Giudice cita Gandolfini per calpestare la Cassazione e negare il cambio di sesso ad una transessuale


Sono ormai anni che Giulia (nome di fantasia) cerca di ottenere dignità, con un nome sui documenti che possa corrispondere al suo aspetto fisico. Studentessa che sogna di diventare un'assistente sociale, si è battuta sino ad ottenere ben due sentenze della Cassazione e della Corte Costituzionale che imponesse la presa di coscienza della sua identità senza necessità di passare da quella castrazione che i sedicenti "cattolici" vorrebbero imporre alle persone transessuali.
A mettersi in mezzo al suo cammino è un giudice di Avezzano, un integralista che non tollera che Giulia possa avere dignità in virtù della transofobia che pervade il suo ambiente politico. L'uomo dice di non condividere le due sentenze emesse dalle massime coorti e di voler nuovamente rimandare la questione alla Corte Costituzionale nell'auspicio che possano cambiare idea e sostenere che la castrazione sia obbligatoria.
Di fatto si tratta di una richiesta che difficilmente verrà accettata e che, inevitabilmente, pare un atto finalizzato solo a prolungare i tempi per negare dignità a Giulia il più a lungo possibile, Ma dato che al peggio non c'è mai fine, tra le motivazioni addotte dal giudice si è arrivato a scrivere che «la “disforia di genere”, che si rifà alla teoria del “gender”, secondo la quale non esiste una diversità sessuale biologica “ma soltanto soggettiva e culturale».
E tanto basta a lasciare basiti: che diavolo ci fa in una sentenza quella fantomatica "teoria del gender" che nessuno ha mai teorizzato e che non a caso il giudice pare voler definire citando parola per parola quanto definito nei siti di propaganda omotranfobica del comitato di Massimo Gandolfini? E in che modo si può fare confusione tra ciò che è definito dall'Oms a ciò che Gandolfini si è inventato al solo fine di attaccare e perseguitare quelle persone che lui esige non debbano avere pari dignità in virtù di come lui reputi che il suo infecondo matrimonio debba valere più di quello altrui in virtù di cme lui si dichiari un estimatore delle tette?
Non solo, la sentenza riporta anche interi passaggi di quanto l’avvocato Stefano Nitoglia, componente del Consiglio di segreteria del Centro studi Rosario Livatino, pubblicò sul sito di Gandolfini. Un atto che peraltro sa di illegalità, dato che l’articolo 118 comma 3 delle Disposizioni di Attuazione del Codice Civile viene sancito che i giudici possono solo citare delle sentenze e non pareri o fonti giuridiche. E tutto questo al fine di sostenere che l’intervento chirurgico sia indispensabile per consentire il cambio di genere di una persona in quanto ci sarebbero ambiti in cui «è certamente rilevante stabilire con sicurezza il «genere» della persona perché nessuno, men che meno se minore d’età, possa in qualche misura essere disorientato sull’identità del genere del «mutato di sesso»”. E in questi ambiti bisognerebbe tenere conto del contesto sociale in cui il tutelato opera».
Ecco le inevitabili conseguenza di una politica che non c'è, dove la dignità delle persone e le loro vite vengono affidate a singoli giudici che possono anche rivelarsi compromessi dall'ideologia del disprezzo e dell'Odio di cui Gandolfini è uno tra i più efferati sacerdoti.

Via: Gaypost.it
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