L'endorsement del corriere della Sera alla bufala di Oxford che cancella il maschile e il femminile
È il Corriere della Sera ad aver pubblicato una falsa notizia che ha alimentato l'astio dei gruppi anti-gay, immediatamente pronti a parlare di una fantomatica «gaystapo» che impedirebbe a quei poveri "cristiani" di poter manifestare apertamente il proprio disprezzo contro la comunità lgbt.
In un articolo firmato da Paola De Carolis, il quotidiano sostiene che ad Oxford sia stato vietato di poter «dire lui o lei» e che il sindacato studentesco avrebbe varato «un codice di condotta che impone gli iscritti della più prestigiosa università del mondo di non usare "he" or "she" per non offendere i transgender».
La falsa notizia è stata immediatamente smentita dalla prestigiosa università inglese, la quale spiega la bufala si baserebbe su un'errata interpretazione e una clamorosa falsificazione di un documento pubblicato nel giugno del 2016 (nel quale peraltro non viene mai citata la parola neutra "ze"). Non solo. È al Guardian che il sindacato studentesco spiega che mai avrebbero avanzato una simile proposta, dato che una simile imposizione sarebbe stata sicuramente controproducente. Ma laddove non si compiono passi falsi, è l'integralismo ad inventarseli e a spicciarle per verità rivelate.
Quindi se è pur vero che l'Università di Oxford incoraggia un linguaggio rispettoso verso le persone transessuali, è altrettanto vero che nessuno voglia cancellare il maschile e il femminile così come sostengono i gruppi d'odio di Brandi o Amato.
Ma a creare preoccupazione sulla deriva integralista assunta dal Corriere della Sera è come il quotidiano possa aver offerto spazio all'integralista omofobo Galli della Loggia per un articolo intitolato "Il mondo gay e le vestali di un certo conformismo". Dalle pagine del Corriere si può dunque leggere che:
Ora si dà il caso che oggi, nell’intero Occidente, l’opinione ultramaggioritaria di costoro sia tutta, in linea di principio, dalla parte delle rivendicazioni dei movimenti omosessuali. Per una ragione ovvia, e cioè che gli intellettuali occidentali, da quando esistono, amano atteggiarsi a difensori elettivi di ogni minoranza la quale si presenti come debole, oppressa, o addirittura perseguitata: al modo, per l’appunto, in cui di certo è stata storicamente, specie nei Paesi protestanti, la minoranza omosessuale. Per questo è abbastanza ovvio che nell’ambiente intellettuale chi pure dentro di sé è magari convintissimo che la natura esiste, che il genere corrisponde a una base sessuale biologica, che non si possa parlare di alcun diritto alla genitorialità ma che semmai il solo diritto è quello del bambino ad avere un padre e una madre, chi è pure dentro di sé, dicevo, è magari arciconvinto di tutte queste cose, esita tuttavia a dirlo chiaramente. Per la semplice ragione che non ama sottoporsi al giudizio negativo che una tale affermazione gli attirerebbe immediatamente da parte dei suoi simili. Perlopiù, infatti, gli intellettuali non temono affatto il giudizio della gente comune (che anzi assai spesso si compiacciono di contrastare); temono molto, invece, quello del loro ambiente, degli altri intellettuali. Come Orwell per l’appunto aveva capito benissimo.
Come da prassi integralista, il discorso non è proposto come un'opinione ma come una verità incontrastabile: si dice che il cattolicesimo sia superiore ai protestanti e che solo loro avrebbero perseguitato i gay dato che non c'è omofobia quando Adinolfi cita Dio per sostenere che interi gruppi sociali dovrebbero essere estromessi dai diritti costituzionali. In fondo non è colpa sua se i gay sono esseri inferiori e se lui è la massima rappresentazione del moderno ariano, l'unico gradito a Dio. E si dice anche che tutti provino disprezzo per i gay, ma chi non lo dice è solo perché ha paura a dirlo.