Il silenzio non è d'oro in fatto di bullismo e omofobia
In cuor nostro lo sappiamo. Sappiamo che per quanto abbia ragione Morgan Freeman («non sei omofobo, sei solo stronzo»), non possiamo permetterci il lusso di abbandonare la lotta contro l'omofobia e il bullismo. Sono questi ultimi a negare quel "diritto all'adolescenza" cui Alex Zorzini, avvocato e giudice onorario del Tribunale per i minorenni di Trieste, ha dedicato un bel libro (edito da Key Editore, 2015). Un volume pensato proprio per essere strumento di discussione e di dibattito anche all'interno delle aule scolastiche (ogni capitolo parte da un fatto realmente accaduto per arrivare alla norma giuridica: in tal modo, lo studente può riflettere sulle azioni compiute da altri e scoprire le norme giuridiche sottostanti).
Già perché confrontarsi e discutere è una delle chiavi di volta per riconoscere e contrastare un fenomeno diffuso e sul quale spesso i media non sono molto precisi. Il silenzio non è d'oro in fatto di bullismo e omofobia. Occorre parlarne spesso e bene. Come è successo a Roma anche di recente (il 4 maggio). Presentare il volume «Il diritto all'adolescenza» (cui hanno contribuito esperti di vari settori) ha creato l'occasione per un incontro con gli studenti del primo e del secondo anno del Liceo scientifico Augusto Righi, al quale hanno partecipato oltre a Alex Zorzini, Marco Cervellini (Polizia Postale), Teresa Manes (la mamma di Andrea Spezzacatena, vittima di un bullismo su "larghissima" scala), Fabrizio Marrazzo e Angela Infante, rispettivamente portavoce e presidente del Gay Center.
Gli elementi costitutivi del bullismo (fra cui, prima di tutto, intenzionalità di nuocere e persistenza nella volontà di far male), le reazioni di genitori e insegnanti (spesso confuse e balbettanti), i rischi connessi alla rete (qui la Polizia postale può essere d'aiuto), gli sportelli virtuali come la Gay Help Line o come l'app Speakly (per chattare anche in forma anonima) e quelli fisici, come la nuovissima casa famiglia Refuge per giovani LGBT (ospita persone dai 18 ai 26 anni): sono stati i temi (ben) trattati nel corso della mattinata, che ha alternato storie vissute a rilevazioni e analisi.
«Da tempo organizziamo questi appuntamenti», ha precisato Fabrizio Marrazzo, «ogni anno visitiamo circa 100 scuole e dove è possibile cerchiamo di tornare l'anno dopo, per gestire un progetto più lungo chiamato Laboratorio Rainbow». Infatti non basta una conferenza per quanto seguita e partecipata (a proposito, complimenti agli studenti del Righi: attenti e informati). Occorre tornarci sopra, pensare e individuare perché come e quando sorgano bullismi e omofobie. Perché le strade verso il bullismo sono come quelle che portano all'inferno: lastricate di buone intenzioni, di piccole omissioni, di giustificazioni pelose (ricercate online il comunicato di professori e compagni di Andrea, il ragazzo dai pantaloni rosa bullizzato al liceo Cavour di Roma: ahinoi, un vero capolavoro di ipocrisia).
Essere consapevoli di come cresce e si sviluppa un ambiente ostile è veramente un lavoro impegnativo per tutti. E da questo punto di vista il laboratorio Rainbow propone un percorso indovinato: costruire e realizzare un piccolo cortometraggio è come fare auto-analisi. Guardate ad esempio «Come Morgan Freeman», piccolo gioiello realizzato dagli studenti del liceo classico Socrate di Roma (lo trovate sulla pagina del laboratorio su Facebook o su Youtube). Per spiegare la massima meravigliosa di Freeman (da cui siamo partiti), gli studenti hanno scelto di mettere in scena le loro intuizioni, le paure, i motti di spirito e i piccoli cortocircuiti che compongono tutte le nostre esistenze. Il risultato? Godibile, intelligente e fresco.
Ed è questa la specificità dell'apporto associativo. Nessuna scuola ha la possibilità di immaginare un percorso di questo tipo (anche nel caso i professori siano disponibili: è questione di ruolo). Viceversa un'associazione composta da persone che vivono i problemi che rappresentano e fanno del loro meglio per risolverli, ha la credibilità necessaria per proporre un cammino che, se fatto bene, potrebbe sbaragliare convincimenti e pregiudizi, minando certezza scontate. Non è un caso se gli studenti aderiscono volentieri a questo progetto.
Perché il contrasto al bullismo e alla violenza connessa a orientamenti sessuali va fatta a tutti i livelli. Culturale e legislativo. Non si sa se in questa legislatura i parlamentari avranno il tempo per approvare la legge sul bullismo. Forse no: ci sono (sempre) cose più importanti... o che coinvolgono un numero più alto di persone (da ultima Repubblica, che, parlando del flop delle unioni civili, suggerisce implicitamente il criterio numerico, realizzando un bel bliz a favor d'omofobia). Le associazioni come il Gaycenter in ogni caso non si arrendono e continuano a coinvolgere il maggior numero di giovani, in un percorso che, se mette in luce le storture e le modalità del bullismo, ci fa capire molto degli altri e di noi stessi.
Leggi l'articolo completo su Gayburg