Rocco Buttiglione sostiene che i gay debbano essere "risanati" con la "medicina" della dottrina ultracattolica
È basandosi sulla mera illazione che Rocco Buttiglione ha firmato un articolo intitolato "Cosa mi avrebbe detto don Giussani se avessi avuto un amico omosessuale?".
Ovviamente la domanda in sé presuppone che ci si debba sentire a disagio con un amico gay, ponendosi come persone che si sentono migliori in virtù della propria passione per le donne. E se la religione fosse quella roba che loro descrivono, fatta da un Dio irascibile e votato all'odio, sarebbe piacevole assistere al momento del loro giudizio quando gli verrà chiesto che cosa hanno fatto della loro vita. Si vanteranno di aver avuto erezioni dinnanzi ad un paio di tette mentre hanno distrutto l'amore altri? Davvero sosterranno che quel Dio che invitava a non giudicare apprezzerà i loro giudizi?
Fatto sta che l'ex-segretario del Ppi e del Cdu, presidente dell'Udr e dell'Udc, pare sedersi in cattedra nel lanciare moniti e ammonizioni contro chi osa avere un orientamento sessuale diverso dal suo.Il tutto con l'aggravante di come lo stia facendo a nome di un defunto che non potrà mai ribattere alle sue illazioni. Scrive:
Il motto di Giussani era: vieni e vedi. Non c’è nessuna condizione preliminare a questo invito. Tutti sono invitati alla festa delle nozze dell’Agnello. Che tu sia omosessuale o eterosessuale è del tutto irrilevante.
La comunità però ti invita a metterti in cammino. Tu hai un destino, una vocazione che scoprirai nella sequela di Cristo. Seguire significa mettersi in gioco, accettare di cambiare radicalmente la tua vita. Sei chiamato ad una conversione, ad un cambiamento di mentalità, a diventare un uomo nuovo. [...]
L’avvenimento della fede porta in se stesso anche una dottrina ed una dottrina morale. Un omosessuale spesso ha fatto l’esperienza del rifiuto ed afferma il proprio diritto ad essere rispettato in quello che è. È colpito dal l’accoglienza ma fa fatica (come tutti del resto) davanti alla prospettiva della conversione. Tuttavia chi ti dice che vai bene così come sei e non hai bisogno di conversione non è un amico vero. È essenziale in ogni uomo la formazione di una coscienza penitenziale, la visione della sproporzione fra quello che siamo e quello a cui siamo chiamati per grazia. Il nostro peccato non scompare come per un incantesimo.
La premessa è dunque chiara: l'omosessualità p un peccato e un gay non può essere un cristiano se non si "converte" all'eterosessualità. Poi, ricalcando le screditate teorie di Nicolosi che indicava nell'omosessualità una "malattia" provocata da una qualche "ferita" inferta dalla madre, aggiunge:
Gli omosessuali hanno spesso una storia di dolori e delle piaghe aperte che si possono toccare solo con grande delicatezza. Occorre prima di tutto vivere con loro l’esperienza della amicizia cristiana in cui la prima cosa non è essere omosessuali ma essere persone umane. Solo dentro un rapporto forte di fiducia possono parlare non della omosessualità in generale ma della loro omosessualità che è poi infine l’unica che veramente importa.
Se si è interpellati sulla dottrina della Chiesa credo si debba rispondere con brevità, chiarezza e sincerità. Se non si è interpellati credo bisogni attendere il tempo opportuno, il kairos. In ogni caso non si deve brandire la dottrina come un bastone per offendere piuttosto che come una medicina per risanare. Bisogna dire la verità con carità.
La tesi è che il gay sia accettato se lo si spinge a bestemmiare contro il cielo per non essere nati come Adinolfi, magari dotati di un paio di moglie qualche figlia da agitare dai palchi dei propri convegni dopo averle minacciate pubblicamente di punizioni mortali qualora non dovessero farsi penetrare vaginalmente da un uomo:
Per la singola persona conta poco, in realtà, il discorso in generale sulla omosessualità. Conta molto di più la sua individuale storia di vita in cui è inserita la sua unica ed irripetibile omosessualità.
Altra cosa è il discorso pubblico, filosofico, teologico e politico sulla omosessualità. Qui è necessario rendere ragione in termini oggettivi della ragionevolezza della dottrina cattolica sulla omosessualità.
Insomma, il gay non deve far parte della società perché Buttiglione si crede migliore di loro, lodando chi non accetta la natura umana e preferisce etichettare come «un disordine» qualunque forma di diversità.
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