Il Foglio: «Il matrimonio egualitario è una forma di suicidio che compromette la sopravvivenza della specie umana»
Per poter comprendere quale sia il problema nella promozione di certi personaggi è necessario tornare al 2014. In Irlanda era in pieno svolgimento il dibattuto sul referendum per la legalizzazione del matrimonio egualitario e il signor John Waters (nella foto) rappresentava uno tra i principali detrattori legato all'integralismo cattolico. Per intenderci, è uno di quelli che andava in giro a lamentarsi che i vescovi non abbiano esercitato sufficiente ingerenza per poter sfruttare politicamente la religione come strumento di propaganda a danno di interi gruppi sociali.
Durante un dibattito televisivo sull'emittente pubblica RTÉ, attaccò l'attivista Rory O'Neill (più noto come Panti Bliss) sostenendo che i matrimoni gay fossero «una sorta di una satira del matrimonio che viene condotta dalla lobby gay. Non è che vogliono sposarsi, è che che vogliono distruggere l'istituzione del matrimonio, perché sono invidiosi». Ed ancora, disse che «voi deformate il linguaggio e manipolate il linguaggio. Dite che c'è diseguaglianza ma non c'è diseguaglianza perché i gay possono già sposarti. Naturalmente, se sei un uomo devi sposare una donna. Questo è il matrimonio».
Quando O'Neill osservò che «chi si batte attivamente contro i diritti civili per le persone omosessuali è omofobico», l'uomo si disse così mortalmente offeso da quelle parole da denunciare l'emittente per diffamazione. Riuscì a intascarsi 85mila sterline per evitare una citazione in giudizio, scatenando le proteste di migliaia di cittadini che rimasero sconcertati nel vedere che i soldi del loro canone sarebbero finiti delle tasche di chi si permetteva di pronunciare simili proclami d'odio.
Con i cittadini che non avrebbero più tollerato altri esborsi a vantaggio dell'integralista e con giornalisti che avevano paura di parlare di lui per timore di essere denunciati, Waters divenne un ospite che nessuno voleva più per paura di ritorsioni.
E pensare che sino ad allora gli avevano permesso di poter fare di tutto dinnanzi alle telecamere, persino di presentarsi nudo pur di ottenere visibilità. Ma lo scherzetto legale a danno dell'editore fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Nonostante si tratti di un personaggio pressoché sconosciuto in Italia, è a lui che Il Foglio (quotidiano che in in virtù dei rimborsi all'editoria ha incassato più di 52 milioni di euro di denaro pubblico) ha dedicato la prima pagina di lunedì scorso attraverso un lunghissimo articolo di promozione all'odio dal titolo "La dittatura del gender".
L'uomo viene presentato come «grande scrittore anticonformista che da due anni vive sotto linciaggio mediatico per essersi opposto ai matrimoni gay nella sua Irlanda» e come un «formidabile j'accuse contro i tribunali del popolo e quel pensiero unico che ha ucciso la libertà d'espressione». Sarà, peccato che la storia paia diversa nel raccontarci quanto lui abbia potuto esprimersi fin troppo liberamente e che sia stato proprio lui a cercare di ridurre al silenzio chiunque avesse opinioni discordanti dalle sue...
Tra i vari titoletti in cui il quotidiano diretto da Claudio Cerbasa afferma che «esprimere una visione eterodossa in certi ambienti significa rischiare la serenità e la reputazione», è allo stesso John Waters che si fa affermare:
Ho subito il mio processo tre anni fa quando, all'approssimarsi del referendum sul matrimonio gay in Irlanda, una drag queen di nome "Panti Bliss" mi ha chiamato omofobo in televisione, dicendo che stavo cercando di distruggere la sua felicità, senza tuttavia offrire nessuna prova a sostegno della tesi. "Omofobia", si capisce, è una parola truffaldina. Non ha un significato oggettivo chiaro se non quello che ha assunto all'interno della nostra cultura. E' stata inventata dagli attivisti lgbt come strumento di lotta, concepito per demonizzare nemici, critici e oppositori in modo da escluderli e metterli sotto silenzio. L'Oxford English Dictionary definisce "fobia" una "paura o un disprezzo estremi verso una cosa specifica". Lo stesso dizionario definisce "omofobia" una "intensa avversione per l'omosessualità e gli omosessuali". La parola ha anche la connotazione di una quasi-fobia verso gli omosessuali che può indicare il fatto che il soggetto stesso sta cercando di sopprimere l'attrazione verso il suo stesso sesso. Variazioni della parola "omofobia" sono usate dagli attivisti gay come strumento di censura, per imbrattare gli oppositori della loro opinione o delle loro richieste con una macchia che non può essere ripulita da nessuna risposta ragionata, una macchia che costringe anche gli altri al silenzio. Chiamare qualcuno omofobo non significa soltanto demonizzarlo e perciò metterlo a tacere, significa considerare le sue argomentazioni come radicate esclusivamente nell'odio o nella paura, cosa che dispensa dal rispondere ragionevolmente a ciò che dice.
E dopo aver pubblicato una lunga lista di insulti che l'integralista dice di aver ricevuto (acqua di rose rispetto a ciò che glia adonolfiniani scrivono contro i gay e tutte'altro che comprovati da prove), l'integralista sentenzia:
Mi sono figurato l'immagine di una stanza, da qualche parte nelle viscere della città, piena di attivisti gay che sputano email velenose contro i presunti nemici della loro felicità, magari fermandosi per un attimo per scambiare qualche idea su nuove formule e insulti, un'autentica industria del fango che lavora in modo febbrile per la causa della giustizia e della pace.
Lo tsunami sui social media è stato replicato sui media mainstream, con molti dei miei "colleghi" che ne approfittavano per regolare vecchi conti. Alla fine ho dato le dimissioni dall'Irish Times, per il quale ho lavorato per 24 anni, dopo aver scoperto che un presunto collega e amico si era unito alla festa dell'odio, twittando con uno pseudonimo, Thomas59. Quando ho avvertito il mio direttore di questa violazione dei principi fondativi della nostra azienda, mi ha ignorato.
Insomma, tutti sono cattivi e lui è sempre la vittima. Lui lamenta che non può parlare ma va in giro a chiedere che qualunque critica nei suoi confronti sia punita. E come da manuale, immancabilmente si arriva al solito tentativo di legare l'omosessualità alla pedofilia come dogma di fede:
Credo di essere diventato un bersaglio per quattro ragioni. Si sapeva che ero cattolico, e dunque si presumeva che avessi una visione cattolica e tradizionale del matrimonio, e probabilmente anche dell'omosessualità. Negli ultimi anni ero stato esplicito in un paio di casi in cui avevo fatto notare l'ipocrisia di certi giornalisti liberal e altri in casi che riguardavano omosessuali famosi. In uno di questi, si era scoperto che un noto poeta aveva avuto una relazione sessuale con ragazzi minorenni in un paese straniero. In un altro, un politico gay aveva dato un'intervista in cui suggeriva che l'Irlanda era troppo chiusa sugli abusi ai minori, e avrebbe dovuto guardare con più favore all'idea della relazione fra uomo e ragazzo, come avveniva nell'antica Grecia.
Sempre da copione è anche il suo sostenere che i diritti altrui siano un attacco a Dio e che qualche stato straniero voglia colonizzare gli alti stati (eccezion fatta per la Russia di Putin, dato che in quel caso si preferisce dire che si sia dinnanzi alla patria del vero cristianesimo in cui i preti benedicono le bombe scagliate contro i mussulmani):
Per due anni, fino al referendum del maggio 2015, il mio paese è stato vittima dello stupro culturale della propaganda, foraggiata dai fondi stranieri, con l'obiettivo di condurre un raid predatorio sulla nostra definizione costituzionale del matrimonio, della famiglia e del ruolo dei genitori. Siamo stati assaliti con il bullismo emotivo e con i ricatti morali, ridotti a capri espiatori, siamo stati in parte persuasi e in parte costretti a introdurre una forma di matrimonio gay che è la più estrema di tutto il mondo. Poiché era una nazione fortemente cattolica, l'Irlanda è stata indicata dalla lobby gay internazionale come la nazione-trofeo la cui caduta potrà essere usata nel mondo come un grimaldello per scardinare altre nazioni meno devote.
Seguono i soliti deliri volti a sostenere che il matrimonio sia un «un cavallo di Troia che porta nel cuore della civiltà moderna un nuovo concetto della vita famigliare» per «ripudiare e smantellare i concetti e le strutture che avevano permesso alle società umane di essere coese da quando i primi uomini hanno preso a muoversi sulla faccia della terra», l'uomo torna a sostenere che i giornalisti collaborino con le «lobby gay» per il fatto di non ritenere degna di particolare nota gli senari apocalittici da lui immaginati.
Ovviamente si punta il dito anche contro il femminino, sostenendo che se i ruoli sociali imponessero distinzioni ferme tra uomini e donne, allora i gay non avrebbero mai osato rivendicare quei diritti che lui vorrebbe negare loro. Il tutto per arrivare a sostenere che:
Ciò a cui abbiamo assistito in Irlanda nel 2015, e ciò che gli altri paesi occidentali stanno affrontando uno alla volta, non è meno di un attacco al significato e alla struttura dell'edificio umano. E' anche un sintomo di una civiltà in decadenza, non tanto per le ragioni solitamente addotte (la degenerazione culturale), quanto perché la preoccupazione per una cosa arcana come il matrimonio gay è indicativa del livello di noncuranza e tracotanza che già di per sé è problematica per la civiltà umana.
Ed ancora, l'uomo arriva a prospettare la morte dell'umanità se i gay non verranno discriminati:
Questa analisi in larga parte spiega il successo della spinta per il matrimonio gay, che è davvero la sintesi dell'insensatezza degli anni Sessanta. Spiega perché, negli ultimi quattro o cinque anni, cose che non erano mai state considerate urgenti sono state innalzate ai primi posti dell'agenda, principalmente attraverso la persistenza dei media nel metterli in cima alla loro lista delle priorità. E' stata imposta alla nostra società una antropologia ricreata, tesa al trasferimento della custodia della realtà umana da Dio agli uomini - per la verità non tanto agli uomini, quanto a certi uomini. Siamo di fronte a una forma di suicidio culturale della specie, uno smantellamento di ogni cosa da cui la sopravvivenza dell'umanità dipende.
L'articolo è incredibilmente lungo per poter analizzare ogni singola rivendicazione, eppure pare impossibile non osservare come termini, parole, critiche e accuse assomiglino incredibilmente a quelle che in Italia troviamo nella propaganda di Brandi o di Amato. Sembra che l'articolo sia un conferma di come ci sia una regia unica dietro al movimento d'odio anti-gay, con tesi e ritornelli che vengono riproposti immutati così come le lobby dell'estrema destra statunitense li hanno pensati.
Certo che fa una certa impressione pensare che denaro pubblico venga versato nelle casse di giornali che sostengono che i diritti delle minoranze siano da intendersi come un suicidio dell'umanità.