Mario Adinolfi: «Che cazzo di reato è l'istigazione all'odio? Io partigiano contro il nazismo dei gay»
Appare isterica e fortemente patetica la reazione di Mario Adinolfi alla notizia delle indagini avviate dalla Procura di Torino contro Silvana De Mari per diffamazione e istigazione all'odio razziale. Intenzionato a difendere l'indifendibile pur di cercare di salvaguardare i profitti personali che sta ottenendo dal commercio di odio, è attraverso Facebook che l'integralista firma un articolo dal titolo "Se arrivano a volerci in galera".
Per chi se lo stesse chiedendo, Adinolfi è stato sospeso dall'uso del social network per aver sciacallato la morte di Dj Fabo con un indegno paragone allo sterminio nazista, ma in quella sua costanze noncuranza delle regole (si pensi anche solo alla sterminata quantità di manifesti abusivi che ha affisso per le vie di Roma a danno delle casse comunali) non ha atteso manco un minuto prima di aprire un nuovo profilo e tornare a promuovere il suo odio a danno di interi gruppi sociali.
Il leader del movimento integralista, scrive:
Silvana De Mari è stata messa sotto indagine dalla procura di Torino, ci informa il Corriere della Sera, per alcune frasi che avrebbe scritto sul quotidiano da me diretto e pronunciato alla trasmissione radiofonica La Zanzara. La giornalista del Corriere della Sera non si preoccupa di verificare le fonti e le frasi che vengono attribuite agli articoli della De Mari su La Croce non sono mai state scritte su La Croce, sono le "libere traduzioni" che il blog Gayburg fa di qualsiasi cosa diciamo io, la De Mari, la Miriano o Gianfranco Amato, i quattro bersagli giornalieri di questo schifoso sito zeppo di offese folli e gratuite. Per la verità Silvana De Mari ha scritto articoli su La Croce anche più netti delle frasi che il Corriere della Sera le contesta, ma inventa. Quindi diciamo che se l'accusa è aver rivendicato la libertà d'opinione su materie delicatissime riguardanti la sessualità e la famiglia, l'accusa è certamente fondata. E come direttore de La Croce sono al fianco di Silvana De Mari, orgoglioso di aver pubblicato i suoi articoli e di aver dato spazio ad una voce controcorrente.
Ovviamente il signor Adinolfi dovrà spiegare in che modo sostenga che i virgolettati del suo giornale siano da intendersi come "libere traduzioni", soprattutto perché la totale sfiducia della sua etica ha fatto sì che nulla venisse riportato senza allegare una prova non modificabile della fonte.
Indegno è poi il suo vantarsi di come la sua pupilla abbia lanciato insulti assai più gravi contro quella comunità che da anni è vittima della sua persecuzione, in quella barzelletta che vede Adinolfi lagnarsi di chi chiede il rispetto della legge mentre ostata la sua totale noncuranza delle regole civili. Con in vittimismo di chi pare sostenere che i poveri nazisti fossero perseguitati da quegli schifosi ebrei che non si facevano ammazzare in silenzio, Adinolfi aggiunge:
Per le sue parole la De Mari è stata anche deferita all'Ordine dei medici. Per le mie in materia di eutanasia l'Ordine nazionale dei giornalisti mi ha deferito al mio ordine regionale di riferimento, con provvedimento a firma di un collega che proviene da Famiglia Cristiana. La Procura di Torino indaga la De Mari basandosi su un esposto-denuncia di un'associazione gay finanziata da un noto parlamentare e data in gestione al suo ben più giovane compagno. La leva giuridica dell'inchiesta è la legge Mancino: in pratica vogliono mandare la De Mari in galera come se fosse razzista o antisemita, le vogliono togliere il titolo di medico, la vogliono radiare dall'Ordine. Così vogliono fare con me presso l'Ordine dei giornalisti mentre altri amici sono nelle stesse condizioni presso l'Ordine degli psicologi e degli avvocati. L'offensiva è di una violenza senza precedenti: vogliono impedirci di esercitare le nostre rispettive professioni, toglierci il mestiere e il reddito, infine mandarci in carcere. E vogliono farlo con noi che siamo più visibili affinché sia da monito per coloro che di coraggio magari ne hanno un pizzico meno. Che non si azzardino, ne va di mezzo pagnotta e libertà. E così in tanti preferiranno tacere.
La premessa di Adinolfi è sempre la stessa: io ho ragione a prescindere e il mondo è cattivo nel non ritenermi migliore di loro. Gli altri sono spazzatura da perseguitare, insultare e sfruttare per profitto attraverso un sedicente "partito" che appare una brutta copia del nazismo con la sua azione volta a reintrodurre distinguo che tolgano dignità ad alcune famiglia a vantaggio di altre.
Ed è sostenendo che l'organizzazione di incontri pubblici sostenere l'inferiorità di un gruppo sociale sulla base di presunte "veità scientifiche" debba essere intesa come una lecita opinione personale, l'integralista torna a rendersi ridicolo nell'aggiungere:
Fuori dagli Ordini professionali, pubblicamente insultati nelle reti televisive mainstream dai cantanti di regime, perseguitati dal potere politico (la regione Piemonte e il comune di Torino si sono subito associate all'esposto contro la De Mari), ora anche inquisiti dai magistrati. Il tutto, per un'opinione diversa da quella dominante. Se dico che questo è nazismo, mi inquisiranno per la legge Mancino? Ancora una volta i magistrati provano a "colmare le lacune provocate dai ritardi del Parlamento". Poiché il Parlamento non ha approvato la legge Scalfarotto, che produceva gli effetti della legge Mancino e affibbiava sei anni di galera sul groppone degli "istigatori all'odio omofobico", ecco che una creativa sentenza si prepara e legiferare al posto dei legislatori. Come già è stato fatto con l'adozione gay vietata dalla legge sulle adozioni e varata per sentenza, come già è stato fatto con l'utero in affitto vietato dalla legge 40 e varato per sentenza, come già è stato fatto con la trascrizione del matrimonio omosessuale esplicitamente escluso dal nostro ordinamento e invece reso trascrivibile per sentenza. Basta che il magistrato sia quello "giusto" e per la De Mari arriverà rinvio a giudizio e esemplare condanna alla galera. Per un'opinione diversa.
Ovviamente anche qui si è dinnanzi ad una lunga serie di affermazioni azzardate. Innanzi tutto la De Mari dovrà rispondere di specifiche frasi e non c'è generalizzazione che tenga. Se una persona afferma che i membri del Mario mieli di Roma siano «simpatizzanti della pedofilia» e non ha alcuna prova di quell'asserzione, quella è diffamazione. Se si afferma che i cristiani dovrebbero poter possedere armi per sparare agli Islamici per strada, quella è istigazione all'odio.
E lo stesso vale per lui, dove all'Ordine è stato chiesto conto si specifiche frasi: si pensi anche solo al suo sostenere che l'essere gay renda le persone più portate a commettere omicidi o il suo presentarsi in comizi pubblici per sostenere che gli adolescenti gay debbano essere "curati" attraverso torture psicologiche che potrebbero condurre alla loro morte (inutile a dirsi, invitare qualcuno a contribuire alla morte di un adolescente non appare certo un'opinione!).
Nonostante il suo compagno di partito sia arrivato a denunciare i professori del Giulio Cesare di Roma quale intimidazione contro chiunque osasse proporre la lettura di libri a lui sgraditi (salvo poi veder archiviare il procedimento dopo che i magistrati hanno rilevato come quella denuncia fosse ideologica e infondata), Adinolfi aggiunge:
La violenza di chi l'ha denunciata è sotto gli occhi di tutti, la clamorosa dimensione della discriminazione di cui è fatto oggetto chi non la pensa come il coro dominante sul tema dei "nuovi diritti" dovrebbe far saltare in piedi l'Italia intera a difesa di Silvana De Mari. Invece in piedi insieme a lei ci siamo noi e pochi altri amici. Non un opinionista di un importante quotidiano, non una trasmissione televisiva che gridi allo scandalo, alla lesione importante di un fondamentale diritto alla libertà di opinione, non un collega giornalista che rivendichi persino per noi la libertà di stampa e l'articolo 21 della Costituzione. No, quell'articolo è invocato solo se l'opinione è quella "giusta", cioè quella dominante.
In un'Italia così sarà motivo d'orgoglio essere radiati dagli Ordini e mandati in carcere. Quando poi il fascismo finì, fu chi subì quei provvedimenti a poter dire: io ho resistito.
E quando un alleato di un gruppo di estrema come Militia Christi si auto-proclama "partigiano" contro il nazismo che lui vedrebbe in quei gay che non si lasciano discriminare, bhe, ogni commento pare superfluo.
L'ultima nota è come fra i commenti Adinolfi sia pronto ad affermare: «Che cazzo di reato è l'istigazione all'odio? Serve a mettere la mordacchia al rivale politico?». No, caro Adinolfi, serve a impedire che la brama di potere di qualcuno possa comportare danni o morte tra le persone che quel personaggio ha deciso di sacrificare sull'altare del suo tornaconto personale.
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