Silvana De Mari, dall'Ultimo Elfo ai lascivi racconti di uomini possenti che devono ingravidare vagine
Le modelle di Grinko «spesso devono farsi aiutare da cocaina e metaanfetamina per resistere a fame e fatica, montati su scarpe importabili, questi corpi fanno delle loro ossa degli appendiabiti per stracci brutti e ridicoli che hanno bisogno della loro magrezza patologica per non essere osceni». Lo dichiara la solita Silvana De Mari, instancabile nel suo elargire condanne e insulti contro tutto e tutti dall'alto dei suo ritenersi detentrice della verità unica e assoluta.
L'attacco, ovviamente, non è contro quelle modelle che lei cristianamente disprezza, ma contro due stilisti che lei cristianamente odia con sé stessa. I due vengono da lei etichettati come «due uomini incapaci di sessualità che si sono comprati due minuscole schiave. Le espongono avvolte in drappi neri: le due bambine portano il lutto per la loro infanzia violata, per la loro femminilità violata, figlie di una madre, anzi di due, che sono state ridotte a ovuli e utero».
Il riferimento è alle figlie dei sue stilisti, ossia a minori che lei etichetta come schiave perché non sopporta l'idea che possano essere venute al mondo. In un declino di violenza, pontifica anche: «Qualcuno obbietterà che da tutto questo scempio sono nate due vite. Anche in seguito allo stupro si forma la vita».
E se la De Mari ama sventolare la Bibbia come se si trattasse di un oggetto di offesa, le sarebbe bastato leggerla per sapere che non bisogna giurare nel nome di Dio. Eppure, in contraddizione con i dogmi che vorrebbe imporre con la violenza al prossimo, la donna appare capace di aggiungere: «Giuro su Dio in cui credo profondamente che preferirei avere le mani amputate a colpi di ascia che avere il disonore di stringere la mano a uno di questi uomini, questi proprietari di piccole schiave pagate e torturate con il distacco violento dal corpo che le ha portate, esposte in passerella per quello che sono».
Insomma, la signora De Mari pare non gradire le figlie dei due stilisti ed ha ritenuto di doverle insultare perché non avrebbe mai voluto potessero nascere. In fondo perché mai bisognerebbe concedere dignità a due neonate se le si può stuprare per fini commerciali e propagandistici?
A quel punto la scrittrice torna ad attaccare la sessualità dei gay con una pruriginosa favoletta erotica che si spera non verrà propinare a dei minori come altri suoi scritti di dubbio valore. In riferimento alla coppia gay, scrive:
Si tratta di due asessuati omoerotici, due persone incapaci di amare il corpo di una donna, di sentire la meraviglia del contrasto tra il corpo morbido della donna e quello possente dell’uomo, di sentire la completezza dell’atto: il pene nella vagina, seme e ovuli che si incontrano nel ventre tiepido e buio della madre, dove cullato dalla voce si formeranno il bimbo o la bimba. Questi due uomini incapaci di sessualità si rivolgono narcisisticamente a un corpo simile al proprio, e che hanno probabilmente sostituita la sessualità con l’atto di introdurre il pene nella cavità anorettale, gesto doloroso e dolente, gravido di conseguenze cliniche.
Insomma, spergiurando su Dio che lei sappia con esattezza come facciano sesso i due stilisti (nonostante l'esser gay non implichi necessariamente una penetrazione anale), la donna spiega la sua convinzione sul fatto che l'unico compito di un uomo sia quello di ingravidare una vagina offerta da una donna che non deve avere altra aspirazione se non quella di aprire le gambe dinnanzi ad un pene eretto. Ed ovviamente ogni eiaculazione deve necessariamente essere finalizzata alla procreazione:
Da chi queste bambine potranno imparare la fierezza dell’essere donne? Da chi la fierezza di diventare madri, loro, figli di una maternità comprata e venduta?. Chi dirà loro le parola “Le mestruazioni sono una cosa meravigliosa, perché ti permettono la gravidanza, e dalla mia gravidanza sei nata tu, e dalla tua nascerà il tuo bambino, il mio nipotino.” Quando queste bambine scopriranno che la loro mamma le ha vendute, come la madre di Raperonzolo della fiaba? Non c’è bisogno che lo scoprano: nel loro io inconscio lo sanno già. Come la principessa in ostaggio alla loro acquirente, anche loro sapranno di essere state merce di scambio.
La donna pare dunque convinta che sia la proprietà dello sperma o dell'ovulo a creare dei genitori, anche dinnanzi chi poi butta i figli in un cassonetti, li abbandona o abusa dei loro corpo. Oppure si può pensare che genitore sia chi cresce i propri figli con amore e dedizione. A giudicare dalla rabbia recondita che la povera donna è solita ostentare, c'è da temere che lei non abbia avuto questa fortuna.
Il tutto va inserito anche in quel quadro in cui la signora De Mari risulta ha pubblicamente e ripetutamente dichiarato che tutte queste sua affermazioni sono una ritorsione contro i gay e che lei non smetterà di fomentare odio contro di loro sino a quando le sue condizioni non verranno rispettate.