La Lega Nord annuncia interrogazioni parlamentari contro il patrocinio al Pride da parte dell'università di Udine
I leghisti devono pensare che in Italia non esista alcun problema, altrimenti non si capirebbe perché mai continuino a paralizzare i lavori del parlamento con interrogazioni ideologhe che servono solo ad ostentare la loro omofobia.
Il problema che ha tolto il sonno alla Lega Nord è infatti il patrocinio concesso dall'Università di Udine al Fvg Pride, una decisione di puro buonsenso che però sarà al centro di una loro interrogazione alla Camera. Sostenendo che la pari dignità dei cittadini sia un'opinione e che il diritto all'esistenza dei gay debba poter essere messa in dubbio da chi non li vuole, i seguaci di Salvini si lanciano nel sostenere che le università italiane non debbano assolutamente ambire ad essere centri culturali come nel resto del mondo ma solo mere scatole vuote incaricate di contrastare il libero pensiero.
Mario Pittoni, responsabile federale della Lega Nord, sostiene che: «Fatti del genere, che non appartengono alla sfera accademico-scientifica, costituiscono infatti un precedente che rischia di consegnare alla politica l’intero sistema universitario». Si apprende così che i leghisti paiano convinti che i gay non siano gay perché gli piacciono persone dello stesso sesso, ma siano gay come prova di una appartenenza politica. Non a caso Pittoni annuncia di voler far leva sul divieto a svolgere attività legate ad «interessi di partito».
Assai più pacata e ragionevole appare la versione fornita dal Rettore, il quale spiega come «l'Ateneo , in quanto sede di libera ricerca e formazione, ha concesso il patrocinio al Fvg Pride in considerazione delle attività di ricerca, in particolare del Dipartimento di scienze giuridiche, con la produzione di numerosi saggi, e di alta formazione per avvocati, magistrati e forze dell’ordine sui temi della tutela delle persone contro ogni forma di discriminazione, incluse quelle fondate all’orientamento sessuale e sull’identità di genere, come previsto dalla Convenzione europea dei diritti umani, dalla nostra Costituzione e dalle sentenze di Cassazione e Corte costituzionale».