Silvana De Mari si lancia nello sciacallaggio di Dj Fabo: «Io da cieca e paraplegica sarei ancora più felice»
Se è imbarazzante come i "cattolici" amino pontificare su situazioni che non hanno mai sperimentato sulla loro pelle, intollerabile è come cerchino di calpestare la libertà altrui con i loro proclami. Quello che emerge è la rabbia di persone che sono furiose dinnanzi a chi ha potuto scegliere della propria vita senza piegarsi alla sofferenza che loro avrebbero voluto imporre. Ma la dietrologia di Silvana De Mari pare superare ogni umano senso della decenza. Dalle pagine del suo blog, la donna pontifica:
Se resterò tetraplegica e cieca non ammazzatemi, perché la vita è bellissima e straordinaria anche nell’immobilità.
Il chiaro riferimento è alla vicenda di DJ Fabo, così come la menzogna si cela dietro chi vuol far credere che l'eutanasia sia un qualcosa che venga imposta, non quell'esplicita volontà che è stata espressa dal diretto interessato. Ma è con la solita superiorità di chi sostiene di avere una verità rilevata che la donna racconta che lei sarebbe stata migliore di lui:
Noi siamo creature umane. La nostra potenza è la nostra mente, la nostra libertà è la nostra anima. Da immobile e da cieca potrò essere felice a ogni istante ancora di più, potrò cercare la felicità che è dentro di noi. Solo nell’immobilità la preghiera e la meditazione acquistano una potenza totale. Da tetraplegica e da cieca potrei ascoltare la voce di coloro che amo, sentire il magnificat di Bach e il Requiem di Mozart. Per la prima volta potrei avere il tempo e la calma immobile che sono necessari a costruire una poesia. Gli dei ci visitano nella malattia, è il dolore l’accidentata strada della nostra grandezza, la sfida estrema dove le nostre anime diventano di acciaio.
Sarebbe interessante capire se la De Mari sarebbe davvero capace di pronunciare quelle stesse parole se davvero smettesse di poter camminare, dialogare, vedere e vivere. Perché è facile dire agli altri cosa debbano fare se non si sta vivendo la loro situazione. Così come è giusto garantire cure a chi decide di vivere, altrettanto doveroso è rispettare la decisione di chi non vuole essere tenuto in vita da macchine e desidera potersi spegnere in serenità così come avverrebbe in natura. Ma per l'integralismo cattolico la natura per assumere forme diverse a secondo della loro convenienza politica., motivo per cui amano citarla e storpiarla per condannare chi ama secondo natura e nell'insultano chi muore secondo natura.
Ma è sempre con sprezzante superiorità che la De Mari vomita le sue sentenze anche contro i familiari di Dj Fabo, così coraggiosi da rispettare la sua volontà ma ritenuti degni di insulti e ripicche da chi è infastidito da qualunque opinione contrasti con la sua ideologia. Scrive:
Com’è possibile che nessuna delle persone che hanno affollato la vita dell’uomo che ha scelto di morire sia stato capace di dirgli queste cose? Com’è possibile che nessuno gli abbia spiegato che lui non era un corpo, un corpo in passato bello e forte, e ora malato e piegato, quindi di nessun valore, da buttare.
Ben presto la strumentalizzazione diviene motivo di propaganda politica, in qual quadro in cui questa gente ès sempre convinta che la dignità altrui possa essere calpestata se se ne può trarre profitto. E dopo una feroce critica alle leggi che garantirebbero l'autodeterminazione, si passa al solito abuso della figura di Hilter come indicatogli dal suo maestro Adinolfi:
Era cominciata con l’eutanasia del consenziente anche in Germania ai tempi di Hitler: l’eutanasia fu pubblicizzata da un film, dal geniale titolo “Io accuso” con protagonista una pianista che scopriva i primi segni dell’Alzheimer. L’accusa del titolo è diretta a tutti i malvagi che non vogliono l’eutanasia. Il film è del 41. La soluzione finale del febbraio del 42: il concetto che la vita è sacra, una volta che è saltato è saltato. Per chi non se lo ricorda, è finita malissimo.
Da copione c'è anche la citazione di una frase decontestualizzata pronunciata da un paraplegico che esige che agli altri paraplegici sia imposta la vita perché quella è la sua scelta, anche se non si spiega in che modo la decisione di un uomo dovrebbe avere valore sulla volontà degli altri. Chissà, forse la De Mari manco non si è neppure posta la domanda dato che negli ultimi mesi si è dedicata solo ed elusivamente al suo sostenere che i gay non devono avere diritto di poter vivere perché a lei piace farsi penetrare e quindi trova un errore l'idea che un uomo possa non essere interessato alla sua vagina.
Se un giorno in cui la signora De Mari si troverà nelle condizioni di non poter più vomitare il suo odio contro il prossimo, scopriremo se davvero crede a ciò che dice. Ma ammesso e non concesso che decida di non intraprendere un viaggio in Svizzera, resta il fatto che potrà testimoniare la sua decisione ma neppure allora potrà imporla agli altri. E in attesa di quel momento, quantomeno ci risparmi le sue frasette su quanto lei sarebbe stata felice nel ritrovarsi inchiodata in un letto di ospedale.