Insulti omofobi incisi sulla portiera della macchina
Insulti omofobi incisi sulla portiera della macchina parcheggiata sotto casa. È successo a Stefano Sechi, il 24enne che già due anni fa è stato vittima di un episodio di omofobia che lo vide vittima di un'aggressione a suon di pugni e calci su un autobus di Torino. Dopo quella brutta esperienza, dicise di impegnarsi a sostegno dei diritti lgbt mediante la creazione della pagina Omofobiastop e dell'associazione no-profit Wequal.
Dalla sua pagina Facebook, Stefano ha commentato l'ennesimo caso di omofobia subita scrivendo:
Oggi voglio parlarvi di libertà.
Immaginate di svegliarvi una mattina, uscire di casa come d’abitudine e ritrovare la vostra auto completamente sfregiata. Su di un lato echeggia una scritta: “ETERO”.
Per voi non è nemmeno lontanamente immaginabile. Per noi purtroppo no.
Perché oggi la macchina che mi è costata tanti sacrifici e dedizione porta il “marchio” della mia colpa: essere gay, avere una tendenza sessuale diversa dalla massa, essere fr*cio: così mi hanno “carinamente” apostrofato imprimendo indelebilmente sei lettere sulla fiancata.
Non sono rinchiuso dietro a delle sbarre, ma so bene come ci si sente quando vengo privato della mia inalienabile libertà, la libertà di essere me stesso. In realtà quella scritta non fa male, è solo mero vandalismo, i soldi vanno e vengono, forse un fastidio perché ero in procinto di venderla, ma vi garantisco che non fa male, perché sì, sono gay. Non fa male come quando due anni fa venni preso a pugni su un bus per la stessa identica colpa. Però è oppressivo. Perché le ferite, in questo caso, arrivano dopo. È distruttivo a 24 anni talvolta interrogarsi se davvero si è sbagliati. È distruttivo che ci sia ancora una piccola parte di me che si imbarazza della mia omosessualità. E mi odio per questo.
Ma voi direte ” adesso avete le unioni civili, che volete ancora?”, ma ad oggi nessuno di voi è mai tornato a casa e guardando uno speciale in TV dove un gruppo di persone discutono di te, di come dovresti essere, di quale diritti tu meriti, del fatto che tu possa essere un buon genitore o meno, possa voler distruggere o meno l’istituzione del matrimonio, possa essere sicuro intorno a dei bambini. Questa non è libertà.
Questo è straziante.
Ho sempre cercato di esserci, per cambiare le cose e combattere giorno dopo giorno. Da quella aggressione sul bus ho cercato nel mio piccolo di fare qualcosa : la campagna omofobiastop, la neo-nata associazione wequal, la proposta di legge contro l’omofobia e molto altro…
In realtà quest’ultimo gesto d’odio, fatto sicuramente da qualcuno che mi conosce, che conosce le mie battaglie quotidiane, mi ha reso solo più forte e più determinato.
Nonostante ultimamente mi sia affievolito, rilassato, adesso sarò sempre più intento nel mio piccolo ad arrivare ad un obiettivo: diffondere rispetto, uguaglianza, amore, perchè questa volta, toccandolo nuovamente con pelle, ho capito che c’è ancora tanto da fare.
Ma proprio perché È compito della società nel suo insieme abbattere i pregiudizi dell’intolleranza, vi chiedo di fare la vostra parte.
Arriverà il giorno tanto voluto dove non esisterà più la parola omofobia, arriverà il giorno dove non sarò più costretto a sentire persone eterosessuali dirmi cosa sia l’omofobia e da cosa io abbia il permesso di sentirmi oppresso, perché si, anche una scritta, una parola, uno sguardo non mi fa sentire libero.