ci vuole certo un genio per dire che è più sicuro astenersi dal sesso che usare i preservativi, ma resta il fatto che è necessario garantire sicurezza e informazione a chi vuole fare ugualmente sesso nonostante Fiore non voglia.
Già, perché vien da sé che il tema dell'uso del profilattico non riguardi in alcun modo chi ha deciso di astenersi dal sesso, ma è in una contrapposizione illogica che Fiore sostiene che se quello sia il modo più sicuro, allora bisogna impedire l'uso di protezioni per chi ha deciso di non rinunciare alla propria sessualità solo per gratificare l'integralismo cattolico. Perché il tema è garantire la maggior sicurezza possibile anche a chi fa sesso, non sostenere che basterebbe una totale astinenza per non occuparsi del tema.