Mario Adinolfi non vuole lo Ius soli, ma dice che Alfie è «un cittadino italiano» che va torturato a fini politici


Mario Adinolfi è contrario allo Ius soli, eppure oggi va in giro a dire che «Alfie è un cittadino italiano». L'ennesima truffa propagandistica con cui Minniti e Alfano hanno illuso i genitori del piccolo con un atto populista pare avere l'unico scopo di promuovere sé stessi dinnanzi all'elettorato fondamentalista attraverso una bufala culturale che tramuta il dolore di due genitori in uno strumento di profitto
È infatti evidente come una sommaria concessione della cittadinanza non avrebbe mai potuto avere alcun valore se non ratificato dalla Gran Bretagna. Eppure loro giuravano che avrebbero richiesto il rimpatrio di «un cittadino italiano» al fine di impedire l'applicazione della sentenza Cedu basata sul rispetto del supremo interesse del minore. E d'un tratto svanisce il loro sostenere che «italiani lo si nasce, non lo si diventa».
Tutto ci porta ad un Adinolfi che non vuole bambini sani che potrebbero avere un futuro in virtù di come i loro genitori non si definiscono "cristiani" secondo il suo desiderio, poi pretende che l'Italia neghi i diritti umani di un bambino inglese solo perché lui vorrebbe riaffermare il suo sostenere che i figli siano una proprietà dei padri. E solo dei padri dato che la sua idea di «donna sottomessa» relega alle madri il compito di accudire i figli, mica di poter contribuire alle scelte che li riguardano.
La realtà dei fatti, però, è che Adinolfi vorrebbe lasciare un bambino cieco, sordo, con il cervello devastato attaccato ad una macchina che gli possa infliggere sofferenza fino a quando non avrà più abbastanza encefalo per provare dolore. Lo chiede in nome di Dio.
Adinolfi critica i medici che lo hanno in cura, spesso denigrandoli e sorvolando colpevolmente sull'evidenza di come l'ospedale inglese non sia stato l’unico ad occuparsi del caso: tre ospedali inglesi sono stati interpellati, assieme a specialisti da Roma e dalla Germania. Tutti concordano sul fatto che non ci sia altro da fare e che quel bambino prova solo dolore. L'integralismo parla di inesistenti «cure» anche se il loro agoniato ospedale vaticano era stato chiaro sul fatto non avrebbe mai potuto far altro che prolungare inutilmente l'agonia di Alfie. Se fosse esistita una cura, la legge britannica avrebbe imposto l'obbligo di provarla. Adinolfi lo sa bene, ma pare preferisca raccontare bugie sulla pelle del piccolo Alfie in modo che quella sofferenza possa essere tramutata in una fonte di reddito per le sue tasche.

Nel momento stesso in cui le politiche di Adinolfi paiono disinteressarsi degli ottomila bambini che quotidianamente muoiono di stenti, incentrandosi solo sull'unico che non potrebbe mai avere un futuro, viene da domandarsi da dove nasca quell'improvviso interesse.
L'impressione è che a lui non freghi nulla di Alfie, gli interessi di come un bambino terminale (al pari di quel Charlie Guard che già finì nella sua rete propagandistica) sia strumentalizzabile politicamente. Quel bimbo motente gli serve per sostenere che non si possa parlare di una libertà di scelta personale, da lui criticata nel momento stesso in cui le Dat hanno tolto alle autorità ecclesiastiche la possibilità di poter decidere della vita altrui. Temi etici complessi vengono così ridotti a slogan populisti, magari raccontando pure di «cure» che di fatto non esistono. Lo si fa dicendo alla vecchietta che va a messa che qualcuno voglia «uccidere» un bambino e che voglia negare ai genitori la possibilità di «curarlo». Il segretario di Adinolfi arrivò a sostenere che Alfie stesse guarendo e che si volesse interrompere l'accanimento terapeutico per nascondere le prove.
È il modus operandi dell'integralismo. Un po' come accadde per il maxi-manifesto antiabortista a firma di Provita Onlus. Il loro raccontare (falsamente) che un feto di 11 mesi possa succhiarsi il pollice serviva solo a far leva sui sentimenti di pancia a scopi propagandistici. Dinnanzi a un'organizzazione che promuove fantomatiche "terapie riparative" dell'omosessualità in una totale noncuranza di come siano atti di vera tortura che mietono vittime tra gli adolescenti, c'è da domandarsi se il loro obiettivo sia davvero la vita del feto o se vogliano semplicemente controllare il corpo e la sessualità delle donne. Così come se c'è da chiedersi se l'opportunismo di Adinolfi voglia davvero torturare un bimbo morente o se preferisca più semplicemente sfruttare quel dolore per negare l'autodeterminazione degli altri.
In fondo il motto del suo partito è chiaro: prima viene lui.
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