Stop integralismo cattolico. L'autobus della vergogna contestato a Bologna
Anche la tappa bolognese dell'autobus transofobico di Filippo Savarese si è rivelato l'ennesimo flop. L'integralismo organizzato ha incontrato assai ben pochi sostenitori di quella fantomatica "idologia gender" da loro stessi ideata come strumento di promozione politica dell'estrema destra, ma tanti cittadini per bene hanno voluto contestare chi vorrebbe colonizzare ideologicamente le scuole per decidere quali bambini possano vivere liberamente la propria vita e quali debbano essere bollati come "sbagliati".
Il tutto, ovviamente, partendo dal presupposto che se la signora Ruiu va in piazza a sbraitare che lei ha una vagina e che le piace tanto essere penetrata vaginalmente da un pene, allora vanno bene solo le bambine che aprono le gambe dinnanzi ad un uomo. Oppure Savarese ci informa che il suo possesso di un pene dovrebbero conferirgli il diritto esclusivo di accesso a tutte quelle che lui sostiene siano "cose da uomini", naturalmente pretendendo si condanni qualunque ragazza abbia mire o sogni che lui sostiene spettino esclusivamente a chi fornisce pubblica dimostrazione di avere un pene.
È dunque dinnanzi a quella vergogna e a quella vera e propria azione di molestia contro i bambini che tanti bolognesi hanno deciso di scendere in strada al grido di «la differenza non è una malattia». Sugli striscioni si potevano legger slogan come: «Stop i fascisti e agli integralisti cattolici» o «L'emancipazione inizia a scuola, per questo la distruggono».
L'iniziativa di Ignacio Arsuaga (l'integralista spagnolo che si è comprato Savarese, Ruiu e Coghe per comprarsi anche le anime di chi aveva partecipato al "family day") ha richiesto pure l'intervento di alcuni agenti di polizia, sottratti a questioni assai più importanti per star lì a sentire Rachele Ruiu che urlava al mondo che lei ha una vagina ed esige che lo si dica anche ai bambini.
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