Quel Catechismo che condanna i gay ed assolve i pedofili
La quasi totalità delle violenze contro gay e lesbiche vengono giustificate nel nome della religione. Gli ideologi della persecuzione omofoba amano far riferimento all'articolo 2357 del Catechismo della Chiesa cattolica, il quale bolla gli atti omosessuali come «intrinsecamente disordinati e contrari alla legge naturale», o al documento della Congregazione per la Dottrina della Fede del 1986 che parla di «peccati gravemente contrari alla castità».
In virtù di come l'articolo 2351 del Catechismo della Chiesa cattolica affermi che «la lussuria è un desiderio disordinato o una fruizione sregolata del piacere venereo» e che «il piacere sessuale è moralmente disordinato quando è ricercato per se stesso, al di fuori delle finalità di procreazione e di unione», c'è chi sostiene che la pedofilia non possa essere considerata un’offesa alla castità perché l’abuso non può essere considerato un rapporto sessuale tra due persone consenzienti, ma una pura violenza agita da un adulto nei confronti di un bambino. Il pedofilo non prova alcun desiderio, è una persona anaffettiva, e la vittima in quanto in età prepuberale non può essere reputata dotata di sessualità o desiderio. Tutte elucubrazioni che portano il clero ad identificare la pedofilia come un semplice crimine contro la morale.
Nel 2013 Benedetto XVI l'ha definita un «abuso morale» e tale è la definizione scelta di recente anche da papa Francesco nella premessa all'autobiografia di una vittima di un sacerdote pedofilo. Di conseguenza i responsabili devono risponderne a Dio e non alle leggi della società civile. È per questo motivo che non vengono denunciati ai carabinieri.
Siamo ovviamente dinnanzi a qualcosa di assurdo, con preti pronti a sostenere che il sesso sia più grave della violenza. E se non è chiaro perché mai la «finalità unitiva» del sesso pare debba essere riconosciuta solo a quel Gandolfini che vive un'unione sterile con una donna ma non a due gay fedeli che hanno deciso di condividere la propria vita, forse non serve cercare una qualunque logica dinnanzi a commi che permettono di sostenere che lo stupro di un minore si preferibile al far l'amore con la persona amata.
A testimoniare che quella sia la pratica e non una qualche astratta teoria è come i preti pedofili siano spesso trasferiti in altre sedi mentre contro i preti gay si preferisce ricorrere ad una più incisiva espulsione.
Gli effetti di tale politica sono sotto gli occhi di tutti. Da un lato personaggi come Mario Adinolfi vengono messi nella condizione di poter sfruttare il nome della Chiesa come mezzo di promozione d'odio contro interi gruppi sociali, dall'altro ai preti pedofili viene data la possibilità di salvarsi dal carcere e di poter mietere nuove vittime dopo il loro trasferimento. Troviamo persino preti condannati per pedofilia da ben due papi che possono sedere tranquillamente nella fila delle autorità al convegno di Adinolfi in "difesa" di quei bambini che lui abusava persino dentro il confessionale.
A denunciarlo in seguto a quell'apparizione fu un politico del Sel e non certo quella Chiesa che aveva fra le mani tutti i documenti necessario per poter appurare i fatti ma che arrivò persino a negare la rogatoria chiesta dalla Procura italiana.
Avoler spaziare anche ad altri casi, emblematici sono i fatti di Provolo di Verona. In quel caso le accuse di violenze sessuali formulate da 67 minori sordomuti ospiti di un istituto religioso sono rimaste inascoltate per quasi 30 anni nonostante riguardassero ben 25 persone tra sacerdoti e fratelli laici. E dopo il tardivo intervento delle autorità vaticane, molti preti della lista presentata al magistrato dalla Santa Sede risultavano già morti mentre altri erano stati trasferiti in Argentina.
Quella vicenda è stata ben raccontata in una inchiesta realizzata da Sacha Biazzo per Fanpage.it (che per quel video ha vinto il primo premio della sezione “Short” ai DIG Awards 2017) e mostra evidenti mancanze da parte della autorità ecclesiastiche. L'esempio più lampante è il rapido proscioglimento che venne riservato a quel don Nicola Corradi che ritroviamo arrestato nel novembre del 2016 in Argentina con l'accusa di aver abusato di alcuni bambini all'interno di una succursale sudamericana dell'istituto religioso di Provolo. E crea indignazione anche come tra gli accusato figuri l'ex vescovo di Verona, Giuseppe Carraro, per il quale il 16 luglio 2015 papa Francesco ha autorizzato la pubblicazione del decreto riguardante le sue «virtù eroiche» con il suo conseguente inserimento tra i venerabili (primo passo verso la beatificazione). Il loro accusatore, Gianni Bisoli, nel 2012 era stato ritenuto inattendibile nonostante fosse stato in grado di fornire la minuziosa descrizione della stanza in cui era costretto a «masturbazioni, sodomizzazioni e rapporti orali».
Le vittime degli abusi erano bambini sordomuti, ossia bambini scelti perché impossibilitati a raccontare a qualcuno ciò che subivano. Solo dopo svariati anni, grazie alle moderne tecnologie, hanno potuto dar voce alle loro accuse.
Nelle video si vedono preti reo confessi che ridono divertiti al ricordo degli abusi, inclini a raccontare la solita favola del bambino "tentatore" che avrebbe tentato la carne debole dei poveri sacerdoti. E in quello schifo sarebbero state coinvolte anche le suore, alcune delle quali sarebbero indagate. Il sacerdote sostiene che fossero loro ad avere «la collezione di ragazzi subnormali da 5 a 15 anni» e che quando le religiose li portavano a confessarsi «dovevi vedere che coso grosso avevano».
Secondo la Convenzione internazionale di Lanzarote, la prescrizione per abusi sessuali su minore scatta dopo cent'anni dal reato. L'Italia ha firmato la Convenzione nel 2007, il Parlamento l'ha ratificata nel 2012 ma la Magistratura italiana ha deciso di non applicarla nel caso del Provolo dichiarando prescritti tutti i reati. La Commissione vaticana del 2010 non ha scomunicato nessuno dei preti coinvolti e tutte le testimonianze sono state secretate dal Vaticano. Ad oggi, nessuna delle vittime è stata risarcita.
A questo punto possiamo anche raccontarci che tutto questo sia il volere di Dio, oppure possiamo domandarci se tutti quei dogmi e quei codici che permettono simili abomini non siano da intendersi come uno sbaglio della mente umana. Pare lecito ritenere che la depenalizzazioni degli scandali della Chiesa sia stata decisa sulla base della convenienza di qualcuno, così come pare altrettanto lecito ritenere che un Papa che ha inserire una condanna all'omosessualità nel Catechismo per mettere a tacere le voci che lo indicavano come gay fosse per la sua convenienza. Se si accettasse la realtà dei fatto e se si ammettesse che i dogmi scritti all'uomo siano frutto dell'uomo e non una qualche volontà divina, forse il mondo potrebbe tornare ad essere un mondo migliore e certe discriminazioni ingiustificate non potrebbero più essere vendute nel nome di quello stesso Dio che venne usato per giustificare la segregazione razziale, la persecuzione dei mancini o il rogo di qualunque donna manifestasse un libero pensiero.
Gesù la fece semplice invitando ad amare il prossimo come sé stessi mentre il clero ha creato e codificato ben 2.865 precetti (molti dei quali troppo abusati per giustificare persecuzioni, discriminazioni ed ingiustizie sociali). Pare normale tutto ciò mentre c'è chi indossa un rosario al collo mentre ride divertito al ricordo di come ai dei bambini diventasse duro?
Un qualche codice potrà anche dire che io sia peggio di lui, ma è il buonsenso e la forza della verità a suggerire che a Gesù non dispiacerà che i miei ricordi si basino su persone adulte e consenzienti che in quel momento volevano stare con me esattamente quanto io volevo stare con loro. È davvero più grave amare che abusare? Probabilmente nessuna persona sana di mente sarebbe in grado di sostenerlo ad alta voce, ma esattamente quanto sostiene implicitamente una chiesa che parla di «bomba atomica» dinnanzi al rispetto dell'identità di genere, di esistenze «oggettivamente disordinate» per i gay e di semplice «abuso morale» dinnanzi a chi si stupra un bambino di soli cinque anni mentre ridacchia divertito al solo pensiero di come il suo pene diventasse duro quando lo si toccava.
E persino la terminologia pare più rispettosa dei pedofili che dei gay, dato che loro vengono definiti come tali mentre agli altri tocca sorbirsi la cacofonica dicitura di «persona con tendenze omosessuali» quasi si volesse negare l'esistenza stessa dell'omosessualità. È esattamente ciò che fa Putin nel quando nelle sue leggi omofobe parla di «orientamenti sessuali non tradizionali» per esimersi dal dover riconoscere l'omosessualità, come quei ceceni che negano l'esistenza di campi di prigionia perché «da noi non c'è gente come quella» o come fece Mussolini quando non introdusse alcun Paragrafo 175 perché ciò avrebbe significato dover ammettere l'esistenza dei gay in Italia. «La paura del nome non fa che aumentare la paura della cosa stessa», diceva Albus Silente in uno dei libri della Rowling. E questa ne è la triste dimostrazione.
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