Omofobia in una panireria di Torino: «Questo è proprio da campo di concentramento»
Venerdì notte, presso la panineria tirinese Mangiatoja, alcuni avventori non hanno gradito come il personale del locale abbia commentato gli atteggiamenti effeminati di un ragazzo dicendo davanti a tutti: «Questo è proprio da campo di concentramento».
In una recensione pubblicata sulla pagina Facebook del locale, un testimone oculare ha osservato come «questo commento è stato un insulto alla memoria di più di 10.000 persone che furono internate all’interno di campi di concentramento a causa del loro orientamento sessuale. Più della metà morirono là dentro, molti subirono torture, condizioni di lavori disumane e divennero cavie di esperimenti agghiaccianti. Questo è stato frutto anche di una cultura eteropatriarcale la stessa che oggi legittima questi commenti. Detto seriamente o scherzando poco importa, è stato offensivo per tutti coloro che hanno sentito».
A peggiorare la situazione è il tono stizzito con cui si è sentito rispondere: «Ci dispiace molto per l’accaduto. E ci dispiace anche molto che esistano persone come te che non hanno niente di meglio da fare che scrivere un poema contro di noi che ci facciamo un mazzo gigante tutta la notte per accontentare tutti... soprattutto le persone che escono dalle discoteche. E tu lo sai in che stato arrivano. Il nostro ragazzo che sta alla cassa di notte è gay, quindi se ha detto quello dici, avrà avuto i suoi motivi. Grazie per avermi fatto perdere del tempo per risponderti. Ci sono motti posti per mangiare la notte a Torino dove potrai continuare la tua avventura da supereroe e paladino della giustizia, dietro ad un monitor. Torino ha bisogno di persone come te! Continua così campione».
Gli screenshot di un simile squallore hanno rapidamente fatto il giro del web, suscitando indignazione e rabbia. A quel punto la risposta è stata cancellata e la presidentessa di Arcigay Torino ha fatto sapere che «la proprietaria si è messa tempestivamente in contatto con noi e si è detta disponibile a supportare ogni tipo di iniziativa tesa a scardinare l'omobitransfobia, scusandosi per quanto accaduto e per la gestione delle risposte avvenuta via social. Abbiamo avviato una collaborazione, in modo che ancora una volta possano vincere le buone prassi e l'educazione al rispetto». Pare infatti che la donna non fosse presente venerdì e sia rimasta basita anche dalle risposte che il personale ha scritto su Facebook.
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