Chi difende i bambini dalla Ruiu?
Prosegue senza sosta la promozione dell'intolleranza da parte di quei gruppi politici che cavalcano un presunto sentimento religioso come pretesto per una efferato attacco al principio costituzionale della pari dignità. Si tratta di un'aggressione feroce, incessante ed interamente basata sulla ossessiva ripetizione di parole chiave finalizzate alla creazione di isteria e disinformazione. Ad esempio è la gandolfiniana Maria Rachele Ruiu a scrivere su Twitter:
Grazie Sboarina perché difende i bambini, come promesso in campagna elettorale: StopGender nelle scuole! Le famiglie sono con lei!
Il tema in oggetto è un punto del programma elettorale con cui il sindaco veronese Federico Sboarina ha promesso una sistematica censura da scuole e biblioteche di qualunque libro osi affermare che l'eterosessualità non sia l'unico orientamento sessuale accettabile.
Pare dunque evidente che non si stia parlando di «difendere» un qualcosa o un qualcuno, dato che il tema in oggetto non è un qualche fantomatico attacco alla famiglia tradizionale ma solo la volontà di impedire che le altre famiglie possano avere il rispetto che la Ruiu esige le sia riservata. Lei esige di poter sposare chi vuole mentre si batte perché agli altri sia impedito. Esige pieni diritti per i suoi figli mentre chiede che ai figli altrui sia tolta ogni tutela giuridica. Tanto basterebbe a comprender che quell'atto non è per qualcuno, ma solo contro qualcun altro.
La posizione della Ruiu per un generico contrasto a qualunque forma di accettazione della diversità viene riconfermata da ogni sua rivendicazione politica: la troviamo pronta a sostenere che un bambino nato in Italia non debba poter essere ritenuto italiano perché altrimenti conterebbe quanto lei, così come chiede che una famiglia gay non debba avere pari dignità perché altrimenti conterebbe quanto la sua. Insomma, le sue rivendicazioni non portano a null'altro che non sia la pretesa di impedire che gli altri possano avere accesso ai suoi stessi diritti (che di fatto diverrebbero privilegi dettati solo dalla sua ostentata preferenza sessuale). Siamo dinnanzi ad una tizia che vorrebbe esaltare la sua essenza sino a sostenere che il suo essere nata in Italia non debba essere ritenuta una casualità ma un "merito" o che il suo provare attrazione per gli uomini non è sia una delle tanti naturali varianti della sessualità ma un "pregio" che merita riconoscimento giuridico.
Date le rivendicazioni, dovremmo credere che lei pensi davvero che quella lotta contro la vita altrui sia una forma di «difesa» per bambini che rischiano di essere perseguitati o picchiati nel suo nome? O forse è lecito presumere che lei voglia solamente «difendere» solo i suoi privilegi e la sua strenua convinzione di dover essere considerata superiore agli altri per diritto di nascita?
Più velato me non certo meno trascurabile è anche il suo continuo tentativo di far leva su temi che paiono strizzare l'occhio al neofascismo: non a caso nei suoi discorsi troviamo parole chiave come Dio, Patria e Famiglia.
Se è inutile dilungarsi sull'abuso del sentimento religioso e sulla sua strenua promozione del nazionalismo, nel messaggio la Ruiu pare volersi ergere anche a portavoce supremo di tutte le famiglie del mondo, in quello stile propagandistico tipico dell'integralismo in cui si gioca ad auto-proclamarsi rappresentanza di maggioranze che mai gli hanno dato delega su tali temi. Una tecnica sicuramente poco etica, ma forse inevitabile per chi ha visto che tutto sommato qualcuno ha davvero creduto alla loro sparata dei due milioni di partecipanti al Family day (un numero assolutamente assurdo, del tutto incompatibile anche con la superficie fisica da loro occupata). Ed è buffo come a parlare a nome delle famiglie sia una sigle non non sposata, senza figli e assai lontana dalle regole con cui il stesso movimento vorrebbe codificare la famiglia. Sarà che i loro dogmi non si applicano alle due moglie di Adinolfi o all'unione sterile di Gandolfini, ma una sigle che si proclama "famiglia" pare davvero un po' troppo.
Lo scopo pare comunque evidente: si vuol far leva su una parola chiave propagandistica, abusata da chi sta facendo di tutto per appropriarsi indebitamente di un termine al fine di poterlo tramutare in un oggetto prettamente ideologico da poter usare a proprio uso e consumo: la loro "famiglia" non è la famiglia naturale prevista dalla Costituzione, ma un qualcosa di artificioso a cui si vorrebbero imporre regole e dogmi che escludano chiunque non rientri nelle loro codifiche (ossia l'antitesi di una Carta che ricorse a terminologie pre-giuridiche proprio per disfarsi dei distinguo introdotti sotto il fascismo). E questo anche attraverso un costante uso della dialettica al fine di snaturare il senso delle parole, arrivando persino a quella loro odiosa abitudine di usare il termine "naturale" come se fosse un sinonimo di "eterosessuale".
Interessante è anche il suo parlare di «gender» quasi come se quel termine avesse un qualche senso. A questo punto avrebbe potuto tranquillamente parlare di unicorni o di draghi volanti e sarebbe rimasta ugualmente nell'ambito di una contestazione a teorie che nessuno ha mai teorizzato. Ma forse l'inesistenza di un qualcosa è utile a creare paura, soprattutto da quando l'integralismo è riuscito ad ottenere che quel termine comparisse su un qualche giornale (tanto la gente mica si accorge che a pronunciarlo è un piccolo manipolo di integralisti: lo troverà scritto e crederà esista davvero). La propaganda dei termini è un passaggio fondamentale nella promozione di una truffa culturale in un periodo storico in cui il complottismo spopola tra scie chimiche ed antivaccinisti che citano Povia come prova sufficiente ad esporre i propri figli a rischi potenzialmente mortali.
Non a caso Gandolfini, Amato e Adinolfi ripetono ossessivamente che il «gender» esisterebbe perché c'è chi dice che non esita. Sostengono si tratti di un qualcosa che un qualche fantomatico «loro» vorrebbe imporre a quei bravi cristiani che vogliono solo disprezzano il prossimo, quasi si trattasse di quel medesimo «loro» che sostengano vogliano vaccinare i bambini quando li si potrebbe esporre a malattie che si consideravano debellate al fine di promuovere un sentimento anti-governativo. Insomma, il nemico non dichiarato fa sempre paura e ha maggior presa se si si fa leva sulla disinformazione delle persone.
Gli eventi paiono suggerirci che non sia un caso e che il problema è come negli ultimi anni siano venuti a mancare i filtri della stampa tradizionale in un'epoca in cui c'è chi non pare capace di discernere il vero dal falso. Oggi c'è chi basa la sua conoscenza su ciò che trova scritto scritto su Facebook, incapace di verificare quale sia l'autorevolezza della fonte. La riprova è come l'associazione "Scienza & vita" di Paola Binetti provò a promuovere la bufala dell' "ideologia gender" già nel 2007, ma ai tempi nessun organo di informazione serio sembrò disposto a perdere ogni credibilità nel dar credito quelle teorie. Oggi che i social network danno visibilità a tutti e c'è chi mette sullo stesso piano il complottismo di Povia con l'autorevole opinione medica di un qualche luminare, ecco che la bufala ha preso piede.
E di certo è facile ingannare la gente se si ricorre a slogan populistici a fronte di tematiche delicate che richiederebbero la voglia e la capacità di provare a comprendere temi non immediatamente riconducibili dal proprio vissuto. Quant'è facile spaventare i bigotti parlando ossessivamente di fantomatiche «lobby gay», «omosessualisti» o «minacce per i bambini»? Qualche anni fa nessun giornale si sarebbe permesso di riportare termini simili in assenza di una qualche prova di accuse che ormai si lanciano gratuitamente, basandole solo sul disprezzo che personaggi sin troppo noti ostentano verso le vittime di una vera e propria aggressione.
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Nella foto: Maria Rachele Ruiu in compagnia di Alessanro Fiore, Costanza Miriano, Massimo Gandolfini, Jacopo Coghe, Filippo Savarese, Simone Pillon e Mario Adinolfi.
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