Uno studio dimostra che le storie razziste dei giornali danneggiano permanentemente il cervello


Il neuroscienziato Hugo Spiers della University College London è l'autore di uno studio scientifico orientato a comprendere i traumi inflitti al cervello dalla propaganda razzista sui quotidiani.
Il ricercatore ha raccolto 22 volontari ed ha scansionato la loro attività celebrale mentre sono state fornite loro varie informazione su due gruppi fittizi di persone, i Kitils e i Pellums.
A priori si era deciso che di due gruppi sarebbero stati attribuite azioni "buone" (Pellums) e "cattive" (Kitils) attraverso una serie di articoli propagandistici. Ad esempio si diceva loro che "un membro della Kitil ha preso calci un gatto" o che "un membro della Pellum ha dato un mazzo di fiori alla sua mamma". Solo due terzi delle informazioni fornite ai partecipanti ricalcavano quegli stereotipi mentre un terzo prevedeva notizie contrastanti.
Le scansioni del cervello hanno rivelato che l'attività nel polo temporale anteriore abbinata alla crescente pregiudizio si è generato verso un unico gruppo. Si è osservato anche che il cervello non reagisce in ugual maniera dinnanzi alle informazioni positive e negative: le notizie negative si sommano ed ampliano i pregiudizi al contrario di quelle positive.
Spiers ha spiegato che è questo uno degli effetti scatenati ad esempio dalla islamofobia: «I giornali sono pieni di racconti di gesta e per chi sta ricevendo tutte queste notizie, quelli negativi spiccano sulle altre. Quando si guarda l'Islam, per esempio, ci sono molte più storie negative di quelli positive e il pregiudizio si accumula nel corso del tempo».
E a voler traslitterare lo studio, facile è osservare anche come l'integralismo cattolico cerchi di pubblicare ogni giorno notizie in cui i gay vengono dipinti come brutti e cattivi, certo che quella propaganda fortificherà il pregiudizio e creerà una riposta d'odio fra chi è esposto a quella stampa.
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