Repubblica si scopre anti-gay e lancia un attacco alle unioni civili
Non è facile comprendere che cosa abbia potuto spingere Repubblica a a pubblicare un articolo talmente semplicistico ed ideologico da sembrare scritto da un Mario Adinolfi qualunque, così come è evidente come quello scritto entrerà sicuramente a far parte della propaganda omofobica di quell'estrema destra neofascista. Fatto sta che il quotidiano si è scagliato con estrema ferocia contro le unioni civili in quella che appare come una pessima pagina di giornalismo. Afferma l'autrice dell'articolo:
In otto mesi 2.802 unioni civili. In tutta Italia. Erano 2.433 a fine dicembre. Se ne sono aggiunte 369 tra gennaio e fine marzo. Non c’è che dire: decisamente un flop. Che non può che sorprendere, vista la battaglia durissima e lo scontro politico per arrivare alla legge. Quella sulle unioni civili è stata senza alcun dubbio la legge politicamente più divisiva della legislatura. La Camera, con la fiducia, ha detto il sì definitivo l’11 maggio 2016.
Ci sarebbe da domandarsi quale sarebbe la cifra giusta secondo l'autrice per poter giustificare i diritti di una parte. Paiono dunque finiti i tempi in cui si credeva che i diritti fossero tali a prescindere dai numeri, preferendo ora sostenere che se è una minoranza ad essere colpita da discriminazione, allora la maggioranza può anche fregarsene.
Eppure i numeri paiono tutt'altro che trascurabili se se considera come nel 2015 in Francia i Pacs registrati tra persone dello stesso sesso fossero stati 7.000 in quasi 20 anni. Viene dunque da domandarsi nuovamente quale sia il numero giusto secondo Repubblica.
Ma non solo, l'autrice aggiunge:
Nelle piazze, prima della legge, c'erano migliaia di manifestanti —uomini e donne gay che rivendicavano il loro diritto di unirsi in un “matrimonio” civile— ma ora le cifre forniscono un quadro decisamente sottodimensionato. Sul quale non hanno inciso i numerosi decreti legislativi che, via via, da luglio 2016 fino all'11 febbraio 2017 quando è stato varato l'ultimo, hanno messo definitivamente a regime le nuove unioni rendendole compatibili con codici e altre leggi.
Ecco che d'un tratto tutti i manifestanti in piazza sarebbero stati esclusivamente "uomini e donne gay" perché lei ritiene che nessun eterosessuale avrebbe mai potuto manifestare per l'uguaglianza sociale altrui. E dopo aver ridimensionati milioni di persone a delle misere «migliaia», si passa al negare che qualcuno abbia manifestato anche se non direttamente interessato ad unirsi nell'immediato.
In un'evidente tentativo di tirare in ballo argomenti come la genitorialità (notoriamente più sgradita all'opinione pubblica), l'autrice aggiunge:
È significativo, nella lettura dei dati, confrontare i primi cinque mesi della legge, da agosto a dicembre 2016, e i tre mesi del 2017, gli unici finora disponibili. La legge Cirinnà entra in vigore il 5 giugno 2016, ma bisogna aspettare il 29 luglio per il decreto ponte. Il flusso delle unioni fino a dicembre — 2.433 — dimostra che chi voleva ufficializzare la sua unione, che magari andava avanti da anni, lo ha fatto subito. Poi il numero cala repentinamente. C'è da chiedersi che cosa sarebbe accaduto se le coppie avessero potuto regolarizzare grazie alla legge anche gli eventuali figli dei partner o addirittura adottarne. Ma questa sarebbe un'altra legge e un'altra storia.