Silvana De Mari sostiene che una donna non debba poter divorziare perché il marito potrebbe restarci male
Massimiliano Fiorin è un uomo che ha pubblicato un libro che invita le coppie che stanno per divorziare a non rompere il sacro vincolo del matrimonio. La prefazione è stata firmata da Costanza Miriano, la nota estremista ultra-cattolica che invita le donne ad avere un ruolo di sottomissione al maschio.
Un'ideologia forse condivisa anche dall'autore, dato che nella presentazione del suo volume pare voler cavalcare i più squallidi slogan dell'integralismo cattolico nello scrivere: A farci capire che il signor Fiorin appaia vicino all'integralismo cattolico e ai suoi slogan è una presentazione in cui afferma: «La crisi della famiglia naturale sta diffondendo in tutta la società malesseri sempre più gravi, esplosioni di violenza e danni irreparabili nell'educazione dei più giovani. Per non arrendersi a questa tragedia sociale e culturale, l'autore ha sviluppato con i suoi studi la Conciliazione Familiare, un metodo per affrontare le emergenze di coppia con un approccio professionale diverso da quello consueto».
Davanti a quelle parole, l'ultra-fondamentalista Silvana De Mari ha deciso di pubblicizzare quel testo dinnanzi ai suoi proseliti. Dalla sua pagina Facebook, scrive:
Ci sono avvocati, e uno di questi è il mio amico Tiziano Solignani, che si battono perché i dissidi si appianano, non si esasperano, che ci si batte perché i due che si sono amati non smettano e se lo ricordino. Un grande numero di divorzi sono chiesti da donne, non per motivi che non sono: lui mi picchia, sevizia i bambini. Si chiede il divorzio per motivi sentimentalistici: non sono sicura di amarlo ancora, devo cercare me stessa, il mio diritto alla felicità e altre amenità imparate sui giornali femminili. La propria felicità non si fonda sull’infelicità altri. Si insegue la felicità, e si trova il deserto.
La tesi è che la colpa del divorzio sia quasi sempre della donna e che la moglie non debba poter cercare la propria felicità perché il marito potrebbe rimanerci male. A meno che lei o i bambini non siano pestati sangue, deve restarsene lì sottomessa in un rapporto senza amore.
Inoltre non è la prima volta che la De Mari sostiene che la donna debba accontentarsi perché altrimenti si rischierebbe di restare sola. Una minaccia che fa leva sulle parole più inconsce delle persone che nei mesi scorsi la portarono a partorire lo squallido slogan di «meglio mal accompagnate che sole» in riferimento al fenomeno femminicidio.
Non una sola parola viene dedicata all'uomo, quasi si desse per scontato che la colpa sia sempre e solo della donna. Eppure la De Mari è una fervente militante del partito del divorziato Mario Adinolfi, ossia di un uomo che a pagina 40 del libro "Generazione U" scriveva: «il mio matrimonio è finito nel 1999 perché mi sono innamorato di un'altra donna, che non è la donna con cui convivo adesso».
Da qui dovremmo dedurne che un maschio abbia pieno diritto di mollare moglie e figlia per andare di fiore in fiore alla ricerca della sua personale felicità mentre la donna ha il dovere di tacere anche se rinchiusa in una prigione che non le potrà dare alcun futuro.
Giusto per inciso, a pagina 57 di quel medesimo libro troviamo un Mario Adinolfi che si autoproclamava l'unico esponente di sinistra che avrebbe avuto il coraggio di portare avanti una proposta di legge per l'introduzione del matrimonio egualitario in Italia (ed oggi sappiamo che cerca voti proprio sostenendo di essere l'unico esponente di destra che vi si oppone al punto da promettere che negherò anche i più basilari diritti civili alle persone lgbt).
Insomma, pare proprio che le loro idee si pieghino alla convenienza del momento, anche se purtroppo pare stabile la loro strenua convinzione sul fatto che il maschio debba avere massima libertà e che la femmina debba sottostare in maniera sottomessa a qualunque sua voglia. Da qui i loro interventi contro chi vorrebbe andare nelle scuole ad insegnare il rispetto dell'altro sesso.
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