La Russia mette al bando i testimoni di Geova, ordinando il sequestro dei loro beni a favore dello Stato
Il Collegio d’appello della Corte suprema russa ha confermato la sentenza del 20 aprile che ha dichiarato “estremista” l’organizzazione religiosa dei testimoni di Geova imponendole il divieto di attività in Russia e ordinando il sequestro dei beni a favore dello Stato. È stato quindi respinto il ricorso in appello del gruppo religioso, che però, per bocca dell’avvocato Viktor Zhenkov, ha annunciato che intende impugnare la sentenza davanti alla Corte europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo.
Bandendo l’attività del gruppo antitrinitario –noto per le prediche porta a porta e per il rifiuto del servizio militare– la Corte suprema russa ha accolto una richiesta del ministero della Giustizia, che accusa l’organizzazione religiosa di «violare la legge per combattere l’estremismo», ma ha sfidato anche il parere degli esperti delle Nazioni Unite, che a inizio aprile avevano definito l’iniziativa del governo russo «estremamente preoccupante», denunciando «una minaccia non solo ai Testimoni di Geova, ma alla libertà individuale in generale nella Federazione russa».
Il Decano della Chiesa Protestante Unita, il reverendo Andrea Panerini, si è dichiarato «sconvolto» dall’esito della vicenda, aggiungendo: «Tutto ci separa dai Testimoni di Geova: teologia, etica, approccio pastorale. Ma vedere una confessione religiosa bandita in questo modo con presunte accuse di terrorismo, avendo sequestrati i beni da parte di un governo che non conosce la democrazia, sa molto di vera e propria persecuzione a cui dobbiamo reagire con forza e determinazione. E tutto questo proprio mentre in Russia si fanno processioni portando in icona l’ex zar Nicola II, recentemente santificato dalla Chiesa ortodossa russa asservita al regime di Putin».