Messa al bando dei militari trans, il Pentagono: «Un tweet non basta, serve un ordine formale di Trump»


Continua a tener banco la notizia della messa al bando dei militari transessuali da parte di Donald Trump.
Nei messaggi pubblicati su Twitter, il presidente statunitense si è tricerato dietro ad una scusa su presunti «enormi costi medici» che non ha convinto i media. Calcolatrice alla mano, pare si stia parlando di costi assai trascurabili rispetto al bilancio complessivo. La Cnn ha anche predisposto un grafico che mostra visivamente perché la giustificazione di Trump non paia reggere. Ancor più se si considera come il Dipartimento della Difesa spenda più di 84 milioni di dollari all'anno per l'acquisto di Viagra a fronte dei 4/8 milioni richiesti per l'assistenza medica alle persone trans.



C'è poi un altro problema. Trump sostiene anche di aver consultato i suoi generali, ma il capo degli Stati maggiori congiunti pare sia stato il primo a sollevare obiezioni.
Il generale Joe Dunford ha infatti precisato che l'attuale politica di apertura ai transessuali, decisa dall'ex presidente Barack Obama nel 2016, resterà in vigore fino a quando Trump non darà un ordine formale al Pentagono e al ministro della Difesa, James Mattis. Nota infatti che un tweet non ha alcun valore e non basta certo ad annullare l'attuale politica di reclutamento. Ha dunque ordinato a tutti i soldati e ufficiali di ignorare i tweet di Trump assicurando che «nel frattempo, continueremo a trattare tutto il nostro personale con rispetto».
1 commento