Il comitato di Gandolfini loda il Comune di Piacenza per aver scelto di negare ogni protezione ai ragazzi lgbt


Il comitato di Gandolfini è un gruppo di fondamentalisti cattolici che sostengono la necessità di "difendere" i bambini  attraverso azioni che neghino qualunque tutela o diritto a chi non è conforme al loro modello di quello che appare come un nuova forma di arianesimo. Il bambino viene visto come un oggetto di proprietà del genitore a cui si debba poter imporre l'identità e la sessualità nella noncuranza della natura.
Pare dunque grave come quel comitato abbia ritenuto di dover ringraziare pubblicamente il Comune di Piacenza per il contributo offerto nel fomentare l'isteria e la disinformazione tra i genitori riguardo alla bufala "gender" attraverso la scelta di citare a casaccio quella parola nel documento della Lega Nord che ufficializza l'uscita dalla rete di pubbliche istituzione che mirava a condividere le prassi di contrasto alla discriminazione basata sull'orientamento sessuale e dall'identità di genere, ossia sulle discriminazione da cui trae profitto il gruppo integralista.
In un costante uso politico della discriminazione, il comitato di Gandolfini si è anche affrettato a rendere partitica la loro azione discriminatoria mediante pubbliche lodi a quel partito che con tanto fervore patrocina i loro comizi e che chiede l'eliminazione di ogni forma di rispetto, dignità e protezione per i ragazzi lgbt. Scrivono:

Con l'uscita di Piacenza dalla rete RE.A.DY. possiamo verificare in concreto come la nuova Amministrazione comunale guidata dall'Avv. Patrizia Barbieri stia rispettando, con convinzione e dedizione, i principali impegni programmatici assunti durante la campagna elettorale. Ricordiamo che RE.A.DY è la Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni atti-discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere. Ciò che ha creato problema per la maggioranza dei cittadini è la proposta di modelli di educazione sessuale che non hanno fondamento scientifico e possono urtare la sensibilità dei bambini e la libertà educativa dei genitori.

Dietro le solite parole di circostanza, non a tutti è chiaro che il gruppo integralista sostiene sia poco scientifico accettare le evidenze dell'Oms riguardo alla naturalità dell'omosessualità ma sarebbe fortemente scientifico il sostenere che Dio odierebbe i gay (preferendo gli integralisti che si sposano più mogli in un qualche casinò) e che pertanto sarebbe necessario impedire ogni protezione verso quei figli che dovessero avere genitori incapaci di accettare il loro orientamento sessuale o identità di genere.
A far comprendere quanta falsità circoli nei loro proclami basterebbe anche solo sottolineare la loro teoria per cui i bambini rischierebbero di restare «confusi» se non si dice loro che devono essere eterosessuali perché è così che Adinolfi e Gandolfini esigono siano. Peccato che tale "ragionamento" sarebbe sostenibile solo ed esclusivamente se Adinolfi e Gandolfini affermassero pubblicamente di essere stato indecisi se sposare una donna o un uomo, ma avrebbero scelto la prima opzione solo ed elusivamente perché qualcuno avrebbe detto loro che la seconda non andava bene. Se, invece, hanno sposato la persona che sentivano di amare, difficile è comprendere perché mai pongano come presupposto delle loro rivendicazioni il loro sostenere che da eterosessuali sanno con certezza che un omosessuale non potrebbe mai provare ciò che prova.

Il proclamo del gruppo di Gandolfini prosegue asserendo che:

L'iniziativa in oggetto, nel più ampio ambito della condivisibile lotta alle discriminazioni e al bullismo (che auspichiamo venga non solo mantenuta, ma rafforzata) introduce l'ideologia gender, che con la lotta alle discriminazioni e al bullismo non ha nulla a che vedere. La scelta di politici e amministratori da parte della popolazione deve avere, indipendentemente dal colore politico, queste priorità, un principio che gli elettori, alla prova dei fatti, sanno ricordare. Così è stato a Piacenza e siamo perciò ben soddisfatti del percorso di recupero che la nostra città sta facendo, sulla via di una società a misura d'uomo e nel rispetto dei precisi impegni elettorali. Come Comitato Difendiamo i nostri figli di Piacenza rimaniamo a disposizione per momenti di confronto e di dialogo costruttivo che possano contribuire a far crescere il livello di civiltà della nostra bella città.

Per la serie: siamo contro il bullismo ma vogliamo che si dica ai bambini che i loro compagni lgbt devono essere ritenuti sbagliati. E il ritornello è sempre quello, insegnato ai fondamentalisti con una ossessiva ripetizione degli slogan al punto che su Twitter si trova anche chi è capace di scrivere scrivere frasi come: «L'omofobia non esiste. È paura del proprio uguale. Semmai non amo il disturbo dell'omosessualità ma amo gli omosessuali». Peccato che anche alcuni stupratori dicano di aver amato la persona che hanno stuprato, così come il solo fatto che si voglia considerare l'omosessualità un «disturbo» ci mostra personaggi che pretendono di potersi inventare la realtà che meglio giustifica il proprio odio.
E se la strumentalizzazione è evidente quasi quanto il tentativo di fare terrorismo psicologico attraverso lo sfruttamento dell'ignoranza, ad emergere chiaramente è anche il fine politico di chi indica chiaramente il partito che bisogna votare se si vuole un leader che prometta discriminazioni e violenze contro ogni forma di diversità.
Tutto questo mentre si spaccia come «libertà educativa» il tentativo di impedire qualunque protezione dei bambini dinnanzi ad un genitore è pronto a far loro del male nel nome di un becero pregiudizio, quasi come se quel «nostri figli» presente nel nome dia un'ammissione della loro pretesa di poter vantare un fantomatico possesso della loro vita anche a danno della loro stessa esistenza.
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