Il processo De Mari verso l'archiviazione: gli insulti erano diretti ad una pluralità indiscriminata di persone, non a soggetti identificabili




In Italia pare sia lecito dichiarare pubblicamente che i gay sono malati, che mangerebbero escrementi o che sarebbero da intendersi come dei predatori di bambini. Non importa se quelle dichiarazioni sono false e diffamatorie, secondo gli avvocati cattolici che difendono l'ultra-integralista Silvana De Mari, il reato di discriminazione non sarebbe contestabile perché lì'integralista si rivolgeva a una pluralità indiscriminata di persone e quindi non sarebbe individuabile il soggetto destinatario delle offese.
In altre parole, Hitler non avrebbe commesso alcun reato dato che la su propaganda creava odio contro un gruppo indiscriminato di persone e non faceva mai i nomi e i cognomi dei singoli ebrei che sarebbero poi stati sterminati nei suoi campi di concentramento.
Il rischio è che i giudici possano decidere l'archiviazione del caso proprio grazie all'assenza di leggi che tutelino i gruppi di persone. Nel corso dell'udienza preliminare, tenutasi ieri mattina davanti al giudice Paola Boemio, gli avvocati del Torino Pride si sono opposti all'archiviazione. Il gup deciderà nei prossimi giorni.

A rendersi parte civile nel processo era stato anche il Comune di Torino, contestando come la 64enne che milita nel partito di Mario Adinolfi abbia pubblicamente dichiarato che l'omosessualità sarebbe stata una malattia. Tra le tanti frasi pronunciate, la fondamentalista dichiarò pure: "Io ho tre specialità: psicoterapia, medicina e chirurgia: sono 40 anni che curo le persone omosessuali".
Il pm che coordina l'inchiesta, Enrico Arnaldi Di Balme, dice di non aver trovato una chiave giuridica per poter portare avanti il processo, anche in virtù di come la legge Reale-Mancino protegga chi si professa "cristiano" al pari della fondamentalista De Mari ma non chi vine discriminato in virtù del suo orientamento sessuale o della sua identità di genere. In altre parole, i seguaci di Adinolfi devono sentirsi liberi di insultare i gay perché ritenuti un gruppo indistinto, ma i gay verrebbero puniti se si rivolgessero loro con i medesimi toni in virtù di come il loro agitare crocefissi e rosari garantisca piena tutela da parte di quella legge che proprio Adinolfi non vuole possa tutelare anche chi è vittima della sua gente.
L'avvocato del Torino Pride, Nicolò Ferraris, non ha dubbi: "Le offese pronunciate pubblicamente dalla De Marui sono rivolte ai movimenti non solo agli omosessuali in generale, e non sono opinioni ma offese".
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