Amato attacca Gandolfini: «Tradisce Almirante chi dice no alla discriminazione e al razzismo». Pillon: «Noi siamo al governo, Adinolfi no»
È ancora guerra di potere all'interno dell'integralismo cattolico. Da un lato c'è quel Gianfranco Amato che vorrebbe convertire l'odio omofobico in una fonte di reddito per il suo partito, dall'altro c'è quel Massimo Gandolfini che preferire manovrare a distanza i "suoi" politici per evitare un confronto diretto con le urne (sia mai possano palesare percentuali irrisorie come lo 0,6 conquistato a Roma da Adinolfi).
In un lunghissimo proclamo pubblicato su Facebook, Gianfranco Amato attacca lo «slancio convinto con cui il Comitato difendiamo i nostri figli ha appoggiato in Sicilia la candidatura di Nello Musumeci alla presidenza della regione». Dice esista «un limite alla decenza. E quando questo viene superato, l’amore per la verità impone di non tacere».
Ripetuti i suoi soliti slogan contro la pari dignità, l'integralista attacca la squadra di governo di Musumeci dicendo che «qualcosa non torna» perché «l’Assessorato alla Famiglia –delega simbolicamente importante per il popolo del Family Day– Musumeci l’ha affidato ad una donna: Mariella Ippolito».
Sostenuto che la «famiglia» sarebbe affar loro dato che il loro obiettivo primario è proprio quello di scardinarla e rimodularla sulla base di distinguo che creino esclusioni e discriminazioni, poco chiaro è se a creargli problemi sia anche il fatto che a ricoprire quel ruolo sia una donna. Fatto sta che, in quella sua abitudine alla denigrazione altrui, Amato inizia a lamentare che nel 2013 «Mariella Ippolito si è candidata alle elezioni politiche con la lista Rivoluzione Civile del magistrato militante di sinistra Antonio Ingroia». E dopo aver sostenuto che la sinistra sia il male assoluto, pontifica:
Tra i famosi «dieci punti programmatici minimi irrinunciabili» di Rivoluzione Civile c’è anche il penultimo (9), che recita testualmente: «No ad ogni forma di discriminazione e di razzismo (e alle leggi che ne sono espressione, a cominciare dalla Bossi-Fini). Sì al pieno riconoscimento dei diritti civili degli individui e delle coppie a prescindere dal genere, a una cultura delle differenze, a politiche migratorie accoglienti e all’accesso alla cittadinanza per tutti i nati in Italia». Diritti civili delle coppie a prescindere dal genere significa, in buona sostanza, “Legge Cirinnà”. Sì, proprio quella contro la quale fu organizzata la grande manifestazione del Family Day tenutasi il 30 gennaio 2016 al Circo Massimo.
Ora, tornando alla Sicilia, quando Mariella Ippolito si candidò con Rivoluzione Civile sottoscrisse convintamente i dieci punti del programma, compreso, evidentemente, anche il punto n.9. Nel periodo della campagna elettorale per le politiche del 2013, nelle interviste che rilasciava, la nostra Mariella si dichiarava anti-berlusconiana e votata alla battaglia dei “diritti civili”.
Proclamatosi sostenitore di discriminazione e razzismo quali ideali politici a cui ambire, è in una inaccettabile ipocrisia che lancia la sua condanna:
Ora, non risultano, da parte di Mariella Ippolito, “abiure”, pubbliche dichiarazioni di pentimento, annunci di “conversioni”, o prese di distanza ufficiali dalle sue precedenti posizioni. Se in politica la coerenza rappresenta ancora una virtù, dobbiamo ritenere Mariella persona seria e quindi ancora coerente rispetto al suo impegno politico per le elezioni del 2013.
Detto dal segretario di un partito fondato da un ex-Pd impegnato nella promozione di Matteo Renzi e sedicente sostenitore di matrimonio egualitario che evitasse istituti separati per i gay, la frase appare a dir poco ipocrita. E se sarà pur vero che oggi Adinolfi si proclama nemico di quel candidato che cercò di mettere al potere e nonostante paia non avere problemi ad andare a braccetto con l'estrema destra nofascista, ancora una volta ci viene detto che il divorziato che non vuole il divorzio per gli altri è anche il candidato che condanna chi ha la sua stessa storia politica. Insomma, Adinoldi può fare quello che vuole mentre gli altri devono sottostare a lui nel nome di quell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme che garantisce il saluto d'onore della guardia svizzera vaticana al segretario del suo partito.
Quasi ce ne fosse bisogno, Amato non manca di indicare nel Movimento Sociale Italiano i valori della sua visione politica:
Possiamo solo dire che da un uomo come Nello Musumeci, proveniente dall’ex Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante, forse ci saremmo aspettati una scelta diversa per un assessorato delicato qual è quello della famiglia. Ma non stupisce più nulla nell’attuale politica italiana che continua a dimostrarsi trasversalmente indifferente ai principi di vita, famiglia e libertà di educazione. Non è un caso che proprio su questi temi definiti “sensibili”, tutti i partiti del centrodestra lasciano ai parlamentari libertà di coscienza.
Spiegato che il suo parlamentare ideale è un un burattino che esegue gli ordini di partito anche contro la sua stessa coscienza (esattamente così come avviene nelle dittature), si arriva all'affondo:
Ora, chiediamo a nostri amici: che cosa è valso tutto l’impegno profuso nel sostenere il candidato Musumeci in Sicilia? L’assessorato alla Famiglia affidato ad una “ingroina”, sinistroide, anti-berlusconiana, che si batte per il «riconoscimento dei diritti civili degli individui e delle coppie a prescindere dal genere» e per «una cultura delle differenze». Uno scherzo davvero crudele per tutto il popolo del Family Day, che passerà alla storia come la «beffa Musumeci».
Ora, ci chiediamo quante altre beffe si devono ancora subire prima di rendersi conto che la logica dell’appoggio esterno non funziona?
Non è bastato il selfie con Alfano poco prima del Family Day. Non è bastata la delusione del neo sindaco di Verona per la mancata promessa di istituire un assessorato alla famiglia, che un autorevole esponente del Comitato aveva dato per certa. Non è bastato il neo sindaco di Genova che ha dichiarato un dovere legale celebrare le unioni civili omosex. Ora speriamo basti la «beffa Musumeci».
Curioso è come si lamenti di amministratori pubblici che rispettano la legge, schiumando rabbia perché i diritti costituzionali altrui non vengono aboliti anche se lui va in giro negli oratori d'Italia a raccontare che le persone non sono tutte uguali dato che le sue eiaculazioni risulterebbero più gradite a Dio.
Il tutto viene ribadito vantando amicizie nell'ultra-destra cilena ed elemosinando voti per sé stesso:
Cari amici del Comitato, la logica dell’appoggio esterno non funzione perché occorre una presenza strutturata e ben identificabile che consenta di essere per il centrodestra quello che il mio amico cileno José Antonio Kast ha definito il «clavo clavado en la cola de la serpiente», ovvero il chiodo piantato nella coda del serpente. Se quel chiodo ci fosse stato, il “serpente” Musumeci non sarebbe scappato via.
Ora, guardiamo alle elezioni politiche.
E’ inutile continuare a ripetere gli errori. Occorre tutti insieme diventare quel “chiodo” che potrà tenere ancorato un futuro governo di centrodestra sui principi che noi riteniamo non negoziabili.
Questo si può fare – ripeto – solo attraverso una presenza strutturata, che oggi già esiste e si chiama Popolo della Famiglia. Le porte di questo movimento sono aperte, anzi spalancate, per tutti coloro che hanno a cuore il desiderio di dare una rappresentanza politica non negoziabile al popolo del Family Day. Aiutiamoci tutti insieme a rafforzare questa presenza.
La risposta di Simone Pillon non si è fatta attendere. Vantandosi di essere stato in Senato «per combattere la battaglia e tentare di fermare la sciagurata legge sull'eutanasia» (ossa difendendo l'idea che una persona non debba poter decidere per sé stessa se loro vogliono imporgli il loro volere), è in riferimento al proclamo di Amato che invita «tutti gli amici a evitare ogni discussione, ogni polemica e ogni inutile invettiva, buona solo a dividere e scavar solchi tra chi sta faticosamente tentando di far fronte comune alla deriva antropologica che minaccia di travolgere le nostre famiglie e la nostra società».
Eppure inizia subito a fare polemica, mostrandoci come tutti questi gruppi amino auto-proclamarsi detentori della «verità» di Dio anche se quelle «verità» non combaciano tra loro. Scrive:
1. Il Comitato DNF ha ottenuto da Nello Musumeci un impegno a sostenere i nostri valori, e rivendica questo risultato. Considerando che gli altri candidati (5 stelle da un lato e PD+Alfano dall'altro) erano le uniche altre scelte concessa agli elettori siciliani, crediamo che convincere l'unico candidato sensibile ai nostri temi a impegnarsi pubblicamente per sostenerli sia stato un buon risultato, di cui anche il PdF (neppur candidato in Sicilia) avrebbe potuto darci semplicemente atto. A meno che non si dica che i siciliani dovevano essere abbandonati al loro destino o dovevano votare 5 stelle o PD...
2.Mariella Ippolito - rea secondo Amato di venire da precedenti politici con la lista di estrema sinistra - non è stata nominata assessore alla famiglia ma assessore al welfare e ai servizi sociali, ed è espressione della società civile essendo presidente dei farmacisti siciliani, eletta nel 2017 in una lista centrista. Nel suo passato c'è effettivamente anche una candidatura con Ingroia. Negli anni evidentemente ha cambiato idea, tornando come molti altri a rivedere le proprie posizioni.
Ci sforziamo di giudicare le persone non tanto per il loro passato politico ma per le loro attuali iniziative. Quindi, caro Gianfranco, grazie della segnalazione. Terremo la lente di ingrandimento sull'assessore Ippolito, come la teniamo già su tutte le amministrazioni locali, sapendo che il presidente della giunta siciliana ha preso un impegno pubblico sui nostri valori e quelli deve rispettare. Se dunque si tenterà di proporre tematiche gender saremo i primi a denunciarlo. Anzi, proprio grazie all'impegno assunto da Musumeci col comitato DNF ora saremo legittimati a chiedere e ottenere quelle politiche familiari e quel rispetto di valori che diversamente non avremmo nessun titolo di pretendere.
3. Anche la situazione a Verona, è molto diversa da come descritta da Amato. Il sindaco Sboarina non ha tradito i patti anzi è talmente convinto della bontà della linea condivisa col comitato e relativa alle politiche familiari e valoriali, che ha deciso di tenere per sé la delega alla famiglia, per poter portare avanti con maggior efficacia tali interventi. Prova ne sia la stretta collaborazione con il comitato (Pino Morandini è stato più volte richiesto di fare formazione ai quadri comunali) e l'efficace osmosi tra i tre consiglieri comunali eletti col sostegno del comitato e oggi facenti parte integrante della maggioranza che guida la città.
Dichiarando poi che Gandolfini sarebbe al potere mentre Adinolfi non riesce ad accaparrarsi neppure mezza poltrona, Pillon inizia a bullarsi del potere acquisito ed aggiunge: «Ricordo che il PDF che pure a Verona ha goduto di grandi appoggi, incentrò la campagna elettorale contro la candidatura di Sboarina, ma è rimasto fuori dal comune e non ha NESSUN rappresentante in consiglio comunale e tantomeno in giunta. Se dunque il comitato DNF non avesse sostenuto la propria linea trasversale o peggio si fosse allineato al PDF, a Verona avremmo una giunta ostile e saremmo privi di rappresentanza politica. Lo stesso dicasi per Piacenza, Genova e molte altre città dove i candidati vicini al DNF sono al governo mentre nessuno del PDF è stato eletto». Ed ancora:
Ho detto questo "per amor di verità " e spero che le mie precisazioni servano ad attenuare ogni polemica.
So che non convincerò tutti, ma a chi volesse seguitare con le ostilità vorrei rivolgere una domanda molto semplice: a chi giova?A chi giovano attacchi, divisioni, lotte fratricide, tentativi di trafugare persone all'una o all'altra sigla?
Io sono persuaso che la linea portata avanti dal DNF sia più utile e consenta migliori risultati. Qualcuno vuol portare avanti la linea del PDF? Prego. Si accomodi. Secondo me non andrà molto lontano ma amen... ognuno può decidere senza dogmi.