La Poleggi attacca il Comune di Bari e lo accusa di aver ridotto in schiavitù gli agenti della polizia municipale
Il Comune di Bari ha ridotto in schiavitù gli agenti della polizia municipale per imporre loro il «gender diktat». Lo afferma nero su bianco Francesca Romana Poleggi dalle pagine della sua associazione Provita Onlus.. Tale accusa sarebbe gravissima se solo non fosse un'evidente bufala che è parte della campagna denigratorie e diffamatoria che la sua organizzazione politica sta conducendo da anni contro un intero gruppo sociale, anche se ciò non spiega perché l'amministrazione comunale non sporga denuncia per diffamazione contro una realtà che sta facendo della menzogna e della propaganda d'odio l'unica ragione della loro esistenza.
Nella versione dei fatti rivista e corretta dalla signora Poleggi, ai seguaci dell'organizzazione omofoba viene raccontato che:
Anche noi, in Italia, dobbiamo stare al passo con i tempi e –soprattutto– col gender diktat. Ma che c’entrano i Cinesi nella foto? Se arrivate in fondo all’articolo lo capirete.
Come il Canada ha organizzato corsi di indottrinamento per pubblici impiegati (che potrebbero servire alla selezione del personale che non si adegua al gender diktat), così il Comune di Bari ora ha organizzato 4 giornate “formative” da 6 ore ciascuna per gli impiegati a contatto con il pubblico.
Come si legge sull’edizione locale de “La Repubblica” infatti: «La formazione riguarderà tutto il personale di front office del Comune di Bari: insegnanti di asili nido e scuole dell’infanzia, addetti dell’Ufficio pubbliche relazioni, assistenti sociali. Le lezioni saranno organizzate in mini classi da 25 persone».
Da buona adoratrice del dio denaro, la Poleggi cita l'assai poco autorevole Rodolfo De Mattei quale fonte del suo sostenere che «i costi della propaganda gender» sarebbero di 80.000 euro. Una cifra sventolata solo per far credere ai suoi seguaci che loro avrebbero potuto attingere a quei soldi se solo si istituzionalizzasse l'odio omobico come Putin ha già fatto in Russia, nella completa negazione dei gravissimi danni economici che la propaganda integralista sta già causando al nostro Paese.
La sua tesi è che le minoranze debbano essere perseguitate e private da qualunque diritto civile e che:
I Lettori vogliono sapere perché abbiamo messo la foto dei Cinesi e abbiamo evidenziato l’espressione “Sessioni di studio”?
Le “sessioni di studio” sono l’attività serale che si svolge tutti i giorni, dopo 14 – 16 ore di lavoro forzato, nei campi di concentramento cinesi, il laogai. Infatti una caratteristica propria dei lager comunisti, che li differenzia da quelli nazisti, è che i laogai di oggi (come i gulag di ieri) sono ideati non solo per punire i dissidenti, non solo per produrre di tutto e di più abbattendo il costo del lavoro a zero, ma anche per “rieducare”, per fare il lavaggio del cervello. Perciò quelle che i Cinesi chiamano “sessioni di studio”, sono le lunghe sedute in cui i condannati devono ripetere a memoria e all’infinito le regole di pensiero imposte dal Partito Comunista, devono denunciare i loro crimini (spesso inesistenti), e devono convincere i carcerieri (pena la tortura) di essersi adeguatamente pentiti e di essere devoti al PCC e all’ideologia che esso incarna.
Ecco: la rieducazione all’ideologia gender da noi avviene in modo meno cruento, ma egualmente efficace. Le sessioni di studio servono allo stesso scopo.
E tutto questo solo perché lei raccoglie soldi e basa i suoi guadagni sulla vendita dell'omofobia, motivo per cui le serve creare paura e isteria se vuole continuare a fare soldi sulla morte e sulla persecuzione del prossimo. La donna cita anche Harry Wu, omettendo di ricordare ai lettori che è sulla sua figura che lui e Toni Brandi facevano cassa prima di fondare Provita.
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