Titolò “Bastardi islamici”. Belpietro assolto dal tribunale
Maurizio Belpietro è stato assolto dall'accusa di "offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone", aggravate dalla finalità di odio razziale, per il titolo "Bastardi islamici" che comparve sulla prima pagina di Libero il 13 novembre 2015. Lo ha deciso il Tribunale di Milano.
In uno stato in cui pare nulla sia più reato, a Belpietro è bastato raccontare ai giudici che «quando abbiamo fatto quel titolo "Bastardi islamici" per noi era scontato che ci si riferisse ai terroristi, perché "islamici" era aggettivo relazionale del sostantivo "bastardi" e serviva a definire la matrice islamica degli attentati e non ho scritto, infatti, "bastardi musulmani"». Loro gli hanno creduto e lo hanno assolto.
Il giorno seguente le pagine di Libero hanno ospitato un articolo in cui il solito Renato Farina pare essersi voluto bullare della decisione. Dice che siano state «sconfitte le comunità musulmane», mostrandoci ancora una volta quella generalizzazione che nega fosse presente nel titolo. Il tutto prima di lanciarsi nell'affermare:
L'Italia per ora non è un Paese dove si applica la sharia. Un bel sospiro prima di Natale ci vuole. Assolti dall’accusa di odio razziale e fomentatori di violenza. E ci mancherebbe. Ma con questa mezzaluna che gira come una scimitarra non era per niente una sentenza scontata.
Indicati negli islamici dei «nemici» di cui bisogna aver paura, passa a raccontare che i mussulmani avrebbero fatto bene a scusarsi con chi si dice cristiano coms lui piuttosto che preoccuparsi di chi promuove generazioni che mettono a rischio le loro stesse vite:
Poche ore dopo l'uscita di Libero in edicola, il 14 novembre, una decina di musulmani stilò un esposto-querela; il loro primo atto dopo quella mattanza non era stato correre a denunciare per odio razziale gli assassini, che in quel modo diffamavano i maomettani perbene. No: erano indignati contro di noi. Siamo noi che ispiriamo l'odio, il dito ungulato indica noi, quasi per distrarre dal sangue di Parigi. Magari fossero stati solo loro. Insieme con gli autori della denuncia depositata in tribunale, ci furono colleghi giornalisti, i quali spalleggiarono moralmente i denunzianti. Risultato? Assolti. Non siamo contenti. Ci viene da pensare che il processo sia servito a tener buoni i pavidi. Con noi non ci sono riusciti, ma chissà quanti altri si sono sdraiati sotto le coperte di un nuovo fondamentalismo: quello della mollezza, quello della cecità. La tolleranza verminosa di chi accetta il ribaltamento della civiltà occidentale in nome del multiculturalismo, ma si scaglia contro chi usa parole del vocabolario dell'ira, dell'indignazione, talvolta dell'orgoglio, per risvegliare le coscienze rassegnate alla dispersione e allo scorticamento del nostro patrimonio religioso e ideale. Neanche urlare quando ci ammazzano figli e fratelli, si può. Che civiltà è, quella del bromuro per decerebrati? È vietato il ribollir del sangue?
Se il suo "patrimonio culturale" viene indicato negli insulti e nell'ira, chissà cosa avrebbe dovuto potergli dire tutta quella gente per bene che viene puntualmente aggredita dai suoi articoli fondamentalisti.
Rivendicare l'ira come una lecita opinione è assai pericoloso, nonostante sia facile immaginare che lui si aspetti che agli altri venza proibita quella medesima "libertà" di insulto.
Sostenuto che una rivendicazione religiosa c'era, Farina passa a sostenere che il vero problema sarebbe la stampa di sinistra:
Guardate piuttosto le centinaia di copertine dell'Espresso di De Benedetti, in cui sono esposte donne ignude senza alcuna ragione, ma a noi magari va bene lo stesso. Le immagini hanno un peso di oscenità e di brutalità assai superire alle parole.
In un articolo che ripete per ben 23 volte i termini «bastardi islamici», Farina torna a generalizzare:
Torniamo a questa storia dei bastardi islamici. A noi oggi sembra ci sia in corso un altro delitto, che non è certo quello dei titoli forti per dipingere i terroristi per le canaglie che sono: ed è il menefreghismo nei confronti delle vittime dei bastardi islamici, i quali ad esempio domenica mattina hanno colpito una chiesa cristiana in Pakistan. Dieci morti, ed è stato un miracolo che tutti quei bambini vestiti di bianco in attesa del Natale l'abbiano scampata, terrorizzati ma vivi. Bisognava titolare dieci, cento, mille volte bastardi islamici per svegliare dal torpore questa nostra assenza di rabbia, e di pietà per i morti, e determinazione perché non ce ne siano più. hanno reso noti alcuni dati non certo rassicuranti vedi le 100 persone monitorate sul territorio nazionale perché ritenute pericolose. La sorpresa a pagina 7; «tenendo conto delle valutazioni degli esperti e degli altri lavori in corso, si è per esempio rinunciato a elaborare misure relative all'introduzione di un registro nazionale dei detenuti e al disciplinamento della trasparenza finanziaria delle comunità religiose». Nessun accenno alle numerose fondazioni e Ong islamiche. Maggior controllo sugli imam itineranti? Nessuno. Sono in molti a pensare che sia vero come scritto dagli esperti che hanno redatto il piano buonista, «che la partecipazione e la co-decisione favoriscono le decisioni positive, rafforzano il senso di appartenenza alla società e mitigano o eliminano le paure, le incertezze e le tendenze discriminatorie». Ma ci sono anche coloro che temono che nascondere la polvere sotto il tappeto aspettando tempi migliori non sia più possibile, nemmeno per la Svizzera.
Ma come, d'improvviso tutti gli islamici vengono indicati come un potenziale pericolo nonostante spergiurasse che lui parlava solo dei terroristi.
E perché non cita il pericolo di un crescente fondamentalismo cattolico che in pochi giorni ha portato ad una tenta strage da parte di un uomo che si credeva un templare e all'assassinio dei nonni da parte di un ragazzo che voleva «purificarli» dalla morte. Sino a quando si indirizzerà l'odio contro una singola religione e si cercherà di negare che il problema sia il fondamentalismo in sè, qualunque sia la sua matrice, difficilmente si potrà arginare il vero problema.
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